Il futuro della cocaina in Colombia
Le FARC si sono impegnate a convertire i campi di coca, il governo si è impegnato a sostenere i coltivatori: ma farlo davvero non sarà facile
Mercoledì 22 giugno all’Avana, a Cuba, è stato firmato uno storico accordo di pace tra il governo colombiano e le FARC (le “Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia”), che ha concluso uno dei conflitti più lunghi ancora in corso nel mondo. L’accordo è stato firmato dal presidente colombiano Juan Manuel Santos e il comandante delle FARC, Rodrigo Londoño detto Timochenko. Non sarà una transizione facile per la Colombia, la cui storia recente è stata condizionata in buona parte dall’azione delle FARC: per lunghi periodi i guerriglieri sono arrivati a controllare anche un terzo delle campagne del paese e diversi centri urbani. E non sarà facile anche perché non è chiaro come verrà affrontato uno dei problemi più grandi provocati dall’attività delle FARC in Colombia: l’enorme estensione delle piantagioni di coca, grazie alle quali le FARC hanno finanziato la guerriglia per decenni, ma che allo stesso tempo hanno creato l’unica economia possibile per migliaia di colombiani.
Il presidente colombiano Juan Manuel Santos (a sinistra) stringe la mano al comandante delle FARC Rodrigo Londoño, detto Timochenko, durante la firma dell’accordo di pace a L’Avana il 23 giugno 2016.. Dietro di loro c’è il presidente cubano Raul Castro (ADALBERTO ROQUE/AFP/Getty Images)
Le FARC e la coca
Le FARC nacquero come un movimento politico tra gli anni Cinquanta e Sessanta, quando alcuni contadini comunisti si rifugiarono sulle montagne per proteggersi dall’azione repressiva del governo, che vedeva l’ideologia marxista come una minaccia. Nel giro di poco tempo i contadini cominciarono a farsi chiamare FARC e ad adottare la lotta armata. Nel loro momento di massima forza, le FARC arrivarono a essere formate da 20mila guerriglieri: si finanziavano principalmente con i riscatti dei rapimenti e le estorsioni. Poi, a partire dagli anni Ottanta, arrivò la cocaina. Nonostante coltivare coca fosse illegale in Colombia, molti contadini iniziarono a convertire i loro campi. Coltivare altri beni – come la frutta – non garantiva praticamente alcun guadagno: i contadini dovevano sostenere costi molto elevati per trasportare le proprie merci verso i mercati dei centri urbani più vicini, che però spesso erano molto lontani. Con la coca la storia era completamente diversa e i guadagni erano garantiti sia per i contadini che per i guerriglieri.
Le FARC guadagnavano sulla coca imponendo tasse ai produttori, ai compratori e a quelli che spostavano la droga all’interno del territorio controllato dal gruppo. Ai cocaleros, i coltivatori della pianta di coca, era imposta una tassa non superiore ai 50 dollari per ciascun chilo; ai compratori fino a 200 dollari per chilo; ai laboratori che producevano la coca 100 dollari per chilo; a coloro che la trasportavano fuori 100 dollari per chilo. Nel 2014 Jeremy McDermott, condirettore di InSight Crime – un’organizzazione giornalistica no profit specializzata in criminalità organizzata dell’America latina – ha calcolato che i guerriglieri guadagnavano 450 dollari per ogni chilo di coca prodotto e trasportato fuori dai territori sotto il controllo delle FARC. McDermott ha scritto:
«Le FARC hanno sempre avuto una relazione di amore-odio con la droga. Amano i soldi che la droga gli ha permesso di fare, fondi che hanno garantito loro di sopravvivere e perfino di minacciare lo stato alla fine degli anni Novanta. Ma odiano la corruzione e l’immagine che la droga porta all’interno del movimento ribelle.»
Poliziotti dell’antidroga posizionano dell’esplosivo all’interno di un laboratorio delle FARC nel quale viene processata la cocaina. Puerto Concordia, Colombia, 25 gennaio 2011 (GUILLERMO LEGARIA/AFP/Getty Images)
E quindi ora che succede?
Come parte dell’accordo raggiunto tra Colombia e FARC, il governo si è impegnato a investire molto nello sviluppo delle zone rurali e facilitare la trasformazione delle FARC in un partito politico che abbandoni la lotta armata. Le FARC si sono impegnate tra le altre cose a eliminare le coltivazioni di coca sotto il loro controllo. Sulla questione della coca, comunque, l’intero piano ha grossi buchi e non è chiaro come verrà messo in pratica. Per prima cosa il governo colombiano dovrebbe garantire un sistema di sussidi ai cocaleros che permetta loro di pareggiare o almeno avvicinarsi ai profitti di prima, basando però la loro nuova attività sulla vendita di prodotti legali. Si parla di molti soldi, e nonostante l’economia colombiana stia attraversando un momento tutto sommato buono, non sembra in condizione di reggere un tale onere finanziario. I profitti della coca poi non riguardano solo i cocaleros, ma anche per esempio le persone che si facevano carico del trasporto.
Il secondo problema riguarda invece la dubbia capacità delle FARC di fermare la coltivazione illegale di coca in tutto il paese. Per evitare di essere rintracciati dalle autorità e mantenere la clandestinità, il gruppo ristretto dei leader delle FARC – formato da sette persone – non ha mai esercitato un controllo totale sul territorio. Questo ha permesso ad altri di inserirsi nel traffico di coca. In diversi temono che dopo che sarà implementato il piano di pace, alcuni fronti della guerriglia che non vorranno deporre le armi avranno la possibilità di instaurare legami direttamente con la mafia e i cartelli locali, prendendo il posto che prima era occupato dalle FARC. Potrebbero prendere il posto delle FARC le Autodefensas Unitas de Colombia (AUC), un gruppo di estrema destra che per un periodo fu appoggiato dall’esercito colombiano in funzione anti-FARC, ma che poi fu dichiarato organizzazione terroristica; oppure l’Ejército de Liberación Nacional, un altro gruppo comunista con una storia simile alle FARC.
Per ora il governo colombiano ha iniziato alcuni esperimenti, ma è ancora presto per dire se funzioneranno oppure no. Per esempio a giugno il governo e le FARC si sono accordati per collaborare nella sostituzione della coltivazione di coca con quella di altri beni in dieci comunità attorno alla città di Briceño, nella provincia nord-occidentale di Antioquia: il progetto dovrebbe assistere circa 450 famiglie e sarà avviato il 10 luglio. Il punto, ha scritto Weston Phippen sull’Atlantic, è che il governo colombiano dovrà trovare un’alternativa alle FARC, l’unica forza stabilizzattrice di diverse aree della Colombia. Le FARC potrebbero provare a usare la loro influenza per condizionare le scelte dei cocaleros, ma potrebbe non essere sufficiente: solo nel 2014, ha scritto Phippen, i colombiani avevano piantato il 44 per cento delle piante di coca in più rispetto all’anno precedente; un dato aumentato ulteriormente nel 2015.