Perché Gibilterra vuole restare in Europa?
La cittadina britannica nel sud della Spagna è uno dei posti dove il "Remain" ha vinto con il margine più ampio: perché l'uscita dalla UE causerebbe parecchi guai
A Gibilterra, una piccola città nel sud della Spagna che fa però parte del Regno Unito, al referendum su “Brexit” con cui i cittadini britannici hanno scelto di lasciare l’Unione Europea, hanno vinto quelli a favore della permanenza nell’Unione. Su 33 mila abitanti 19.322 hanno votato “Remain” e soltanto 823 “Leave”. Anche in Irlanda del Nord e in Scozia, hanno vinto i “Remain”, ma in quasi nessun distretto del Regno Unito c’è stato un risultato così netto come a Gibilterra. La ragione è che in caso di “Brexit”, nessuno rischia di rimetterci tanto quanto i suoi abitanti.
Gibilterra è una piccola penisola con una superficie di appena 6,8 chilometri quadrati, gran parte occupati da un montagna piena di tunnel e cunicoli che un tempo costituivano la principale difesa della città. Si trova nella punta meridionale della Spagna, a poche miglia nautiche del Marocco, all’estremità dello stretto che porta il suo nome. Fu occupata dal Regno Unito all’inizio del Settecento e venne rapidamente trasformata in una fortezza e in unq base navale con cui per secoli i britannici hanno controllato l’accesso all’intero Mar Mediterraneo.
Oggi è una piccola cittadina di circa 33 mila abitanti, quasi tutti di lingua inglese e orgogliosamente britannici: nel 2002 a un referendum sulla possibilità di unirsi alla Spagna il 98 per cento degli abitanti votò per rimanere nel Regno Unito. Una delle principali industrie della città è quella del gioco d’azzardo, che, soprattutto negli ultimi anni, ha sfruttato le permissive leggi locali per stabilire in città le sedi di numerosi casinò online e siti di scommesse. Gibilterra gode anche di un regime doganale speciale, che ha trasformato il suo piccolo porto in un’importante stazione di interscambio, dove le navi dirette nel Mediterraneo possono fermarsi e cambiare gli equipaggi senza dover sottostare ai costosi regimi doganali dell’Unione Europea.
Sono attività che in buona parte funzionano proprio perché Gibilterra gode di un regime speciale all’interno dell’Unione Europea e che quindi potrebbero proseguire anche in caso di Brexit. Ma uscire dall’Unione presenterebbe a Gibilterra altri problemi, uno in particolare. Gibilterra ha solo un confine terrestre, con la Spagna, largo poche centinaia di metri e attraversato ogni giorno da circa diecimila cittadini spagnoli che arrivano dalla vicina città di La Linea per lavorare, spesso come domestici o camerieri – il “Campo de Gibraltar”, come gli spagnoli chiamano l’entroterra della penisola, è una delle regioni più povere della Spagna. Ma dal confine non passano solo migliaia di lavoratori, fondamentali per l’economia della città. Passano anche beni e merci, e cittadini inglesi, che hanno proprietà nel sud della Spagna. Se in seguito a un’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea questo confine, oggi aperto e facile da attraversare, dovesse diventare un “hard border”, un vero confine con controlli, lunghe code e difficoltà di accesso, l’intera economia ne risentirebbe. Uno degli slogan nella campagna che tutti i leader politici della città hanno condotto, era semplicemente: «Non abbiamo nessuna ragione per uscire dall’Unione».
A questo bisogna aggiungere che l’uscita dall’Unione Europea riaccenderebbe una questione che non è mai stata completamente dimenticata: il ritorno della penisola sotto la sovranità spagnola. Il giorno dopo il referendum, il ministro degli Esteri spagnolo Jose Manuel Garcia-Margallo ha detto che “Brexit” renderà molto più probabile una soluzione di sovranità condivisa tra Spagna e Regno Unito. Significa, ha detto il ministro, che la bandiera spagnola dovrà tornare a sventolare sulla Rocca e che, dopo un percorso più o meno lungo, la penisola sarà riannessa alla Spagna. Il governo inglese ha immediatamente detto che questa ipotesi non è contemplabile, ma gli abitanti della città sono comunque preoccupati perché sanno quanto la loro città dipende dalla benevolenza degli spagnoli.
Nel 1969, il dittatore Francisco Franco decise di chiudere completamente il confine di La Linea e, per più di un decennio, l’unico modo per arrivare a Gibilterra era via nave o aereo. La città venne sostenuta con l’invio di cibo e altri beni di prima necessità dal Regno Unito. «Non fu molto diverso dal ponte aereo di Berlino», ha raccontato al New York Times il chief minister Fabian Picardo, la più importante carica politica di Gibilterra.
La grande ripresa economica dell’isola arrivò soltanto dopo la fine del blocco, quando la Spagna entrò nell’Unione Europea. Il timore degli abitanti è che con il Regno Unito fuori dall’Europa, qualcosa di simile potrebbe avvenire di nuovo. Non è un’eventualità così remota: nell’estate del 2013, per via di una serie di questioni sui diritti di pesca, gli spagnoli ripristinarono i controlli al posto di confine di La Linea. In poco tempo si formarono code lunghissime e per giorni entrare o lasciare Gibilterra richiese fino a sei ore di attesa sotto il sole. Il timore degli abitanti è che se qualcosa del genere dovesse accadere di nuovo, sarà difficile mostrare la resistenza e lo stoicismo degli anni di Franco. Per molti, a quel punto, la cosa più semplice potrebbe essere rassegnarsi ed accettare le richieste degli spagnoli.