Mario Giarrusso non ha chiesto l’immunità parlamentare
La Giunta delle immunità ha dato parere contrario, dopo che il senatore del M5S aveva cambiato idea decidendo di affrontare il processo per diffamazione
Il senatore del Movimento 5 Stelle Mario Michele Giarrusso non ha chiesto l’immunità parlamentare per evitare un processo per diffamazione aggravata. La Giunta delle immunità ha dato parere contrario all’applicazione l’articolo 68 della Costituzione sull’immunità parlamentare, dopo che anche Giarrusso aveva cambiato idea rispetto a quanto detto nei giorni prima e chiesto nella sua memoria difensiva. Hanno votato contro l’applicazione dell’articolo 68 i senatori del PD e del M5S, mentre hanno votato a favore quelli del centrodestra.
Negli scorsi giorni diversi siti e giornali avevano scritto che Giarrusso avrebbe chiesto l’applicazione dell’articolo 68 per evitare un processo per diffamazione aggravata. Giarrusso era stato denunciato dalla deputata Maria Gaetana Greco del Partito Democratico, dopo che lui aveva accusato lei di “contiguità con ambienti mafiosi”. Del caso – che va avanti da oltre un anno – si era già parlato in passato: sia per la decisione di Giarrusso di ricorrere all’articolo 68, nonostante il suo partito abbia più volte detto che l’immunità parlamentare è un privilegio della cosiddetta “casta”; sia per la gravità delle accuse rivolte a Greco, considerato anche che Giarrusso è membro della Commissione parlamentare di inchiesta sulle mafie del Senato.
La storia dall’inizio
Il 16 maggio 2015, due settimane prima delle elezioni amministrative, il senatore Giarrusso del M5S tenne un comizio elettorale ad Agira, un comune di poco più di 8mila abitanti in provincia di Enna, in Sicilia. Giarrusso – originario di Catania – si trovava ad Agira per sostenere il candidato locale del M5S, Francesco Biondi. Durante il suo discorso, Giarrusso si rivolse in diverse occasioni ad alcune persone che si trovavano sul balcone del circolo locale del PD, a pochi metri dal palco, dove c’era anche appeso un manifesto elettorale a sostegno di Maria Greco, candidata del PD a sindaco di Agira. Tra le altre cose, Giarrusso definì quelle persone «padroni» e «potenti», e le accusò implicitamente di rubare e operare solo per interessi personali.
Dopo il comizio, Giarrusso pubblicò sul blog di Beppe Grillo un commento alla serata, con questo titolo: «Ombre mafiose nella campagna elettorale del PD di Enna. Il comizio del M5S nel Comune di Agira (Enna) è stato seguito non solo da semplici cittadini ma anche da osservatori molto “qualificati”». Giarrusso scrisse:
«Nel balcone accanto al palco ad Agira, infatti, erano presenti Mirello Crisafulli (candidato sindaco di Enna del Pd e intercettato nel 2008 dai Carabinieri mentre in un albergo di Enna discuteva di appalti con un capo mafia), l’eurodeputata del Pd Michela Giuffrida e il candidato sindaco del Pd deputato Maria Greco. Accanto a loro, infatti, sullo stesso balcone, era platealmente visibile il Sig. Giuseppe Giannetto (tesserato del Pd) arrestato nel 2005 mentre cenava in un casolare di campagna e discuteva di affari con il boss Giuseppe Di Fazio, reggente della famiglia mafiosa Santapaola, inserito nell’elenco dei 30 più pericolosi latitanti di mafia e condannato all’ergastolo per l’omicidio dell’ispettore di Polizia Lizio.»
Giarrusso sosteneva che la campagna elettorale nella provincia di Enna fosse «seriamente inquinata e compromessa dalla mafia» e che «è inammissibile e intollerabile che nel 2015 sia ancora possibile esibire in maniera così plateale comportamenti e soggetti denotanti contiguità con ambienti mafiosi, per di più in una campagna elettorale». Giarrusso chiedeva anche al segretario del PD Matteo Renzi di intervenire e ritirare le candidature del PD sia ad Enna che ad Agira. Non se ne fece nulla, ovviamente, e alle elezioni Greco fu eletta sindaco di Agira.
Crisafulli – storico esponente del PD ennese che non fu ricandidato dal suo partito alle ultime elezioni politiche per essere stato inserito tra i cosiddetti “impresentabili” per ragioni giudiziarie – smentì di essere stato su quel palco ad Agira. Giannetto, un dipendente comunale, aveva delle condanne a suo carico (porto illegale di armi e favoreggiamento) ma nessuna per reati di mafia. Dopo le accuse di Giarrusso, Greco presentò contro di lui una denuncia per diffamazione aggravata. L’Espresso ha scritto che nella sua memoria difensiva Giarrusso ha chiesto l’archiviazione, oppure che le sue parole siano ritenute insindacabili perché espresse nell’esercizio delle funzioni parlamentari.
La questione dell’immunità
L’articolo 68 della Costituzione italiana parla dell’immunità parlamentare, cioè quel principio pensato per garantire ai parlamentari italiani di fare il loro lavoro in piena libertà e sicurezza. Nella sua memoria difensiva, Giarrusso ha fatto riferimento all’insindacabilità (regolata dal comma 1 dell’articolo 68), secondo la quale un parlamentare non può essere chiamato a rispondere per le opinioni espresse e i voti dati nell’esercizio delle sue funzioni (in pratica non ha responsabilità penale, civile, amministrativa o patrimoniale). L’articolo 68 ha dei limiti, chiaramente, e un parlamentare non può usufruire dell’immunità concessa dalla Costituzione per obiettivi che non siano connessi al suo status di parlamentare: per esempio non può difendere con l’articolo 68 attacchi personali e politici ai suoi avversari che non c’entrano con la sua attività. L’articolo 68 prevede anche che i parlamentari non possano essere sottoposti a processo penale – come sarebbe nel caso di Giarrusso – senza l’autorizzazione della Camera di appartenenza, in questo caso il Senato.
La questione di Giarrusso è arrivata in questi giorni al Senato, che ora si dovrà esprimere sull’autorizzare o meno il processo penale per diffamazione aggravata. Prima passerà alla Giunta delle immunità, di cui Giarrusso stesso fa parte, poi in Aula. Giarrusso ha detto: «Per correttezza non parteciperò alle riunioni della Giunta sul mio caso, lo farò solo per essere ascoltato e dare la mia versione dei fatti». La volontà di Giarrusso di chiedere l’applicazione dell’articolo 68 è stata molto criticata, visto che in passato il M5S aveva detto più volte che in casi di questo genere i suoi parlamentari avrebbero rinunciato all’immunità e avrebbero accettato la decisione di un giudice. Giarrusso ha detto: «Sono un commissario dell’Antimafia e devo potermi avvalere della prerogativa di chiamare le cose con il loro nome, visto che sono in Parlamento per questa ragione. Noi Cinque Stelle siamo contro l’immunità su arresti e intercettazioni, qui parliamo di insindacabilità delle opinioni, che è un’altra cosa».