Trump sta facendo soldi con la campagna elettorale
Il suo comitato elettorale ha speso il 10 per cento delle donazioni ricevute per pagare servizi offerti dalle sue aziende
Donald Trump, candidato del Partito Repubblicano alla presidenza degli Stati Uniti, ha speso circa 6 milioni di dollari del suo comitato elettorale per pagare servizi offerti dalle sue stesse società, o da quelle di membri della sua famiglia. Come si può leggere dai documenti ufficiali che elencano le spese sostenute dalla campagna elettorale di Trump, circa 350mila dollari sono stati spesi per affittare aerei della Tag Air, la compagnia di jet privati di Trump; 423mila dollari sono invece stati spesi per affittare Mar-a-Lago, un resort a Palm Beach, in Florida, che appartiene a Trump. 30mila dollari sono stati spesi per affittare il Trump International Golf Club, 70mila per la Trump Tower di New York, e 5mila per acquistare vino dalla compagnia produttrice di suo figlio Eric. La notizia, di cui si stanno occupando in questi giorni i giornali americani, ha provocato la diffusione dell’hashtag #TrumpSoPoor su Twitter, ed è stata commentata anche dalla candidata Democratica Hillary Clinton, che ha scritto: «In cosa sta spendendo Trump le sue magre risorse? In se stesso, ovviamente».
What is Trump spending his meager campaign resources on? Why, himself, of course. https://t.co/6LsNwf4gTL
— Hillary Clinton (@HillaryClinton) June 21, 2016
Dall’inizio della campagna elettorale per le elezioni presidenziali americane del prossimo novembre, Clinton ha raccolto circa 300 milioni di dollari in donazioni; Trump ne ha raccolti circa 60 milioni. Trump si è sempre vantato per le ridotte spese della sua campagna, fin dall’inizio delle primarie, quando pur spendendo molto meno di avversari Repubblicani come Jeb Bush e Ted Cruz otteneva più voti nella maggior parte degli stati. La principale ragione per la quale Trump ha speso così pochi soldi è che non ne ha avuto bisogno, almeno fino a qualche mese fa: la sua celebrità, la sua eccentricità e le sue continue provocazioni gli hanno garantito una copertura mediatica – in televisione, sui giornali e sui siti di news – straordinariamente maggiore rispetto agli altri candidati. In questo modo Trump non ha avuto bisogno di spendere molti soldi in spot elettorali in televisione, perché in televisione si parlava già di lui durante i telegiornali, e nemmeno nella costruzione di un’organizzazione territoriale capillare.
All’inizio Trump ha finanziato autonomamente la propria campagna elettorale. Da qualche tempo però ha iniziato a raccogliere donazioni: soprattutto perché la campagna contro Clinton sarà molto più costosa di quella per le primarie, ma anche per coltivare rapporti con i finanziatori del Partito Repubblicano. Nel mese successivo alla vittoria delle primarie, però, Trump ha raccolto solo 3,1 milioni di dollari; nell’ultimo mese Clinton ha raccolto invece circa 27 milioni. All’inizio di giugno la campagna elettorale di Trump aveva a disposizione 1,3 milioni di dollari: meno di quelli di cui dispongono alcuni candidati al Congresso degli Stati Uniti per le loro campagne elettorali.
Recipients of payments from Trump campaign with “Trump” in name, through May 31. Doesn’t include Mar-a-Lago/planes. pic.twitter.com/JF6skaWYGF
— Derek Willis (@derekwillis) June 21, 2016
Il fatto che Trump stia spendendo circa il 10 per cento dei soldi raccolti per la campagna elettorale in società di sua proprietà potrebbe fare arrabbiare i suoi finanziatori. Non è illegale, e per legge i comitati elettorali devono pagare i servizi acquistati al loro prezzo di mercato, anche se le società che li forniscono appartengono allo stesso candidato (altrimenti Trump sarebbe molto avvantaggiato rispetto a Clinton, potendo usufruire gratuitamente per esempio di un vasto patrimonio immobiliare). Alcuni finanziatori del Partito Repubblicano, però, potrebbero non essere d’accordo con il fatto che i soldi che donano alla campagna di Trump siano usati per pagare le sue stesse società.
Bill Dal Col, che fu campaign manager del candidato Repubblicano Steve Forbes – anche lui tra i più ricchi imprenditori americani – alle elezioni del 1996 e del 2000, ha spiegato ad Associated Press che proprio per evitare problemi del genere Forbes decise di non utilizzare servizi delle proprie società. Anche l’ex sindaco di New York Michael Bloomberg fece così, hanno spiegato ad AP degli ex membri del suo staff. E c’è un altro problema: Trump ha finanziato inizialmente la sua campagna elettorale con un prestito di 46 milioni di dollari che si è fatto da solo (o meglio: Trump li ha prestati al suo comitato elettorale). In teoria, Trump potrebbe ripagarsi il debito con i soldi raccolti dai finanziatori, anche se ha promesso che non lo farà.