Le prime elezioni in Europa dopo “Brexit”
Si terranno domenica in Spagna e ancora non si capisce bene chi uscirà premiato dalla decisione del Regno Unito di uscire dalla UE
Domenica 26 giugno ci saranno le prime elezioni in Europa dopo “Brexit”, cioè dopo che il Regno Unito ha deciso con un referendum di lasciare l’Unione Europea. Le elezioni si terranno in Spagna, un paese che negli ultimi mesi ha attraversato diverse crisi politiche e che è senza un governo dal dicembre scorso. La vittoria del “Leave” è stata completamente inaspettata tanto in Spagna quanto nel resto d’Europa, e non è ancora chiaro se e come possa influire sul risultato finale delle elezioni di domenica. Di certo c’è che i leader dei quattro principali partiti politici spagnoli hanno reagito con molta prudenza e cautela e si sono detti tutti dispiaciuti della decisione del Regno Unito di lasciare l’Unione Europea (anche se con toni un po’ diversi).
Necesitamos estabilidad. Por encima de todo, seguiremos defendiendo los intereses de los españoles y una mayor integración europea #Brexit
— Mariano Rajoy Brey (@marianorajoy) June 24, 2016
Mariano Rajoy, primo ministro uscente e leader del Partito Popolare:«Abbiamo bisogno di stabilità . E prima di tutto, continueremo a difendere gli interessi degli spagnoli e una maggiore integrazione europea»
El #Brexit es un duro golpe para la Unión Europea pero no irreversible. Debe ser un acicate para una mayor integración. #PedroSánchezEnLaSer
— Pedro Sánchez (@sanchezcastejon) June 24, 2016
Pedro Sanchez, leader del Partito Socialista Operaio Spagnolo:«#Brexit è un duro colpo per l’Unione europea , ma non irreversibile. Dovrebbe essere un incentivo per una maggiore integrazione»
Día triste para Europa. Debemos cambiar de rumbo. De una Europa justa y solidaria nadie querría irse. Tenemos que cambiar Europa
— Pablo Iglesias 🔻{R} (@PabloIglesias) June 24, 2016
Pablo Iglesias, leader di Podemos: « È un giorno triste per l’Europa. Dobbiamo cambiare rotta. Nessuno avrebbe lasciato un’Europa giusta e solidale. Abbiamo bisogno di cambiare l’Europa»
Lamento la decisión de #ReinoUnido de abandonar el proyecto común. El miedo y el rencor venció a la oportunidad. Ahora toca más Europa.
— Albert Rivera (@Albert_Rivera) June 24, 2016
Albert Rivera, leader di Ciudadanos: «Mi dispiace della decisione del Regno Unito di abbandonare il progetto comune. La paura e il risentimento hanno vinto sull’opportunità. Ora facciamo più Europa»
La situazione politica in Spagna è molto equilibrata: ci sono due partiti tradizionali – il Partito Popolare (PP), di orientamento conservatore e che è attualmente al governo, e il Partito Socialista (PSOE), il principale partito di centrosinistra finora – e due partiti di formazione molto recente – Ciudadanos, di centro, e Podemos, alleato con partiti di sinistra. Stando ai sondaggi circolati in questi giorni, dopo le elezioni di domenica il primo partito dovrebbe essere di nuovo il PP, il cui leader è l’attuale primo ministro Mariano Rajoy. Podemos, che poche settimane fa ha creato un’alleanza elettorale con Izquierda Unida (una coalizione di partiti di sinistra, tra cui il Partito Comunista spagnolo), dovrebbe riuscire a superare il PSOE e diventare così la seconda forza politica della Spagna (per il PSOE sarebbe una disfatta). Così almeno sembrava fino a pochi giorni fa.
Diversi giornali spagnoli hanno scritto che “Brexit” potrebbe in qualche modo favorire i due partiti più tradizionali, che sarebbero per molti elettori una scelta più prudente e sicura rispetto per esempio a Podemos, un partito che in passato è stato molto critico verso l’Unione Europea. La scelta verso PP e PSOE potrebbe essere anche influenzata dal crollo di oggi delle Borse: per esempio El Español, quotidiano online di centro, ha scritto che il panico che si è diffuso questa mattina potrebbe spingere molte persone a votare «spinte dalla paura», ma ha aggiunto anche che «non si può dire niente con certezza». Perché potrebbe anche succedere l’opposto: potrebbe cioè crearsi una specie di “effetto emulazione” del voto nel Regno Unito. In Spagna non si tratterebbe però di “emulazione” riguardo alla volontà di lasciare l’Unione Europea: nessuno dei quattro partiti principali è favorevole all’uscita dalla UE e non esiste nel paese un partito di destra radicale forte come UKIP nel Regno Unito, dichiaratamente euroscettico e a favore dell’indipendenza. Si parlerebbe piuttosto di emulazione di un voto di protesta e di rottura con l’attuale classe politica.
C’è però da considerare un’altra variabile. Tra martedì e mercoledì in Spagna è finito sulle prime pagine di tutti i giornali l’ennesimo scandalo che ha colpito il PP. Il ministro degli Interni, Jorge Fernández Díaz (PP), è stato accusato di avere tentato di costruire delle prove false per colpire alcuni dirigenti di Esquerra Republicana de Catalana (ERC) e Convergència Democràtica de Catalunya (CDC), due partiti indipendentisti della Catalogna. Negli ultimi due giorni il PP ha negato tutte le accuse ma secondo molti non è stato in grado di dare delle spiegazioni convincenti per giustificare quanto successo. Quello che ha coinvolto Fernández Díaz è solo l’ultimo di una serie di scandali di corruzione che hanno colpito il PP negli ultimi anni.
Se da una parte “Brexit” potrebbe quindi favorire leggermente i partiti più tradizionali, dall’altra lo scandalo su Fernández Díaz sembra andare in direzione opposta. Se si aggiunge anche la crisi di consensi che sta attraversando il PSOE – che rispetto alle ultime elezioni viene dato ancora più indietro dai sondaggi – è evidente come sia difficile fare delle previsioni sulle elezioni che si terranno domenica in Spagna.