La nuova inchiesta sulla corruzione
Cosa dicono i giornali degli arresti ordinati ieri dalla procura di Roma per una presunta storia di appalti truccati, frode fiscale e truffa contro lo Stato (e perché si parla di Alfano)
La mattina di lunedì 4 luglio la procura di Roma ha ordinato 24 arresti (dodici in carcere e dodici ai domiciliari), cinque misure interdittive e sequestri pari a circa 1,2 milioni di euro, oltre che decine di perquisizioni a Roma e in diverse città italiane. L’operazione è stata chiamata “Labirinto”: le indagini sono state condotte dalla Guardia di Finanza e coordinate dal pubblico ministero di Roma Stefano Fava, e sono iniziate nel 2013 dopo la segnalazione di operazioni sospette nell’assegnazione di appalti in alcuni ministeri e altri enti come INPS e Poste. I reati contestati sono associazione a delinquere finalizzata alla frode fiscale, corruzione, riciclaggio, truffa ai danni dello Stato e traffico di influenze illecite. I principali giornali scrivono che nelle intercettazioni telefoniche viene citato anche il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, che non è coinvolto nell’inchiesta.
Le principali persone coinvolte
Le persone coinvolte nell’indagine sono circa 50. Al centro del presunto sistema c’erano in particolare due persone: il consulente Alberto Orsini, che aveva un ufficio a Roma vicino al Parlamento, e Raffaele Pizza, fratello di Giuseppe, ex sottosegretario all’Istruzione quando Silvio Berlusconi era presidente del Consiglio. Giuseppe Pizza risulta indagato così come Antonio Marotta, avvocato penalista, deputato di NCD e ex componente del Consiglio Superiore della Magistratura. Per Marotta i magistrati avevano chiesto l’arresto per corruzione e tre episodi di finanziamento illecito, ma la richiesta è stata respinta dal gip Giuseppina Guglielmi che ha conteggiato pene eventuali inferiori ai tre anni, dunque insufficienti per richiedere l’arresto.
Secondo l’accusa, Orsini gestiva un giro di false fatture per aiutare alcuni imprenditori a evadere il fisco: «Orsini rendeva un servizio di false fatturazioni in favore di imprenditori interessati ad evadere il fisco e a costituire fondi neri», c’è scritto nelle carte dell’inchiesta. Il servizio, precisa Repubblica, aveva un costo: «Il 5 per cento del denaro liquido che tornava ai suoi clienti». Il ruolo di Raffaele Pizza, detto “Lino”, era una «incessante e prezzolata opera di intermediazione per imprenditori interessati a partecipare a gare pubbliche». Pizza secondo l’accusa si occupava cioè dei rapporti con i politici e, scrive il giudice, con le «altissime cariche istituzionali». E ancora: Pizza «è capace di favorire la nomina, ai vertici degli enti e delle società pubbliche, di persone a lui vicine, così acquisendo ragioni di credito nei confronti di queste che, dovendo successivamente essergli riconoscenti, risulteranno permeabili ai suoi metodi di illecita interferenza nelle decisioni concernenti il conferimento di appalti pubblici e attività connesse».
Nell’inchiesta si parla di «mazzette» milionarie, ma anche di «capi di abbigliamento griffati “Armani”, buoni carburante, pranzi in vari ristoranti della capitale». Pizza e Orsini raccontano di avere «ottimi rapporti» con manager di alto livello come Massimo Sarni, ex amministratore di Poste Italiane, o come Agostino Ragosa, direttore dell’Agenzia per l’Italia Digitale fino al 2014, e di poter arrivare fino a Tito Boeri. Nelle intercettazioni viene fatto anche il nome di Marcello Dell’Utri, a cui sarebbe stato pagato un viaggio nel 2010.
Le regioni coinvolte nell’operazione “Labirinto” – che avrebbe gestito negli ultimi anni oltre 13 milioni di euro – sono Lombardia, Veneto, Marche, Umbria, Emilia Romagna, Toscana e Lazio. Il sistema creato da Orsini e da Pizza come intermediario sarebbe riuscito a entrare nelle nomine e negli appalti di INPS, INAIL, Poste, ENEL, CONSIP, ACEA, ATAC, ASL Abruzzo e nei ministeri della Giustizia e dell’Istruzione. Tra gli appalti citati nelle carte c’è anche quello per creare un call center unificato INPS-INAIL. Nel presunto sistema secondo l’accusa erano coinvolti anche due funzionari dell’Agenzia delle Entrate, incaricati di avvisare i complici se venivano effettuati dei controlli sulle società create da Orsini. Risulta coinvolto anche Vittorio Crecco, ex direttore generale dell’INPS nei confronti del quale sono stati decisi i domiciliari e un dipendente di BNL.
Che c’entra Alfano?
In una intercettazione pubblicata oggi dai giornali e risalente al 9 gennaio 2015, Raffaele Pizza parla al telefono con Davide Tedesco, collaboratore di Alfano al ministero. E parlano del fratello di Alfano, Alessandro: «Pizza sostiene di aver facilitato l’assunzione del fratello del ministro in una società del Gruppo Poste», c’è scritto nell’inchiesta. Nel 2013 Alessandro Alfano era stato nominato dirigente di Postecom, società di servizi internet di Poste italiane.
Nell’intercettazione Pizza dice:
«Angelino lo considero una persona perbene un amico… se gli posso dare una mano… mi ha chiamato il fratello per farmi gli auguri… tu devi sapere che lui come massimo poteva avere 170.000 euro… no… io gli ho fatto avere 160.000. (…) Adesso va dicendo che la colpa è la mia, che l’ho fottuto perché non gli ho fatto dare i 170.000 euro… cioè gliel’ho pure spiegato… poi te li facciamo recuperare… sai come si dice ogni volta… stai attento… però il motivo che non arriviamo a 170 è per evitare che poi dice cazzo te danno fino all’ultima lira. Diecimila euro magari te li recuperi diversamente».