Hillary Clinton non sarà indagata per le email
Lo ha consigliato l'FBI al governo, che si atterrà alla raccomandazione: ma non vuol dire che per la candidata dei Democratici questo guaio sia finito, anzi
di Francesco Costa – @francescocosta
L’FBI ha concluso la sua indagine sulla gestione della posta elettronica da parte di Hillary Clinton negli anni in cui è stata segretario di Stato (2009-2012), e ha consigliato al Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti di non aprire un’inchiesta formale contro Clinton. Il Dipartimento di Giustizia nei giorni scorsi aveva già annunciato che si sarebbe attenuto alle raccomandazioni dell’FBI per evitare accuse di conflitti di interesse, visto che l’attuale amministrazione statunitense è espressione del Partito Democratico e Clinton è la candidata del Partito Democratico alle prossime elezioni presidenziali. Hillary Clinton quindi non sarà formalmente indagata per la storia delle email, che da mesi è uno dei principali punti deboli della sua candidatura: ma si parlerà ancora di questa storia, probabilmente.
La storia, in breve, è questa: durante il suo mandato da segretario di Stato, Hillary Clinton ha usato il suo indirizzo privato di posta elettronica anche per cose di lavoro. Poteva farlo, in base a quanto prescrivevano le norme all’epoca. Quando però il governo le ha chiesto le email di lavoro per archiviarle – si tratta di atti pubblici – lei ha detto che la sua casella conteneva anche email personali: allora ha cancellato tutte le email personali e ha consegnato le altre. Prima dell’indagine dell’FBI non c’era modo di sapere se Clinton avesse effettivamente cancellato solo le email personali o anche email lavorative. Più precisamente, Clinton aveva consegnato 30.490 messaggi spediti o ricevuti dal suo indirizzo privato, e aveva cancellato altri 31.830 messaggi ritenuti personali. Dopo questa operazione, il server privato su cui si appoggiava l’account di posta elettronica di Clinton era stato “ripulito”: tutti i dati al suo interno erano stati cancellati.
Clinton in questi mesi ha detto che usare il suo indirizzo privato per le cose di lavoro è stato un errore, fatto per una questione di comodità e cioè per non portarsi sempre dietro due smartphone (cosa che secondo lei sarebbe stata necessaria perché il dipartimento di Stato non le permetteva di avere indirizzi email multipli sul BlackBerry fornito dal governo). Questa motivazione però non è mai sembrata molto convincente, perché Clinton viaggia notoriamente con molte cose – lei stessa una volta ha raccontato di portarsi dietro un BlackBerry, un iPhone, un iPad e un iPad Mini – e il suo server privato era stato allestito appositamente nel 2009. Clinton inoltre ha sempre detto di non aver inviato o ricevuto email contenenti informazioni riservate o “top secret” – il livello più alto di segretezza – dal suo indirizzo di posta.
L’FBI stava indagando da mesi proprio su questo aspetto, cercando di capire se informazioni riservate erano state gestite in modo poco sicuro ed esposte al rischio di attacchi informatici, e se la decisione di Clinton fosse stata presa allo scopo di nascondere qualcosa al governo. L’FBI – che ha sentito Clinton e molti suoi assistenti e collaboratori, durante questi mesi – ha concluso la sua indagine e ha detto oggi che Clinton ha usato più di un server privato, cosa che ha complicato l’inchiesta, e che sono state trovate invece 110 email contenenti informazioni riservate al momento dell’invio o della ricezione da parte di Clinton (di queste, 8 conversazioni contenevano informazioni considerate “top secret”). L’FBI ha inoltre trovato – ricostruendole da frammenti di dati, o attraverso altri account – diverse migliaia di email di lavoro di Hillary Clinton che non erano mai state consegnate: ma ha concluso che queste email erano state cancellate periodicamente nel corso degli anni – «come fa qualsiasi persona con la sua casella di posta» – e non appositamente per nasconderle al governo.
L’FBI ha concluso che non ci sono state violazioni della legge o comportamenti volti intenzionalmente a commettere reati o nascondere informazioni al governo, ma che Clinton è stata «estremamente negligente» (“extremely careless”) nella gestione di informazioni molto delicate: il capo dell’FBI, James Comey, ha detto che «qualunque persona ragionevole nella posizione di Clinton o di chi corrispondeva con lei avrebbe dovuto sapere che quell’indirizzo email non era adatto a inviare o ricevere quelle informazioni», e che è «plausibile» che persone o enti «ostili» – hacker, governi stranieri – abbiano potuto avere accesso a quella casella di posta, anche se non ci sono prove di simili intrusioni. «Per quanto ci siano prove di potenziali violazioni delle informazioni», ha detto Comey, «secondo la nostra valutazione non c’è stato niente di intenzionale: nessun procuratore ragionevole sporgerebbe accuse contro qualcuno in una situazione come questa».
La decisione dell’FBI non piacerà ai Repubblicani, e Donald Trump – candidato del partito alle elezioni presidenziali dell’8 novembre – ha scritto su Twitter poco dopo la conferenza stampa che «il sistema è truccato» e che «l’FBI ha detto che quella corrotta di Hillary ha messo a repentaglio la sicurezza nazionale, eppure non sarà accusata. Wow!». Le polemiche saranno particolarmente forti anche perché la settimana scorsa Bill Clinton – marito di Hillary ed ex presidente degli Stati Uniti – ha incontrato informalmente per mezz’ora Loretta Lynch, capo del dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti. Sia Clinton che Lynch erano di passaggio nella stessa città e hanno detto di aver fatto solo quattro chiacchiere, scambiandosi aggiornamenti familiari e storie sui loro nipoti. I Repubblicani però hanno accusato Clinton di voler interferire nell’inchiesta e hanno detto che il governo ha intenzione di proteggere Hillary. Anche per questo Lynch nel giro di 24 ore aveva detto che col senno di poi non avrebbe incontrato di nuovo Bill Clinton e aveva annunciato che il suo dipartimento si sarebbe limitato ad adottare le raccomandazioni dell’FBI a conclusione dell’indagine.