Il golpe in Turchia è stato un vero golpe
Testimonianze e notizie raccolte negli ultimi giorni confermano che i golpisti erano molto più organizzati di quanto sia stato detto
Negli ultimi giorni migliaia di soldati, poliziotti e funzionari sono stati sollevati dai loro incarichi in Turchia, in seguito al fallito colpo di stato nella notte tra venerdì 15 e sabato 16 luglio. Il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha disposto l’arresto di centinaia di persone e annunciato pene severe per gli autori del colpo di stato, non escludendo la possibilità di instaurare nuovamente la pena di morte nel paese. Mentre proseguono le indagini e le attività di polizia, che hanno ricevuto dure critiche per presunte violazioni dei diritti umani, sono emersi nuovi dettagli e testimonianze per ricostruire quanto accaduto venerdì notte, che sembrano smentire i primi commenti degli osservatori sul golpe “improvvisato” o – secondo i più complottisti – su un colpo di stato organizzato dallo stesso Erdogan per rafforzare il proprio potere.
Sulla base dei racconti raccolti da fonti interne al governo turco e vicine al presidente Erdogan, il Guardian scrive per esempio che i golpisti sono arrivati molto più vicini a completare il colpo di stato di quanto sia stato detto negli ultimi giorni. Nelle ore concitate di venerdì, i golpisti sono quasi riusciti ad avere il controllo delle comunicazioni e ad abbattere l’aereo su cui stava viaggiando Erdogan, con una buona organizzazione e un piano che avrebbe potuto funzionare, se il primo ministro turco e dopo il presidente non fossero riusciti a comunicare direttamente con la popolazione.
Ad Ankara, la capitale della Turchia, i golpisti avevano organizzato una riunione dei vertici di sicurezza cui era stato invitato il ministro dell’Interno, un pretesto per arrestarlo e avviare il colpo di stato. A causa di altri impegni, il ministro non aveva però potuto partecipare all’incontro, cosa che ha complicato i piani di chi stava organizzando il colpo di stato e che pensava di potere fermare da subito una delle più alte cariche dello stato. Nelle ore seguenti, inoltre, il ministro dell’Interno è rimasto bloccato all’aeroporto di Ankara, dove è riuscito a organizzare una specie di unità di crisi per gestire la situazione, sfruttando la protezione dei suoi più stretti collaboratori e di decine di cittadini, che si sono riuniti per proteggerlo dall’eventuale arrivo dei golpisti.
Uno dei più alti funzionari in grado nella campagna dell’antiterrorismo contro le attività dello Stato Islamico, invece, è stato meno fortunato: è andato a una riunione organizzata nel tardo pomeriggio presso il palazzo presidenziale di Ankara. Ore dopo, a colpo di stato fallito, è stato trovato con le mani legate dietro la schiena e ferito al collo da un colpo di pistola.
Intorno alle 21, il generale Mehmet Dişli avrebbe dato l’ordine di avviare il colpo di stato, incaricando le forze speciali dell’esercito di arrestare alcuni dei più alti comandanti in grado. Nel frattempo i carri armati hanno iniziato a raggiungere le strade principali di Ankara e a bloccare gli accessi ad alcuni ponti. Secondo la versione del Guardian, in quel momento la maggior parte dei membri del governo non aveva idea da dove fosse partito il colpo di stato e se interessasse o meno i punti più alti della catena di comando delle forze armate. Alle 22:37, alcuni funzionari governativi ancora da Ankara si erano messi in contatto con il primo ministro Yıldırım, che era a Istanbul, decidendo di contattare la televisione di stato TRT per dichiarare pubblicamente che la Turchia stava subendo un colpo di stato. Il tentativo si era però rivelato vano, perché appena una decina di minuti dopo la sede principale dell’emittente era stata occupata dai golpisti. Da qui la scelta di annunciare alla popolazione il tentato golpe sulla televisione privata NTV.
A conferma dell’esistenza di un piano piuttosto dettagliato, nei minuti seguenti i golpisti avevano inoltre inviato una email ai principali organi di stampa, annunciato di avere preso il controllo del paese e di avere destituito il governo e la presidenza di Erdogan, ritenuti antidemocratici. Contestualmente erano iniziati attacchi contro sedi della polizia e dell’intelligence turca, mentre si stavano preparando attacchi contro il Parlamento, dove Yıldırım stava pensando di andare per gestire un’ultima resistenza contro gli autori del golpe. In quei minuti, poco dopo la mezzanotte, in molti all’interno del governo turco erano convinti che ormai il colpo di stato fosse riuscito e che mancasse poco alla loro destituzione, e forse alla loro uccisione.
Un’ora prima circa, i golpisti avevano intanto avviato un’operazione militare per catturare il presidente Erdogan, attaccando il club vacanze in cui stava trascorrendo una vacanza con la famiglia, a Marmaris, città della Turchia occidentale sul mare Egeo. Il loro obiettivo era farlo prigioniero prima della dichiarazione ufficiale dell’avvenuto colpo di stato e, per il loro tentativo, avevano utilizzato elicotteri e diverse attrezzature per isolare il resort, altro elemento che conferma un certo grado di organizzazione dell’attacco. La guardia presidenziale di Erdogan era però riuscita a respingere l’attacco e a trasferire Erdogan in un altro albergo.
Dopo il messaggio a NTV di Yıldırım, Erdogan aveva compreso la necessità di parlare alla nazione, di mostrarsi e di invitare i cittadini a impedire il colpo di stato. Da un iPhone, aveva quindi chiamato una giornalista di CNN Türk che ha mostrato in diretta il suo telefono con Erdogan in video che chiedeva alla popolazione di resistere, di scendere nelle piazze e di attendere il suo ritorno. Poi era salito su un aereo, sfuggendo per la seconda volta ai golpisti, che avevano organizzato una nuova operazione per fermarlo.
Secondo le ricostruzioni fatte finora, i minuti seguenti sono stati decisivi per decretare il fallimento del colpo di stato. Dopo il decollo, l’aeroplano di Erdogan era stato intercettato da due caccia F16 dei golpisti, che avrebbero quindi avuto l’opportunità di abbatterlo o per lo meno di scortarlo altrove deviandone la rotta. Il pilota dell’aereo ha però comunicato ai due jet di essere alla guida di un aereo della compagnia Turkish Airlines, ed evidentemente per precauzione i due F16 hanno preferito evitare ogni intervento. Il successivo arrivo di altri F16, questa volta lealisti inviati da Istanbul, ha indotto i due jet dei golpisti ad allontanarsi, lasciando di fatto via libera all’aereo di Erdogan per proseguire il viaggio.
I messaggi televisivi di Yıldırım ed Erdogan, insieme a quelli dei leader dell’opposizione e poi di parte dei vertici delle forze armate, contrari al colpo di stato, avevano intanto convinto migliaia di persone a scendere in piazza e non solo tra i sostenitori di Erdogan. Secondo molti osservatori, è stata proprio la possibilità dei due leader di comunicare direttamente con la popolazione a incoraggiare le proteste di piazza, che hanno contribuito a fermare il colpo di stato. Lo stesso assalto al Parlamento da parte dei golpisti, un gesto dalla grande portata simbolica, è stato vissuto dalla popolazione come un attacco diretto alla democrazia, cui reagire.
Le principali fonti consultate dal Guardian confermano che, almeno sulla carta, il piano per il golpe era stato organizzato molto bene e che solo alcuni imprevisti, come i messaggi televisivi e le manifestazioni di piazza organizzate in poche ore, hanno impedito che fosse portato a termine con successo.
Nella sua interessante ricostruzione sul Corriere della Sera, Lorenzo Cremonesi ricorda inoltre che i golpisti non erano “gruppetti di isolati” all’interno dell’esercito:
Tra loro troviamo i comandanti della Seconda e Terza armata schierati lungo la Siria, il confine più importante e instabile del Paese, che comprende anche la base aerea di Incirlik, da dove i jet Usa assieme ai loro alleati della Nato bombardano le roccaforti di Isis.Ci sono inoltre commando scelti che operano dagli elicotteri, uomini della gendarmeria e della polizia, battaglioni di carristi, intere squadriglie dell’aviazione.
È mancata però la capacità di affiancare all’iniziativa militare una credibile alternativa politica, che si sarebbe dovuta far carico del passaggio di poter e del mantenimento di una leadership. Diversi generali, inoltre, si sono da subito schierati contro il colpo di stato, ordinando ai loro soldati la resistenza armata contro gli organizzatori del golpe.
Il piano non ha inoltre funzionato perché è stata sottovalutata la grande popolarità di Erdogan, a prescindere dai mezzi (democratici o meno) con cui è stata raccolta negli ultimi anni, come ha spiegato Hurichan Islamoglu, dell’Università del Bosforo: “Nel mondo si dimentica che almeno il 51 per cento di oltre 80 milioni di turchi sta con lui. E il segreto del suo successo resta soprattutto economico. In 13 anni Erdogan ha rivoluzionato il Paese. Ha creato una nuova classe media di ex contadini urbanizzati che lo adora. […] Il nostro reddito pro-capite medio è passato con lui da 2.000 dollari annuali a 11.000. Se non si comprende questo non si capisce come mai è sopravvissuto al golpe”.