Chi ha vinto e chi ha perso in Spagna
Che cosa rimane delle nuove elezioni politiche di domenica, che hanno lasciato il paese ingovernabile quasi come prima
Domenica 26 giugno si è votato in Spagna per rinnovare le due camere del Parlamento, sei mesi dopo le ultime elezioni che non avevano prodotto alcuna maggioranza. I risultati sono stati sorprendenti, se confrontati con i sondaggi pre-elettorali e con gli exit poll diffusi dai giornali spagnoli subito dopo la chiusura dei seggi: uno dei partiti che erano dati più in difficoltà, il Partito Popolare (PP) del primo ministro uscente Mariano Rajoy, ha migliorato il suo risultato di dicembre, guadagnando 14 seggi rispetto ad allora. Al contrario la forza politica che si pensava potesse fare grandi passi avanti, Unidos Podemos – una coalizione formata da Podemos e dal partito di sinistra Izquiera Unida – ha ottenuto nel complesso gli stessi seggi delle ultime elezioni, in cui i due partiti erano separati, deludendo le enormi aspettative dei suoi sostenitori. Unidos Podemos ha ottenuto 71 seggi.
Il Partito Socialista (PSOE, il più grande partito spagnolo di centrosinistra) è andato maluccio: ha ottenuto 85 seggi, cinque in meno rispetto a dicembre. Ma è in crisi stabile da tempo e il suo leader Pedro Sánchez ha festeggiato comunque: perché ha rafforzato la sua posizione – fino a ieri molto traballante – all’interno del partito e perché è riuscito a evitare il temuto sorpasso di Unidos Pomedos (le previsioni per il PSOE erano disastrose). Se c’è un grande sconfitto – sia in termini di aspettative che di numeri reali – quello è Ciudadanos, il partito di centro guidato da Albert Rivera. Rispetto alle ultime elezioni Ciudadanos ha perso 8 seggi, non riuscendo a sottrarre voti né a destra né a sinistra.
Cosa è successo a sinistra
Il deludente risultato di Unidos Podemos è probabilmente il dato più rilevante delle elezioni di domenica e ha fatto sì che non si verificasse il “sorpasso” ai danni del Partito Socialista (PSOE). Nel corso della campagna elettorale Unidos Podemos ha cercato di presentarsi come alternativa credibile nuova al PSOE per gli elettori spagnoli di sinistra. Negli ultimi mesi lo stesso leader di Podemos, Pablo Iglesias, aveva moderato molto i suoi toni, prima parecchio aggressivi, per dare un’immagine di sé più “presidenziale”. Il tentativo di Podemos però non ha dato l’esito sperato: i voti ottenuti da Unidos Podemos sono stati inferiori alla somma dei voti ottenuti a dicembre da Podemos e Izquierda Unida. Domenica sera lo stesso Iglesias – parlando al teatro Goya di Madrid – ha ammesso che i risultati delle elezioni non sono stati buoni e che ora il suo partito deve riflettere per capire cosa sia andato storto.
El País ha scritto che il problema di Podemos è stato l’alleanza con Izquierda Unida (IU), uno storico partito di sinistra radicale, che non ha portato i voti sperati e che invece potrebbe avere confuso diversi elettori. Fino a pochi mesi fa, Podemos si opponeva a qualsiasi alleanza con Izquierda Unida per il timore di perdere la sua trasversalità, tanto pubblicizzata dai leader del partito. Poi però le cose sono cambiate e Iglesias e Alberto Garzón, leader di IU, hanno annunciato la loro alleanza abbracciandosi in Puerta del Sol, la principale piazza di Madrid.
Francesco Manetto ed Elsa García de Blas hanno scritto su El País: “L’alleanza ha prodotto un insieme di messaggi di difficile incastro o comprensione per gli elettori, che si sono tradotti in un evento di chiusura della campagna elettorale nella quale è stato esaltato il concetto di patria e una rivendicazione del Partito Comunista” (si parla dell’evento che si è tenuto venerdì sera a Madrid Río). Non è chiaro cosa succederà ora a Unidos Podemos: stando a quello che per adesso dicono i suoi leader, l’alleanza continuerà a esistere.
Per come si era messa, al PSOE è andata bene, anche se ci sono segnali molto preoccupanti. I Socialisti hanno peggiorato il già pessimo risultato di dicembre, ma sono riusciti a evitare di essere superati da Podemos, che prima delle elezioni era dato quasi certo. Il problema per il PSOE è che non ha vinto praticamente da nessuna parte e soprattutto ha perso in Andalusia, la comunità autonoma del sud-ovest della Spagna, uno dei luoghi in cui è storicamente più forte. In Andalusia, dove governa il PSOE con Susana Díaz, i Socialisti sono stati superati inaspettatamente dal PP. Il risultato andaluso ha anche un’altra implicazione: dopo gli ultimi risultati deludenti del PSOE la leadership di Pedro Sánchez era stata messa in dubbio all’interno del partito e la persona che più era indicata per prendere il posto di Sánchez al prossimo Congresso era proprio Susana Díaz. Con i risultati di domenica, i rapporti di forza tra i due potrebbero essere cambiati.
Los populares se imponen en cinco de las ocho provincias andaluzas https://t.co/hdlKllA4xP #ELPAIS26J
— EL PAÍS España (@elpais_espana) June 26, 2016
L’inaspettata vittoria del PP e il disastro di Ciudadanos
Né i sondaggi pre-elettorali né gli analisti politici avevano previsto una vittoria del PP, tanto meno di questa portata. Gli stessi dirigenti del principale partito di centrodestra del paese hanno reagito ai risultati con grande stupore ed entusiasmo. Prima delle elezioni si pensava che i Popolari avrebbero finito col perdere diversi consensi, soprattutto per l’ennesimo scandalo che solo pochi giorni fa aveva coinvolto un importante dirigente del partito: il ministro degli Interni, Jorge Fernández Díaz, è stato accusato di avere tentato di costruire delle prove false per colpire alcuni suoi avversari politici. È difficile spiegare un tale aumento dei consensi a favore del PP: guardando i risultati elettorali, sembrerebbe possibile che molti elettori conservatori di Ciudadanos abbiano deciso di spostare la propria preferenza su Rajoy, considerandola un voto “utile” di fronte a quella che si credeva essere una notevole avanzata di Unidos Podemos.
Per Ciudadanos, appunto, è stato un disastro. El Confidencial ha scritto che Rivera non è stato in grado di “mobilitare gli spagnoli moderati” (ha perso 400mila voti rispetto alle elezioni di dicembre). Ciudadanos ha pagato molto gli attacchi del PP in campagna elettorale: in diverse occasioni i leader Popolari hanno detto che dare il voto a Rivera era come “buttarlo nella spazzatura” perché “contava poco”. Dopo la diffusione dei risultati, comunque, Rivera ha detto che è pronto a sedersi a un tavolo con gli altri due partiti cosiddetti “costituzionalisti”, cioè trovare un accordo di governo con PP e PSOE.
E ora?
Le elezioni spagnole erano state convocate per superare l’ingovernabilità dopo le votazioni dello scorso dicembre, ma i risultati non sembrano aver reso più facile la formazione di una maggioranza. Il PP riceverà dal Re l’incarico di formare un governo, ma le cose non saranno semplici.
Nonostante il suo vantaggio sul partito arrivato secondo, il Partito Socialista, non è scontato che il PP riesca a governare. Per raggiungere la maggioranza assoluta (176 seggi) sarà necessario l’appoggio di altri partiti. Tenendo conto solamente dei numeri, l’alleanza più “semplice” sembra essere quella tra i due maggiori partiti tradizionali, Popolari e Socialisti, che potrebbero formare una grande coalizione di governo arrivando, insieme, ad avere 222 seggi. I due partiti però sono da sempre contrapposti e già dopo le elezioni di dicembre il PSOE aveva escluso questa ipotesi preferendo andare a nuove elezioni. In serata, commentando i risultati delle elezioni, Sánchez ha annunciato che non intende aiutare Rajoy e il Partito Popolare a formare un governo.
L’alleato considerato come naturale e più vicino al PP, Ciudadanos, con il 13 per cento dei voti e 32 seggi ha perso 400.000 voti e 8 seggi in Parlamento. Ma il suo presidente Albert Rivera aveva già detto che non intendeva appoggiare un governo del PP senza che ci fosse un “cambiamento”, cioè che se ne andasse Mariano Rajoy, il cui nome è legato a diversi casi di corruzione all’interno del partito. Durante il suo commento ai risultati, Rivera ha ribadito indirettamente questo punto sostenendo che nessuno dovrà mettere le proprie ambizioni personali prima dell’interesse dei cittadini. Inoltre, la sola alleanza PP-Ciudadanos non sarebbe comunque sufficiente a raggiungere la maggioranza: i due partiti insieme arriverebbero a quota 169: negli ultimi due giorni si era parlato della possibilità che il PP si alleasse con Coalición Canaria – il partito nazionalista liberale delle isole Canarie – e il PNV, il partito nazionalista basco. Entrambi comunque hanno detto però di non avere intenzione di formare un governo con il PP e comunque la coalizione sarebbe arrivata a 175 seggi, uno in meno della maggioranza assoluta.
Con questi risultati sparisce lo scenario di una maggioranza formata da un’eventuale alleanza tra Unidos Podemos e Socialisti, anche aggiungendo i seggi degli altri piccoli partiti. Pedro Sánchez del PSOE – una volta fallito il mandato del PP di formare un nuovo governo e dopo aver ricevuto l’incarico del Re – potrebbe cercare di chiudere un accordo a tre, con Ciudadanos e Unidos Podemos raggiungendo una maggioranza di 188 seggi. Anche questa ipotesi era già stata provata, senza successo, lo scorso marzo, per l’opposizione di Podemos di partecipare a una coalizione di governo che includesse anche Ciudadanos. Lo scenario di un governo di sinistra viene comunque dato poco probabile, visti i risultati elettorali, perché significherebbe sottrarre l’incarico di primo ministro a Rajoy, l’unico vincitore vero delle elezioni spagnole del 26 giugno.