La storia dell’improbabile successo di “La versione di Barney”
Da rileggere per i 15 anni della morte del suo autore, il canadese Mordecai Richler
Il 3 luglio è stato il 15esimo anniversario della morte dello scrittore canadese Mordecai Richler, l’autore di La versione di Barney. Oltre a essere un libro molto divertente e brillante, e ad avere come protagonista il memorabile Barney Panofski (interpretato da Paul Giamatti nel film tratto dal libro nel 2010), La versione di Barney ha una storia incredibile legata all’origine del suo successo in Italia. Fu merito del Foglio, in sostanza. In Italia il romanzo fu pubblicato da Adelphi alla fine del 2000 ed ebbe molto successo nel 2001. All’epoca Richler non era conosciuto come autore e inizialmente il libro non vendette più di un normale buon romanzo di Adelphi. Poi il romanzo cominciò a girare nella redazione del Foglio: quando lo lesse Giuliano Ferrara, allora direttore del giornale, la redazione decise di fare una campagna di mesi – rubriche, citazioni, interviste, anche due o tre articoli al giorno – per far parlare del romanzo. Il libro arrivò a vendere 300mila copie.
In occasione dei quattro anni dalla morte di Richler, Christian Rocca aveva spiegato come andarono le cose. Nel 2010 Rocca ha anche dedicato un libro alla storia e alla nascita del personaggio di Barney, Sulle strade di Barney.
Esattamente quattro anni fa è morto Mordecai Richler, l’autore della Versione di Barney. Era il 3 luglio del 2001. Non ho mai incontrato MR, eppure mi sembra di averci fatto il militare insieme. Non solo perché ho letto i suoi libri, i suoi articoli, i suoi saggi e quasi ogni cosa lo riguardasse. E nemmeno perché ho conosciuto sua moglie e i suoi figli, né perché sono andato a vedere dove è nato, dove è cresciuto e dove ha ambientato le sue storie. Mi sembra di conoscerlo bene anzi benissimo perché il suo Barney Panofsky è la creatura che meglio di ogni altra sintetizza l’essenza del Foglio che state leggendo: un giornale, per usare una famosa espressione barneyana, “totalmente non necessario” eppure, questo lo dico io, formidabile.
Il merito, o la colpa, di questa passione per MR è di chi dirige questo giornale. Ricorderete che Il Foglio (nel 2001 si chiamava ancora così) fece un’inaudita e per certi versi scandalosa campagna a sostegno del libro di Richler. Ogni giorno, per alcuni mesi, pubblicammo recensioni, articoli, rubriche ed estratti di un romanzo che non si può dire non ci fosse piaciuto. Il libro era bello, davvero bello. Migliore di qualsiasi altra cosa avessimo letto negli ultimi anni, anche se su questo punto mi permisi di esprimere un dubbio che il caro direttore ancora mi rimprovera e su cui tornerò dopo. La Versione di Barney era ed è un libro divertente, appassionante, romantico, ruvido, malinconico, politicamente scorretto. E Barney è un personaggio che non ha remore a dire quello che pensa né alcun “timore terrazziale” di diventare una persona indesiderata e socialmente impresentabile. Barney ovviamente era il ritratto del suo autore, sebbene Mordecai Richler per vezzo sostenesse il contrario: “Ero Barney mentre lo scrivevo, ma non prima né dopo”. Eppure è evidente che sarà lui per sempre. Intanto è il suo ultimo romanzo, ed è quello che affronta i temi della malattia e della vecchiaia, quindi della morte. Poi perché è l’unico dei dieci romanzi che MR abbia scritto in prima persona. Tutti i luoghi, tutti gli episodi e tutti i personaggi, con l’eccezione della seconda signora Panofsky, sono ispirati a posti, fatti e gente reale. La prima signora Panofsky, a grandi linee, è Cathy Boudreau, una simpatica e stramba ragazza di Montreal che Richler sposò negli anni Cinquanta. MR non l’amava, almeno così diceva e scriveva. Erano amici, compagni e complici, anche se litigavano sempre. Il motivo era che lei voleva un figlio e lui no, almeno non con lei. Il matrimonio durò quattro anni, fino a quando MR si innamorò della loro amica Florence Wood, a sua volta sposata con Stanley Mann. MR conobbe Florence il giorno precedente il suo matrimonio con Cathy, mentre Barney incontra Miriam il giorno del matrimonio con la seconda signora Panofsky.
MR e Florence avrebbero voluto sposarsi subito, ma dovevano aspettare la risoluzione dei rispettivi matrimoni. Il divorzio a quei tempi era proibito. L’unica possibilità di risoluzione del contratto era l’adulterio. Ma Florence non poteva farsi vedere con altri uomini, viceversa avrebbe perso l’affidamento del figlio Daniel. MR non aveva questo problema, così assunse una professionista, non una prostituta, ma una che faceva la “causa di divorzio” come mestiere. Presero una camera di albergo fuori Londra. Si spogliarono e si misero sotto le lenzuola. Pochi istanti dopo nella stanza fecero irruzione un detective e un fotografo che li colsero ignudi. La pantomima immortalata su pellicola arrivò in tribunale e Mordecai fu di nuovo libero. Per evitare imbarazzi ai conoscenti comuni, Mordecai e Florence lasciarono Londra e si rifugiarono in Italia, a Roma, in via Biferno 3. Quando giunsero le carte del divorzio di Florence, decisero di sposarsi ma non trovarono nessun rabbino disponibile perché Florence era incinta di nove mesi. La cerimonia fu celebrata in una chiesa presbiteriana di Montreal: “Senta, sono entrambi ebrei – disse il testimone di nozze di Mordecai al prete – Please don’t go into Jesus Christ”. Alla cena nuziale, Florence disse a suo marito: “Vado in ospedale. Finisci il tuo champagne e poi vieni in sala parto”. L’indomani nacque Noah.
Anche la prima moglie Cathy in seguito si risposò, poi finì col diventare una suora buddista. Ora voi ve lo immaginate uno come MR accanto a una suora buddista?
In Italia La Versione di Barney fu pubblicata nell’autunno del 2000, ma non ebbe l’istantaneo successo che si meritò successivamente. Il Foglio ne scrisse subito molto bene, nella rubrica Libri, con una recensione di Mariarosa Mancuso. Altri ne scrissero meraviglie. Ma le vendite non superarono la buona routine di simili libri Adelphi.
In quei giorni Mattia Feltri e io comprammo due copie della Versione alla libreria Mondadori che si trova sotto la redazione di Milano. Io la regalai subito a un amico che quella sera compiva gli anni. Mattia cominciò a leggerla la sera stessa, sul treno che lo portava a Bergamo. L’indomani era così entusiasta che mi costrinse a comprarne un’altra copia. Ovviamente lo disse anche al direttore, ma finì lì. Due mesi dopo, il direttore telefonò a Mattia: “Questo è un ordine: devi assolutamente leggere un libro eccezionale…”. Era la Versione di Barney. Da quel momento qualsiasi scritto di Richler o su Richler o di un parente di Richler è diventato notizia di prima pagina per il Foglio, più importante di qualsiasi altra cosa succedesse in Italia o nel mondo. Marco Ferrante ha seguito i coniugi Richler da Roma a Napoli. Sandro Fusina ha scelto ogni giorno alcune frasi del libro da ripubblicare sul giornale. Mariarosa Mancuso ha raccontato ogni aspetto del carattere delle donne di Barney. Andrea Marcenaro ha cominciato a parlare con accento canadese e da quel tunnel non è mai più uscito, come si intuisce dalla sua quotidiana Andrea’s Version.
Poco dopo, il 3 luglio 2001, MR morì.