Il governo turco chiude televisioni e giornali
Ha chiuso 131 organizzazioni giornalistiche e case editrici, tra cui il quotidiano Zaman, il giornale di opposizione già commissariato a marzo
Mercoledì la gazzetta ufficiale della Turchia ha pubblicato un decreto governativo che ha ordinato la chiusura di 131 tra giornali, televisioni, riviste e case editrici turche, in risposta al fallito colpo di stato del 15 luglio. Tra i giornali che dovranno chiudere, 45 in tutto, c’è il quotidiano Zaman, il giornale di opposizione che lo scorso marzo era stato commissariato e stravolto, diventando di fatto filo-governativo. Molti media coinvolti nel decreto governativo – oltre ai giornali, tre agenzie di stampa, 16 canali televisivi, 23 radio, 15 riviste e 29 editori – sono considerati dal governo vicini a Fethullah Gülen, il religioso che il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan accusa di essere dietro al tentato colpo di stato. Gülen è un religioso di 75 anni che predica una versione moderata dell’Islam e che dal 1999 vive in un esilio auto-imposto negli Stati Uniti: prima di allora era alleato di Erdoğan, che fa parte di un partito di orientamento religioso, il Partito Giustizia e Sviluppo (AKP).
Dopo il tentativo di colpo di stato, il governo turco ha dichiarato di considerare il movimento fondato da Gülen, Hizmet (che tradotto significa “Servizio”), un’organizzazione terroristica e ha licenziato e sospeso da incarichi pubblici moltissime persone considerate legate a Gülen. Circa 37.500 dipendenti pubblici, molti dei quali nel settore dell’istruzione e agenti di polizia, sono stati sospesi. A partire dal 25 luglio 88 giornalisti hanno ricevuto dei mandati d’arresto perché sospettati di avere legami con Gülen. L’organizzazione per la difesa dei giornalisti nel mondo Committee to Protect Journalists (CPJ) ha chiesto alla Turchia di non arrestare i giornalisti per via del loro lavoro: il timore di CPJ e di altri gruppi per la difesa di diritti umani è che Erdoğan stia usando il colpo di stato per censurare i mezzi di informazione e aumentare il suo controllo sul paese. La Turchia ha risposto a queste accuse dicendo che gli arresti sono avvenuti per il sospetto che gli arrestati abbiano compiuto attività criminali legate al colpo di stato.
Tra i giornalisti arrestati ci sono 47 persone che facevano parte della redazione di Zaman. A marzo il Feza Media Group – editore di Zaman, della sua versione inglese Today’s Zaman, dell’agenzia di stampa Cihan e del settimanale Aksiyon – era stato accusato di agire su ordine di quella che il tribunale aveva definito “organizzazione terrorista Fethullahista”. Il procuratore capo di Istanbul aveva accusato Zaman di aiutare Gülen a raggiungere i suoi scopi politici e di collaborare inoltre con il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), un’organizzazione politica armata che da anni combatte per l’indipendenza dei curdi in Turchia e che il governo di Erdoğan considera un gruppo terrorista. Questo tipo di accuse in Turchia erano solitamente rivolte agli oppositori di Erdoğan. Prima di essere commissariato, Zaman era uno dei quotidiani turchi più venduti ed era considerato un giornale di opposizione: il numero di lettori è calato moltissimo dopo il commissariamento, che ha coinciso con un deciso cambio della linea editoriale. La maggior parte dei mezzi di informazione appena chiusi invece sono giornali, tv e radio locali.
La settimana scorsa Erdoğan ha dichiarato uno stato di emergenza della durata di tre mesi che autorizza le autorità turche a trattenere persone sospettate fino a 30 giorni, anche senza accusarle formalmente. L’articolo 25 dello stato di emergenza stabilisce anche che i giornalisti che diffondono “notizie false o esagerate allo scopo di creare il panico nel pubblico” possono essere condannati a una pena detentiva da 3 mesi a un anno. Un’altra misura presa dal governo turco dopo il tentativo di colpo di stato è stata far costruire un nuovo cimitero a Istanbul per i soldati che hanno partecipato al golpe fallito e sono morti, circa 24 persone; i loro corpi non sono ancora stati sepolti, ma non riceveranno un servizio religioso durante la sepoltura.