Cosa sta succedendo nel Labour
Il più importante partito della sinistra britannica sta attraversando la sua più grave crisi degli ultimi anni: da una parte Corbyn, dall'altra tutti gli altri
Il voto su Brexit ha agitato la politica del Regno Unito come pochi altri eventi avevano fatto nella storia recente: si è dimesso il primo ministro Conservatore David Cameron, che aveva fatto campagna per la permanenza del Regno Unito nell’Unione Europea, e che sarà sostituito oggi da Theresa May; meno prevedibilmente si è dimesso anche il leader del principale partito antieuropeista britannico, Nigel Farage; ed è iniziata una grave crisi all’interno del partito Laburista. La crisi è cominciata nei giorni successivi al referendum con le dimissioni in massa dei membri del “governo ombra” del partito allo scopo di chiedere le dimissioni del leader Jeremy Corbyn, accusato di essersi impegnato poco e male nella campagna referendaria, ma si è aggravata negli ultimi giorni con la decisione di tenere nuove elezioni interne. Inoltre, molti pensano che queste elezioni non risolveranno in ogni caso i problemi del partito, e che anzi potrebbero portare a una scissione.
Nei giorni immediatamente successivi al voto su Brexit si erano dimessi 19 dei 30 ministri del governo ombra Laburista, quello nominato tradizionalmente dal capo del principale partito di opposizione per seguire e controllare i lavori dei ministeri “veri”. Il partito Laburista, per quanto avesse fatto ufficialmente campagna per restare nella UE, non era riuscito a convincere oltre un terzo dei suoi sostenitori che, secondo i primi dati, avevano votato per l’uscita dall’Unione Europea. Secondo molti parlamentari Laburisti gran parte della responsabilità della “perdita di contatto con gli elettori” dipendeva dallo scarso impegno del leader Jeremy Corbyn – accusato di non essere poi così europeista – e in generale dalla sua debole leadership. Corbyn è stato eletto capo del Labour solo 10 mesi fa dopo le dimissioni del precedente segretario, Ed Milliband, uscito parecchio male dalle elezioni politiche: elezioni in cui peraltro il Labour è stato praticamente cancellato in Scozia, regione in cui un tempo era nettamente il primo partito, a vantaggio degli indipendentisti.
Il modo in cui Corbyn è stato eletto capo del Labour è importante per capire come mai solo 10 mesi dopo sia stato abbandonato da quasi tutti i parlamentari del suo partito. Tradizionalmente il leader del Partito Laburista veniva deciso con un’elezione in cui il voto dei parlamentari ed europarlamentari del partito pesava in proporzione molto di più di quello degli iscritti al partito e delle associazioni affiliate, come i sindacati: questo aveva sempre favorito i candidati più vicini ai dirigenti del partito. Le regole però a un certo punto sono state cambiate allo scopo di “democratizzare” il partito e dare lo stesso peso ai voti degli iscritti, a quelli dei sindacati e a quelli dei parlamentari: i primi, numerosissimi, avrebbero potuto facilmente eleggere un segretario non vicino alla dirigenza del partito. Corbyn è stato eletto esattamente così.
Parlamentare dal 1983, su posizioni molto di sinistra (nel senso più britannico, quindi socialista e per molti versi antieuropeista), molto affezionato ai movimenti-dal-basso, fino allo scorso settembre era stato una specie di “parlamentare-simpatia”, un bastian contrario, uno di quelli che votavano sempre contro la maggioranza del partito trovandosi sempre in minoranza. La sua candidatura alla leadership del partito, considerata inizialmente velleitaria, è stata poi sostenuta dai sindacati e da tantissime persone, soprattutto giovani, che si sono iscritte al partito col solo scopo di votarlo. Alla fine alle elezioni interne Corbyn ha preso il 59 per cento dei voti totali, l’85 per cento dei voti degli iscritti al partito.
Jeremy Corbyn poco prima di essere ufficialmente nominato segretario del partito Laburista (AP Photo/Kirsty Wigglesworth)
Da subito in molti hanno evidenziato come l’elezione di Corbyn, che fino ad allora non aveva mai dovuto e voluto coltivare rapporti con il resto del partito, avrebbe potuto causare problemi di unità ai Laburisti. Il tentativo di Corbyn di nominare alcuni esponenti della corrente più moderata e centrista del partito in posizioni importanti è servito soltanto a contenere guai che si sono però nuovamente mostrati quando il partito ha dovuto affrontare i primi impegni seri: le elezioni amministrative e il voto su Brexit. Alle elezioni amministrative il Labour ha evitato un risultato disastroso principalmente grazie alla vittoria a Londra, ma per la prima volta nella sua storia è stato superato dai Conservatori in Scozia e nel resto del Regno Unito ha faticato un po’ ovunque; al referendum ha fallito nell’organizzare una campagna solida a favore della permanenza nella UE e in quest’occasione, soprattutto, Corbyn è venuto fuori come un personaggio marginale della politica britannica: ha fatto il minimo richiesto, senza incidere mai più di tanto.
Diversi mesi prima delle elezioni e del referendum c’era stato un momento che mostra bene chi sia Jeremy Corbyn: il suo primo Prime Minister Question Time (PMQs), il vivace appuntamento settimanale in Parlamento in cui il primo ministro risponde direttamente ai parlamentari e, in particolare, al leader dell’opposizione, che sfrutta l’occasione per cercare di metterlo in difficoltà. Corbyn al suo primo PMQs lesse al primo ministro David Cameron una serie di domande inviate dai suoi sostenitori (cosa che ha continuato a fare nei mesi successivi), perdendo la possibilità di metterlo davvero in difficoltà e anzi, dandogli la possibilità di rispondere in modo brillante ed efficace.
Le differenza di tono, di abbigliamento e di abilità retorica tra i due, inoltre, mostrano bene chi sia Corbyn: per quanto lui vada fiero della sua distanza dalla politica “teatrale” e legata all’apparenza, del suo stile un po’ dimesso e alla mano, queste sono proprio le cose che nei mesi hanno reso la sua immagine come leader sempre più debole.
I parlamentari che si sono dimessi dal governo ombra hanno criticato apertamente la leadership di Corbyn, definendola inadeguata per un partito che punta a tornare al governo. Corbyn ha detto da subito che non si sarebbe dimesso da segretario, parlando del grande consenso popolare con cui era stato eletto e che non voleva tradire. Pochi giorni dopo, però, un voto di sfiducia chiesto dai parlamentari laburisti fu vinto dagli anti-Corbyn con 172 voti contro 40.
Gli argomenti dei contrari a Corbyn, a questo punto, sono diventati più chiari: sostengono che non basti avere il sostegno degli iscritti per essere segretario del partito, ma si debba anche avere il controllo del partito in Parlamento e Corbyn non lo ha più. I sostenitori di Corbyn, invece, hanno cominciato a definire la richiesta di dimissioni come un “colpo di stato”, un tentativo della vecchia guardia del partito – i cosiddetti “Blairites”, vicini all’ex primo ministro Blair – di riprenderne il controllo nonostante avesse perso un voto popolare e democratico. La questione, messa in questi termini, riguarda la definizione di cosa sia un partito: se da una parte è indubbio che sia ciò che è in Parlamento, è difficile negare che sia anche formato dai suoi iscritti e sostenitori e che le procedure interne debbano essere rispettate. Corbyn, in un certo senso, è aggrappato all’idea che il suo mandato popolare ricevuto dal basso sia più importante della politica parlamentare, ma questo ha probabilmente molto a che fare con la sua generale sfiducia nella politica rappresentativa, che si concilia però male con il parlamentarismo, il funzionamento della democrazia e le sue necessità.
Dopo alcune settimane di trattative tra Corbyn e i parlamentari “ribelli”, come vengono spesso chiamati sui giornali britannici, domenica scorsa c’è stato un momento di svolta: il vice segretario del Partito Laburista, Tom Watson, ha annullato un importante incontro tra Corbyn e i parlamentari del partito. Watson ha spiegato che non c’era spazio di trattativa, dal momento che Corbyn rifiutava comunque di dimettersi da segretario “come what may”: qualsiasi cosa succeda. La decisione di Watson di interrompere le trattative – molto criticata dal sindacato Union, il più importante del Regno Unito, che stava lavorando per una riconciliazione interna del partito – è stata seguita di poche ore dall’annuncio della parlamentare Angela Eagle che si candidava a sostituire Corbyn, che ha avviato di fatto nuove elezioni interne per la scelta del segretario. Lunedì notte, dopo l’annuncio di Eagle, qualcuno ha tirato un mattone contro la finestra del suo ufficio di Wallasey, nel Merseyside; sulla sua segreteria telefonica alla House of Commons sono stati lasciati alcuni messaggi violenti e offensivi.
Angela Eagle lunedì 11 luglio durante l’annuncio ufficiale della sua candidatura a leader dei Laburisti (Jack Taylor/Getty Images)
Inizialmente Corbyn aveva detto che avrebbe combattuto ogni tentativo di arrivare a nuove elezioni interne, sempre per via del grande mandato popolare ricevuto solo 10 mesi fa, ma la sua posizione sembra essere cambiata dopo che martedì sera la National Executive Committee (NEC), l’organo più importante di governo del Partito Laburista, ha deciso che anche Corbyn avrebbe potuto ricandidarsi senza dover cercare il preventivo sostegno di 50 parlamentari, come devono fare invece i nuovi candidati. Anche questo passaggio formale ha portato a diverse tensioni interne al partito, visto che c’era grande incertezza sulla decisione della NEC e che era stato chiesto un voto a scrutinio segreto che secondo i sostenitori di Corbyn sarebbe servito solo a portare avanti il “colpo di stato” contro il segretario, per il quale sarebbe stato impossibile trovare 50 sostenitori tra i parlamentari dopo il voto di sfiducia di due settimane fa.
Dopo il voto di ieri John McDonnell, cancelliere ombra e il più stretto alleato di Corbyn, ha detto una frase che mostra bene a che punto siano le relazioni interne al partito. Parlando con dei sostenitori durante un evento a Londra, ha detto che c’è una sola cosa buona dei parlamentari che hanno provato a cacciare Corbyn: “come cospiratori sono degli incapaci del cazzo” (“fucking useless”).
John McDonnell: >"As plotters they were f***ing useless"… but he thinks Corbyn is Brilliant https://t.co/3faYaS1AAe
— Marie-Ann Detests Tories 🇺🇦 🇪🇺 🇬🇧 (@MarieAnnUK) July 13, 2016
Il fatto che si vada a nuove elezioni per il segretario, tuttavia, non è necessariamente una buona notizia per il Partito Laburista, o almeno per quella parte che spera che servano a cacciare Corbyn. La decisione della NEC di fatto rende Corbyn nuovamente favorito alla vittoria, anche alla luce del sostegno che per ora gli hanno dato i rappresentanti dei principali sindacati britannici. La speranza dei suoi oppositori è che il suo momento di maggior popolarità sia passato e che questa volta Corbyn e “Momentum”, il movimento che lo sostiene, non riesca a mobilitare abbastanza persone da vincere nuovamente. Una nuova regola decisa dalla NEC, che vieta il voto a chi si è iscritto nei sei mesi precedenti al voto a meno che non versi 25 sterline (circa 30 euro) al partito, sembra dare altre speranze all’opposizione interna, visto che i sostenitori di Corbyn si sono dimostrati fino a oggi molto bravi nel raccogliere consenso e nuovi iscritti.
Se Corbyn dovesse vincere ancora, la posizione dei parlamentari che lo oppongono diventerebbe ancora più difficile. Angela Eagle, nel discorso di presentazione della sua candidatura, ha usato toni molto duri nei confronti di Corbyn: sembra difficile che il partito possa funzionare ancora a lungo in questo modo. Eagle ha detto che Corbyn è inadeguato al lavoro che gli è richiesto, che per vincere le elezioni non può bastare una politica fatta solo di slogan e che un vero leader si sarebbe confrontato apertamente con i suoi oppositori mentre lui “si è nascosto dietro a una porta”. In molti, negli ultimi giorni, hanno cominciato apertamente a parlare di una possibile scissione del partito Laburista, se Corbyn venisse confermato segretario. Per ora nessuno all’interno del partito ha parlato apertamente di questa possibilità, e anche diversi esperti ritengono improbabile che in tempi brevi si arrivi alla formazione di un nuovo partito: più probabilmente, in tempi brevi potrebbe formarsi un nuovo gruppo in parlamento.
Intanto è probabile che l’opposizione a Corbyn provi comunque a vincere le elezioni e a raccogliersi tutta dietro un unico candidato, per evitare la dispersione di voti delle scorse elezioni. Mercoledì mattina ha annunciato la sua candidatura a segretario anche Owen Smith, ex ministro ombra per il Lavoro.