Chi era davvero Liberace
La storia del pianista e showman americano e della sua relazione con Scott Thorson, raccontata nel film "Dietro i candelabri" di Steven Soderbergh
Dietro i candelabri, il film di Steven Soderbergh che Rai 3 manderà in onda stasera, racconta la storia della relazione tra Liberace, un eccentrico pianista di origini italo-polacche molto celebre negli Stati Uniti tra gli anni Cinquanta e Settanta, e il suo giovane compagno Scott Thorson, autore del libro di memorie Behind the Candelabra: My Life With Liberace su cui è basata la sceneggiatura del film. Liberace e Thorson, che nel film sono interpretati da Michael Douglas e Matt Damon, ebbero una lunga convivenza, che si concluse con una lunga causa in tribunale terminata poco prima che Liberace morisse per complicazioni legate all’AIDS nel 1987.
Chi era Liberace
Władziu Valentino Liberace era nato nel 1919 a West Allis, nel Wisconsin: la madre era un’attrice di teatro classico d’origine polacca, mentre il padre, Salvatore Liberace, era un artigiano emigrato da Formia che suonava il corno francese per hobby in alcune bande musicali e ogni tanto accompagnava i film del cinema muto, e che incoraggiò la passione per la musica del figlio. Liberace iniziò a suonare il pianoforte a 4 anni e non smise più.
Fin dal periodo tra il 1940 e il 1942, agli esordi della sua carriera, Liberace iniziò a impostare le sue esibizioni in modo del tutto diverso da quelle degli altri pianisti di musica classica: concerti che lui stesso definì “musica classica senza le parti noiose”. Per esempio durante uno spettacolo eseguì una versione di un valzer di Chopin ridotta a soli trentasette secondi. Le sue esibizioni musicali diventarono dei veri e propri show, dove la musica classica veniva reinventata con giochi e parodie, e Liberace iniziò ad interagire col pubblico da vero intrattenitore e a dare sempre maggiore risalto alle scenografie, alle luci e ai costumi.
Liberace divenne celebre presto, con le esibizioni nei night club delle più grandi città degli Stati Uniti degli anni Quaranta, poi a Hollywood, col cinema e la televisione, e infine nei grandi show di Las Vegas costruiti intorno al suo personaggio: vistosi candelabri (il suo segno di riconoscimento) in mostra su pianoforti ricoperti di paillettes, completi di pelliccia, mantelli, pizzi, gioielli pacchiani e giganteschi, grandi scenografie con ballerine vestite di piume e lustrini e Rolls Royce esibite sul palcoscenico.
L’immagine di se stesso che Liberace costruì era kitsch, eccessiva e ambigua dal punto di vista sessuale, ma le sue performance gli assicurarono milioni di fan, e proprio l’ostentazione della sua ricchezza e del suo stile di vita incuriosivano il pubblico americano. Nel 1955 Liberace guadagnava 50 mila dollari alla settimana per i suoi show all’Hotel Riviera di Las Vegas, dove girava con una Rolls Royce a stelle bianche, rosse e blu, viveva in una gigantesca casa di 28 camere a Beverly Hills (dove si era fatto costruire una piscina a forma di pianoforte), e aveva duecento fan club ufficiali sparsi negli Stati Uniti, con 250 mila iscritti. Molti vedevano in lui il figlio di emigrati che si era costruito la sua fortuna col talento e il bravo ragazzo cattolico che abitava con sua madre (e continuò ad abitarci fino alla morte di lei nel 1980).
L’omosessualità di Liberace
Liberace negò fino alla morte di essere omosessuale, e nel corso degli anni continuò a circondarsi di belle ragazze e inscenare relazioni con attrici e donne dello spettacolo per motivi “promozionali”. I primi problemi con la stampa e l’opinione pubblica circa la sua omosessualità arrivarono dall’Inghilterra: nel 1956 in un articolo sul Daily Mirror il giornalista William Connor (sotto lo pseudonimo Cassandra) lo definì “maschile, femminile e neutro” oltre che “il più grande vomito sentimentale di tutti i tempi”. Liberace denunciò il giornale per diffamazione e nel corso della sua deposizione in tribunale a Londra dissedi non essere omosessuale, e che si opponeva all’omosessualità perché questa “offende le convenzioni e la società”. Vinse la causa, ma l’anno successivo anche la rivista americana Confidential sollevò dei dubbi circa il suo orientamento sessuale.
Nel 1982 la questione tornò a essere dibattuta in tribunale, quando Liberace venne citato in giudizio da Scott Thorson, che aveva ventitré anni ed era il suo ex autista di limousine. Liberace lo aveva voluto nei suoi spettacoli e aveva iniziato una relazione con lui nel 1976 (quando Thorson aveva 17 anni), condita da regali, feste faraoniche e viaggi in giro per il mondo. Dopo la fine della relazione – dovuta probabilmente alla promiscuità di Liberace e all’abuso di droghe di Thorson – Thorson gli fece causa per 113 milioni di dollari, pretendendo gli alimenti come una ex moglie, e ottenendo un accordo extra-giudiziale da 95 mila dollari nel 1986. Nel suo libro Thorson racconta di essersi riconciliato con Liberace poco prima della sua morte, nel 1987. La sieropositività di Liberace venne sempre tenuta nascosta al pubblico, e non venne neanche menzionata nel certificato di morte dopo l’autopsia: il medico che la eseguì disse poi che aveva ricevuto pressioni affinché la vera causa di morte non fosse resa pubblica.
La produzione del film
Il regista del film, Steven Soderbergh, era interessato a Liberace da moltissimo tempo: l’aveva visto in televisione da piccolo e ne era subito rimasto affascinato. Solo nel 2007, però, era venuto a conoscenza del libro di Thorson, che gli era sembrato il punto di vista perfetto per raccontare la storia di Liberace. Presentò il progetto per un film a basso budget, con una richiesta iniziale di 5 milioni di dollari, una cifra molto piccola considerato il regista (che ha diretto film di successo come Erin Brockovich e Ocean’s Eleven) e la scelta dei due attori protagonisti, Michael Douglas e Matt Damon. La maggioranza dei produttori e distributori di Hollywood gli disse però che la storia era “troppo gay”: «e questo dopo l’uscita e il successo di un film come I segreti di Brokeback Mountain. Davvero incomprensibile», ha detto Soderbergh. Alla fine il film è stato prodotto dal canale via cavo HBO, che ha finanziato il progetto con 22 milioni di dollari, ed è stato presentato al festival di Cannes nel 2013. Negli Stati Uniti il film è stato trasmesso solo in televisione, mentre in Europa (dove secondo Soderbergh «per certe cose sono molto più avanti di noi americani») è uscito prima al cinema.