Il travagliato inizio di Virginia Raggi
Non ha ancora scelto la giunta e il "comitato di controllo" del Movimento 5 Stelle vuole che revochi le uniche due nomine che ha già fatto
Nell’ultima settimana tutti i principali giornali si sono occupati molto del nuovo sindaco di Roma Virginia Raggi e in particolare della sua giunta. Secondo diversi articoli – del genere “retroscena”, quindi da prendere con molta cautela – Raggi sta facendo fatica a scegliere i suoi assessori e collaboratori a causa delle divisioni e degli scontri interni al Movimento 5 Stelle (anche se di nomi se ne sono fatti parecchi). I giornali si sono concentrati su due aspetti in particolare. Il primo è la lentezza nel formare la giunta, che quasi 20 giorni dopo le elezioni non è ancora pronta: quella della sua collega Chiara Appendino a Torino è stata nominata già la scorsa settimana, quella di Giuseppe Sala a Milano ancora prima. Il secondo aspetto è la nomina di alcuni collaboratori da parte di Raggi, che sarà probabilmente costretta a ritrattare.
Almeno sul primo punto, non c’è ancora molto da dire: nominare la giunta del comune di Roma non è mai semplice e non lo è in particolare per il Movimento 5 Stelle, che si trova alla sua prima importante prova al governo di una grande città, sotto osservazione di una stampa non sempre amichevole. I tempi che Raggi sta impiegando per scegliere la sua squadra non sono particolarmente lunghi: nel 2013 Ignazio Marino presentò i suoi assessori il 26 giugno, 17 giorni dopo il ballottaggio. Dall’altra parte, però, Raggi aveva annunciato “un’imminente” presentazione della giunta fin dai giorni del primo turno, lo scorso 5 giugno. In questi giorni è stato fissato un nuovo termine e diversi esponenti del Movimento hanno detto che sarà sicuramente rispettato: giovedì 7 luglio, quando si riunirà il consiglio comunale (altrimenti il 12, in caso di rinvio). Appendino a Torino ha già nominato la sua giunta e ne ha già presieduto la prima riunione. Alessandro Di Battista, membro del direttorio e uno dei leader più visibili del Movimento 5 Stelle, ha commentato dicendo che «Roma non è Torino».
Un’ulteriore difficoltà nella scelta della giunta potrebbe essere il famoso “contratto” che i consiglieri e il sindaco del Movimento 5 Stelle sono stati costretti a firmare. Si tratta di un documento che consegna a Beppe Grillo e al suo “staff” la possibilità di decidere sulle loro dimissioni e sulle nomine dei collaboratori, e che gli lascia l’ultima parola su qualsiasi decisione amministrativa di una certa rilevanza. Chi disattende il contratto è tenuto a versare una penale da 150 mila euro. A fine giugno il Fatto Quotidiano aveva scritto che il documento avrebbe dovuto essere firmato anche dagli assessori, e questo avrebbe probabilmente ridotto molto il bacino di professionisti disposti a partecipare all’amministrazione di Roma. Il Movimento non ha ancora chiarito ufficialmente la sua posizione in merito.
I giornali si sono concentrati poi sulle due nomine fatte da Raggi in questi giorni: quella del consigliere comunale Daniele Frongia a capo di gabinetto del sindaco e quella del dirigente comunale Raffaele Marra a suo vice. Le nomine sono avvenute una settimana fa, il 28 giugno, con due ordinanze. Il capo di gabinetto si potrebbe definire il “braccio destro” del sindaco: la carica all’interno dell’amministrazione che si occupa di firmare e mettere in atto le sue delibere. Secondo i giornali, una parte del Movimento ha criticato la scelta di Raggi e lo stesso Beppe Grillo avrebbe imposto la sua rimozione dalla carica, che però non è ancora avvenuta.
Frongia è un consigliere comunale del Movimento 5 Stelle eletto per la prima volta nel 2013 e rieletto alle ultime elezioni. È considerato uno dei più stretti collaboratori di Raggi, ma anche un suo amico personale: Frongia guidava la macchina con cui Raggi è arrivata per la prima volta al Campidoglio, il palazzo che ospita il sindaco della città. La sua nomina a capo di gabinetto presenta un problema: la legge Severino (quella che si occupa delle incandidabilità) stabilisce anche che chi ha detenuto cariche politiche nei due anni precedenti (come Frongia) non può ricoprire incarichi “amministrativi di vertice”, come quello di capo di gabinetto del sindaco. Marra invece è un ex ufficiale della Guardia di Finanza che in passato ha lavorato al ministero dell’Agricoltura con Gianni Alemanno, ex sindaco di Roma. Marra ricopriva la carica di dirigente dell’Agenzia per lo sviluppo del settore ippico (sì, esiste). All’epoca il segretario dell’agenzia era Federico Panzironi (successivamente coinvolto in “Mafia capitale” e nella “parentopoli” dell’AMA, caso per cui è stato condannato in primo grado a cinque anni e tre mesi). Quando nel 2008 Alemanno vinse le elezioni, Marra (insieme a Panzironi) si trasferì al comune di Roma, dove divenne dirigente. Per alcuni anni lavorò anche per Renata Polverini quando era presidente del Lazio con il centrodestra.
La decisione di scegliere Marra è stata difesa da Luigi Di Maio, influente dirigente del M5S, che la settimana scorsa ha detto: «Non abbiamo pregiudizi su chi ha lavorato in altre amministrazioni». Ma secondo le ricostruzioni dei giornali, che in questi casi vanno presi sempre con un po’ di scetticismo, su questo punto il Movimento è diviso. Le parlamentari Paola Taverna e Roberta Lombardi sarebbero contrarie a entrambe le nomine, sia per i problemi personali di Frongia e Marra (la legge Severino e il passato vicino ad Alemanno), sia perché sarebbero avvenute senza il consenso dello “staff di Beppe Grillo” di cui parla il contratto e di cui entrambe fanno parte. Nessun membro del “comitato di controllo” ha fatto dichiarazioni pubbliche, ma il consigliere regionale del Lazio Davide Barillari del M5S ha detto che Marra «è conosciuto da Raggi e Frongia ma non è completamente fuori da quel sistema che noi stiamo combattendo».
Tutti i giornali scrivono che la vicenda si è chiusa con una telefonata di Beppe Grillo a Virginia Raggi, e che entrambe le nomine saranno revocate nei prossimi giorni. Anche qui, però, non ci sono state dichiarazioni ufficiali. L’unico che ha in parte confermato la storia è lo stesso Marra, che in un’intervista all’Huffington Post ha chiesto a Grillo di ripensarci: «Se il Movimento ha come via maestra la legalità io mi definisco lo spermatozoo che ha fecondato l’ovulo del Movimento. Sono uno di loro».