Dobbiamo occuparci dei Geofiltri di Snapchat
Sono utili, divertenti e permettono a Snapchat di fare soldi, ma possono anche diventare un rischio
Snapchat è considerato «il social network del momento», quell’app che – se non siete tra quelli che la usano abitualmente – è possibile che qualcuno vi abbia detto «perché non la provi?»: vale quasi 20 miliardi di dollari e secondo un’analisi di Bloomberg la usano ogni giorno circa 150 milioni di persone. Snapchat permette di fare foto e video e condividerli per 24 ore con i propri amici: una delle sue particolarità è che permette di aggiungere cose che rendono strana, deformata o truccata la propria faccia e testi, disegni, emoticon, etichette e filtri di vario tipo. Alcuni filtri sono chiamati Geofiltri perché li può usare solo chi si trova in certe aree geografiche: a volte li crea Snapchat, altre volte sono creati da privati o da aziende, che possono decidere dove e per quanto farli comparire. La redazione del Washington Post si è da poco accorta che un Geofiltro che aveva a che fare con Donald Trump e i Redskins, la squadra di football americano di Washington, compariva solo nell’isolato della redazione. È molto probabile che qualcuno avesse creato quel filtro e pagato Snapchat proprio perché lo vedesse qualcuno che lavora al Washington Post. È una cosa piccola, ma può dire molto sul futuro di Snapchat, sui modi in cui potrà guadagnare dei soldi e sui problemi di etica che potrebbe incontrare.
Al Washington Post si sono accorti del logo la mattina del primo luglio: era il logo dei Redskins (un cerchio giallo con dentro un pellerossa) ma al posto del pellerossa c’era la faccia di Donald Trump, candidato Repubblicano alla presidenza degli Stati Uniti. Appena fuori dal cerchio giallo c’era scritto «Worse for Washington than Shanahan». Significa: a Washington – la sede del governo degli Stati Uniti – Trump potrebbe fare ancora più danni di Mike Shanahan, che ha allenato i Redskins fino al 2013 – con risultati piuttosto scarsi – e che ha di recente partecipato a una raccolta fondi per Trump. C’è un ultimo pezzettino di storia per capire il contesto della vicenda: il Washington Post è stato uno dei giornali più critici contro Donald Trump, che qualche mese fa lo accusò di essere un giornale disonesto e tolse ai suoi giornalisti gli accrediti stampa per seguire i suoi comizi.
La mattina del primo luglio qualche giornalista del Washington Post ha girato per il quartiere in cui ha sede la redazione e ha scoperto che il filtro sembrava fatto proprio perché lo vedessero nella redazione del Washington Post. I giornalisti hanno quindi chiesto informazioni a Snapchat, che ha spiegato che si trattava di un Geofiltro on-demand, su richiesta. Snapchat non poteva però dire altro su chi l’aveva creato e pagato. Abby Ohlheiser e Tanya Sichynsky, le due giornaliste che si sono occupate della questione, hanno scritto: «Se era una mossa fatta apposta, è probabile che sia stata fatta per farci scrivere un articolo sul tema. In quel caso, congratulazioni misterioso estraneo! Ecco qui l’articolo».
Ohlheiser e Sichynsky hanno spiegato che è piuttosto facile creare un filtro come quello su Trump e i Redskins. I filtri on-demand sono fatti apposta «per essere personalizzabili, per costare poco e per essere visti anche in un solo luogo, magari un solo edificio»; il sito di Snapchat spiega che aziende e singoli possono acquistare Geofiltri on-demand per i loro eventi, attività o luoghi particolari» e che «i loghi di brand e i marchi registrati sono autorizzati». I Geofiltri on-demand sono uno dei due tipi di filtri che si possono creare su Snapchat: gli altri sono chiamati – anche in italiano – Geofiltri Community. Snapchat spiega: «Artisti e designer sono invitati a creare e presentare un Geofiltro Community gratuito per la loro città, università, per un’attrattiva locale o un altro luogo pubblico. Non è autorizzato nessun logo di brand». I filtri Community non sono a tempo: una volta che li si crea restano per un tempo indefinito.
Creare un Geofiltro è davvero facile: basta saper usare un po’ Photoshop o Illustrator, pagare qualche euro (per avere poco tempo di visibilità, in un luogo molto piccolo) e rispettare le poche linee guida di Snapchat. In sintesi: basta essere rispettosi e ci sono buone probabilità che Snapchat accetti il filtro, soprattutto se si tratta di filtri per piccole cose – una serata in discoteca, un matrimonio, una festa di compleanno. Snapchat dice che il 40 per cento dei Geofiltri on-demand sono fatti da privati e il Washington Post ha calcolato che chi ha pagato il filtro Trump-Redskins – che è rimasto accessibile per 24 ore – deve aver pagato circa 50 euro in tutto. Nell’articolo “Dentro il nuovo megatrend di Snapchat” il sito The Ringer ha scritto che qualche giorno fa qualcuno ha creato un filtro Community fatto apposta per la redazione di The Ringer ma quel qualcuno non faceva parte della redazione: era qualcuno di esterno, che nel testo del filtro aveva scritto “Hire me”, “assumetemi”.
Snapchat esiste dal 2011 e i Geofiltri ci sono dal luglio 2014 (da prima che ci fosse l’opzione “Lens”, quella per fare le facce strane). La possibilità per gli utenti di proporre filtri esiste da Dicembre 2014. I primi filtri li creava e gestiva solo Snapchat, che nel 2015 annunciò che anche le aziende potevano usare i filtri per farsi pubblicità: la prima a farlo fu McDonalds che attivò dei Geofiltri in tutti i suoi negozi statunitensi. Poco dopo quella notizia TechCrunch – uno dei più importanti siti di tecnologia al mondo – scrisse che con Snapchat aveva «trasformato i Geofiltri nel suo reparto raccolta pubblicitaria», quello grazie al quale fare soldi.
Il Washington Post ha scritto che non è la prima volta che i Geofiltri sono usati per fare «trolling politico», per prendere in giro giornali o candidati. Il candidato Repubblicano Ted Cruz – sconfitto da Trump – comprò per esempio un Geofiltro “Ducking Donald” per prendere in giro Trump; anche chi ha gestito la campagna elettorale di Hillary Clinton ha pagato per dei filtri. Tutti i filtri pagati da aziende sono contrassegnati da una piccola scritta che lo segnala, ma nonostante questo il Washington Post scrive che bisogna iniziare a preoccuparsi del fatto che questi filtri possano diventare un problema. Snapchat vieta ovviamente di infastidire, molestare, minacciare o insultare qualcuno attraverso i Geofiltri – che sono sempre controllati da un umano prima che diventino pubblici – ma in certi casi i confini possono essere poco chiari. «Un filtro contenente una chiara e diretta minaccia di morte può essere facilmente bloccato», scrive il Washington Post, ma ci sono situazioni meno chiare: cosa succederebbe se qualcuno usasse i filtri per far sapere a qualcun altro che sa dove abita, o se un collega facesse qualcosa che – seppur non irrispettoso – violasse la privacy di un altro collega? Il Washington Post scrive che «i Geofiltri sono arrivati su internet da qualche mese, e molte di queste questioni sono ancora solo ipotetiche», ma è meglio iniziare a occuparsene.