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  • Domenica 26 giugno 2016

Ci sarà un secondo referendum su Brexit?

Neanche per sogno, malgrado la petizione con i milioni di firme, che è un po' diversa da come raccontano i titoli da noi

Tra sabato e domenica ha avuto molte attenzioni in tutto il mondo l’ipotesi che si possa tenere nel Regno Unito un nuovo referendum sul tema dell’uscita dall’Unione Europea – “Brexit” – come a rigiocare la partita del referendum di giovedì. L’ipotesi nasce dalla notizia di una petizione in questo senso che avrebbe raccolto già tre milioni di firme e che potrebbe quindi essere discussa dal parlamento: in realtà i grandi siti di news britannici la trattano solo marginalmente, ma l’idea è così suggestiva che per esempio i siti di news e i giornali italiani le danno tuttora grande spazio tra le prime notizie. Questo è invece quello che ne scrive più chiaramente un articolo sul sito di BBC:

Un dibattito parlamentare è un buon modo di alzare il livello di una discussione legislativa ma non ne deriva automaticamente una modifica alla legge.
Il fatto che più di un milione e mezzo di persone abbia firmato una petizione che chiede un secondo referendum ha attratto molta attenzione, ma la richiesta ha zero possibilità di essere accolta.

Il numero dei firmatari è già di molto cresciuto da quel milione e mezzo, anche se domenica pomeriggio sono nati dei dubbi sulla fondatezza delle cifre: la commissione parlamentare che si occupa delle petizioni ha detto di aver eliminato 77mila firme dalla petizione, perché erano state inserite da persone che non vivono nel Regno Unito. La commissione ha detto anche che continuerà a controllare la raccolta firme, per verificare che non ci siano brogli.

Cos’è esattamente la petizione
Non è una qualunque petizione online di quelle che prosperano con limitatissimi esiti concreti da quando internet offre questo tipo di servizi attarverso siti appositamente costruiti: in questo caso è il parlamento britannico che offre questo strumento ai cittadini per presentare le loro istanze – anche con una pagina online – e si impegna a discuterle quando ottengano almeno centomila firme (e il governo a rispondere se ce ne sono diecimila). È insomma una petizione “ufficiale”, si può dire, anche se per firmare è sufficiente fornire un proprio indirizzo di posta elettronica.

E cosa dice esattamente
Non chiede un secondo referendum, come è stato sbrigativamente riportato da alcuni articoli: era stata inserita sul sito delle petizioni lo scorso 25 maggio da William Oliver Healey (con intenzioni opposte a quelle per cui sta riscuotendo grande successo ora, come ha spiegato lui stesso) per chiedere una modifica alla legge su questo specifico referendum che ne stabilisse un quorum piuttosto rigido. Il testo chiedeva che nel caso che i votanti fossero stati meno del 75% fosse necessaria una vittoria con almeno il 60% per convalidare il risultato, altrimenti si sarebbe dovuto tenere un nuovo referendum. Quegli obiettivi non sono stati in effetti raggiunti (votanti 72,2%, “leave” vincente 51,9%).

Quindi, per capirsi, diciamo che se la petizione fosse stata a suo tempo discussa dal parlamento – ma fino al giorno dopo il referendum aveva raccolto appena 22 firme – e avesse portato rapidamente a un’approvazione delle sue richieste (ipotesi implausibile per molte ragioni concrete), il referendum di giovedì non sarebbe stato valido e se ne dovrebbe tenere un secondo.

Quindi la petizione può portare a un nuovo referendum?
No.
Ma no. Proprio no.
Come appunto dice BBC: “zero possibilità”.
Se non altro perché persino nell’implausibile caso di un accoglimento del suo principio, si riferisce a un caso già avvenuto, e qualunque decisione non potrebbe avere valore retroattivo. Al massimo può generare un interessante e proficuo dibattito politico sui rischi di un referendum di questo tipo senza quorum e a interventi legislativi per il futuro.

E allora non succederà niente?
Martedì si riunirà la commissione dedicata alla petizioni e deciderà che tipo di risposta dare a questa petizione. Un’altra petizione che ha raggiunto un numero molto elevato di firme chiede poi che la città di Londra si renda indipendente dal Regno Unito e aderisca all’Unione Europea, un po’ come ci si aspetta che possa fare la Scozia, ma molto più irrealisticamente (Londra e Scozia sono le due aree in cui sono stati di più i voti a favore del “Remain).
Probabilmente ci sarà una discussione e una riflessione politica sul quorum nel referendum, e potenziali future modifiche alle leggi.
Nel frattempo, tutte le conseguenze del referendum di giovedì proseguiranno i loro sviluppi, indifferenti alla petizione di Healey.