Gli argomenti dei possessori di armi
Nel dibattito americano contano molto, eppure se ne parla meno: e non sono tutti irragionevoli come potrebbe sembrare
Nel corso di un’inchiesta pubblicata in capitoli successivi nell’ultima settimana, il Guardian ha spiegato un punto di vista che si legge meno o comunque superficialmente, quando si parla del problema della diffusione delle armi negli Stati Uniti: le opinioni di quelli che le armi le possiedono, e di quelli – non sempre le due categorie si sovrappongono – che sono contrari all’introduzione di maggiori restrizioni e controlli, i cosiddetti “pro-guns” (in inglese “gun” significa “arma da fuoco”). Per ascoltare le ragioni di queste persone il Guardian ha chiesto di poter seguire un raduno della National Rifle Association (NRA), la lobby statunitense che difende i possessori di armi da fuoco, che si è tenuto a Louisville: l’NRA ha negato gli accrediti al Guardian ma la giornalista Lois Beckett ha comunque intervistato alcune delle 80mila persone che hanno partecipato al raduno.
In particolare, Beckett ha fatto molte domande sulle proposte di allargare i controlli preventivi, i cosiddetti “background check”, che sono effettuati per gli acquisti di armi nei negozi anche ad altre occasioni, come alle compravendite di armi tra privati e a quelle nelle fiere.
Anche tra i pro-guns ci sono opinioni diverse in merito alle leggi sulle armi: non tutti i 5 milioni di membri dell’NRA parlano come Wayne LaPierre, il capo dell’associazione. Molte persone intervistate da Beckett si sono lamentate del fatto che gli stessi giornali e programmi tv che raccontano i casi di violenza e le stragi condotte con armi da fuoco parlano raramente dei casi in cui le armi vengono usate per difesa personale.
Ogni anno più di 30mila americani vengono uccisi da un’arma da fuoco; considerando i feriti, il numero sale a quasi 100mila. Secondo il dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, le persone coinvolte in crimini nei quali viene usata un’arma da fuoco (anche se solo mostrata) sono quasi 500mila all’anno. Anche se si tratta di grandi numeri, sono nettamente inferiori ai 300 milioni di pistole possedute da civili negli Stati Uniti: è un fatto che la grandissima parte dei possessori di armi non commetta crimini. Le persone pro-guns con cui Lois Beckett del Guardian ha parlato si sono lamentate di come il loro punto di vista venga sminuito dai giornali e non si considerino questi numeri.
John Correia, membro dell’NRA, ha spiegato anche perché è contrario ai controlli preventivi. Correia ha fatto notare a Beckett che la maggior parte delle armi usate nelle sparatorie in cui sono morte più di 4 persone (i cosiddetti “mass shootings“) sono state comprate nei negozi autorizzati – e quindi l’FBI ha avuto modo di verificare l’identità di chi le ha acquistate – oppure sono state rubate, e dunque maggiori controlli non avrebbero potuto impedirne l’uso. Per questa ragione, secondo Correia e molti altri pro-guns la presenza di controlli aggiuntivi non avrebbe alcun effetto di prevenzione delle sparatorie di massa, ma servirebbe solo a complicare la vita di persone che non vogliono infrangere la legge.
Perché il Congresso non approva le leggi “dettate dal buon senso”?
Spesso sui giornali internazionali si fa notare la presunta assurdità delle posizioni di chi possiede armi negli Stati Uniti, dicendo che basterebbe un po’ di buon senso per capire che maggiori controlli farebbero diminuire la frequenza delle stragi come quella della scuola Sandy Hook di Newtown nel 2012, quella all’Inland Regional Center di San Bernardino del 2 dicembre 2015 o quella di Orlando dello scorso 12 giugno. Eppure il giorno dopo la sparatoria di San Bernardino, il Senato americano ha votato contro una legge che avrebbe impedito alle persone sospettate di terrorismo di comprare armi: 54 senatori Repubblicani si sono opposti alla norma. Lo stesso è successo il 20 giugno, dopo la sparatoria di Orlando. Spesso si sostiene che il Congresso respinga ogni ipotesi di maggiori controlli sulle vendite di armi per via dell’influenza dell’NRA, che ogni anno contribuisce a finanziare centinaia di politici contrari al controllo delle armi, aiutandoli a sostenere le spese delle loro attività politiche ed elettorali. Tutto questo è vero, ma c’è un altro aspetto di cui si parla meno: sono gli stessi elettori ad avere un peso importante nelle questioni relative alle armi.
L’Economist ha spiegato perché l’opinione di chi possiede armi influenza i voti dei senatori. Anche se il 55 per cento degli americani pensa che le leggi sulle armi dovrebbero essere più severe, i possessori di armi da fuoco si impegnano molto di più per difendere il Secondo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti – che stabilisce il diritto dei cittadini di portare armi – e le altre leggi sull’argomento, rispetto a chi vorrebbe introdurre maggiori controlli. Per via del sistema elettorale americano, per cui ogni stato elegge due senatori a prescindere dal numero di abitanti, il voto di chi vive nelle aree rurali meno densamente popolate (dove vivono gran parte dei pro-guns) ha un peso maggiore nelle elezioni dei senatori, che quindi sono molto influenzati dagli elettori che gli chiedono di votare contro le restrizioni sul possesso di armi. I pro-guns sono molto motivati a far sentire le loro opinioni: statisticamente si rivolgono ai loro rappresentanti al Congresso il doppio rispetto agli americani che vorrebbero più controlli sulle armi, e sono circa cinque volte più disposti a finanziare i candidati che appoggiano le loro posizioni. La loro opinione conta così tanto al Congresso perché ci tengono di più, in sostanza. Chi vuole introdurre maggiori controlli si dà da fare molto meno.
Piccole iniziative per ridurre il numero di crimini
Il Guardian ha anche messo insieme una lista di quattro iniziative su scala locale che – in assenza di leggi federali per provare a diminuire il numero di vittime da arma da fuoco – sono riuscite in qualche misura a migliorare la situazione.
1. Per ridurre la violenza degli scontri tra gang di spacciatori, nel 1996 la città di Boston aveva ideato una strategia per creare un cessate il fuoco. Grazie a un’alleanza tra polizia, pubblici ministeri e abitanti delle comunità dei quartieri con un più alto tasso di criminalità, da un lato sono aumentati i controlli sulle attività illegali, dall’altro si è cercato di offrire maggiore assistenza ai giovani. In questo modo il numero mensile di omicidi di ragazzi è diminuito del 63 per cento. La stessa strategia è stata portata avanti in altre città: sul breve termine si è quasi sempre dimostrata efficace.
2. Negli stati in cui sono state introdotte leggi che proibiscono il possesso di armi a chi ha ricevuto una condanna per violenze domestiche, il numero di omicidi commessi con un’arma da fuoco è diminuito. Insomma: non diamo per scontato che tu sia un violento perché vuoi comprare un’arma, ma se sei stato condannato per reati che hanno a che fare con la violenza, un’arma non puoi possederla.
3. Due terzi delle morti per armi da fuoco che avvengono ogni anno negli Stati Uniti sono suicidi. Per evitare questo tipo di morti la stessa NRA si è impegnata in attività di prevenzione con il Gun Shop Project. In alcuni stati, tra cui il Vermont e il New Hampshire, i rivenditori di armi e gli attivisti pro-guns si impegnano a offrire sostegno ad altri possessori di armi in evidente difficoltà, anche proponendo di custodire le loro armi per un po’ di tempo. Di certo male non fa, ma non ci sono dati sull’efficacia o meno di questa iniziativa.
4. Come misure per scongiurare le sparatorie di massa, il Guardian propone due strategie. Da un lato una collaborazione tra polizia, psicologi e scuole per individuare i comportamenti a rischio nei giovani uomini, cioè le persone che solitamente compiono sparatorie come queste. Dall’altro una legge che regoli tanto non la vendita delle armi ma quella delle munizioni, e impedisca di venderne e comprarne in grande quantità. Se un’arma ti serve per difenderti, non avrai bisogno di sparare cento proiettili.