C’è un lutto dei cani?
No, per quel che ne sappiamo: nonostante ci piaccia pensarlo e tutte quelle storie di cani che vegliano le tombe dei padroni
di Karin Brulliard - The Washington Post
Bear era rimasta seduta nello stesso punto della sua casa a Baltimora per tre giorni o forse di più, senza mangiare, bere o fare i suoi bisogni, secondo il canile che l’avrebbe poi ospitata. Bear, una bastardina di 12 anni con il muso bianco, è stata trovata «stesa fedelmente» al fianco del suo padrone morto a inizio giugno, ha raccontato il canile su Facebook, «in un lutto silenzioso». La storia di Bear – che ha avuto un lieto fine: il cane è stato adottato – è solo l’ultima versione di un racconto globale che colpisce l’immaginario da molto tempo: quello del cane triste e fedele che aspetta invano il suo padrone morto o fuggito.
Negli anni Venti era Hachiko, un cane di razza Akita che ogni sera salutava il suo padrone alla stazione ferroviaria di Tokyo dove, secondo la storia, continuò ad andare ogni giorno per dieci anni dopo la morte dell’uomo. Lo scorso autunno sui giornali si è parlato di un cane russo che ogni mattina si presentava «con precisione svizzera» nell’area accettazione dell’ospedale dove il suo padrone era morto due anni prima, raccontò il sito di news britannico Metro. A marzo è circolata la notizia di un altro cane russo che era rimasto per un anno nel punto in cui il suo padrone era morto per un incidente stradale. Il cane fu ribattezzato «l’Hachiko siberiano». Ad aprile è poi spuntato un «Hachiko ecuadoriano», un cane che si rifiutava di lasciare la casa in cui era morto il suo padrone, distrutta da un terremoto.
Queste storie sono così verosimili da essere state prese in giro dal sito satirico Clickhole, che nel 2014 creò un video che suggeriva che i cani siano in realtà spinti da un interesse più che dal lutto. Il titolo del video era “Questo cane fedele rifiuta di abbandonare una tomba che ha del burro di arachidi sopra”.
In un mondo che ama sempre di più gli animali domestici, l’idea che un cane sia in lutto per il suo padrone è sicuramente suggestiva. Purtroppo però non è sostenuta dalla scienza, almeno per il momento. Il campo che studia se e come gli animali vivano il lutto sta iniziando a svilupparsi, e ci sono sempre più prove che per elefanti, primati e cetacei, come i delfini, sia effettivamente così, racconta l’antropologa Barbara J. King, autrice di How Amimals Grieve (“Il lutto degli animali”), che però ha aggiunto che non esiste ancora una letteratura scientifica sul lutto dei cani.
Alexandra Horowitz, la psicologa a capo del laboratorio di cognizione canina del Barnard College, non esclude l’idea che i cani sentano il lutto. Horowitz, però, interpreta le storie dei cani in stile Hachiko non tanto come prova del lutto di questi animali, quanto piuttosto con un nostro desiderio di vedere le loro azioni attraverso una lente umana, invece di considerare il mondo dal loro punto di vista. «Noi siamo in grado di pensare alla morte e alla nostra condizione di essere mortali, sapendo che se perdiamo una persona non la rivedremo mai più. Non sono sicura che i cani abbiano la stessa concezione. E se così non fosse, il loro lutto sarebbe soggettivamente diverso dal nostro», ha detto Horowitz. È ragionevole pensare che un cane il cui padrone scompare all’improvviso continui a comportarsi seguendo le sue abitudini, ha aggiunto. «I cani non hanno molta scelta: non hanno una vita indipendente e quindi non possono esplorare altri modi per viverla. È il tipo di vita che conoscono da sempre», ha raccontato Horowitz. È solo una questione di abitudine, quindi, «ma è più bello descrivere il loro comportamento come un gesto di fedeltà o di lutto».
Un’immagine di un cane che veglia sulla bara del padrone, che risale al 1850 circa (Photo by Spencer Arnold/Getty Images)
King invece non ha dubbi sul fatto che i cani siano capaci di provare il lutto, e scarta l’idea che sia una visione antropomorfa. Ma per identificare il lutto di un cane con precisione c’è bisogno di più di una foto, un video o un articolo di giornale, ha detto: sarebbe necessario osservare un cane prima, durante e dopo la morte del padrone, e i segni di un «comportamento specifico manifestato esternamente intorno a un corpo o appena dopo la morte», che però potrebbe essere anche sintomo di apatia o astinenza, secondo King. «Questi due livelli iniziali sono spesso saltati dai media, che parlano di lutto troppo frettolosamente. Come possiamo sapere che un cane stia vivendo un lutto e che non sia invece semplicemente un senso di assenza?», ha detto King. «Usare questi termini non significa avere una visione antropomorfa, ma dobbiamo essere prudenti e non parlare di lutto per qualsiasi cosa che in realtà è legata allo stress».
Clive Wynne, un professore di psicologia e direttore del Canine Science Collaboratory dell’Arizona State University, sostiene che sia «innegabile» che i cani possano avere legami profondi con le persone e «soffrire di dolore emotivo». Quello che non è chiaro è quanto questa sensazione possa durare, ha detto Wynne, che dubita possa andare avanti per anni. Wynne ha citato il caso di Greyfriars Bobby, un terrier del Diciannovesimo secolo che era diventato famoso per aver vegliato sulla tomba del suo padrone per 14 anni. La storia fu poi smentita, o perlomeno ridimensionata, da libri che ne hanno messo in dubbio l’accuratezza e sostenevano che il cane era rimasto nel cimitero perché veniva nutrito da visitatori e dipendenti. «I cani cercano in modo straordinario e commovente vicinanza e attenzione, e manifestano affetto», ha raccontato Wynne. «Ma come esseri umani noi non siamo mai contenti. Dobbiamo sempre abbellire tutto, pensando per esempio che se moriamo il nostro cane continuerà ad andare sulla nostra tomba per il resto della sua vita».
Una delle cose fantastiche dei cani, ha detto Wynne, è che creano in fretta nuovi legami: dopo tutto, le organizzazioni per il soccorso degli animali non avrebbero successo se i cani si crogiolassero nella loro tristezza per sempre. Wynne pensa che se dovesse morire il suo cane potrebbe trovare una nuova famiglia rapidamente, mentre «tutte le prove indicano che mio figlio sarebbe segnato per tutta la vita». «È così che funzionano i legami tra gli esseri umani, che sono diversi da quelli dei cani», ha detto Wynne. «Non migliori, semplicemente diversi».
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