Chiara Appendino e le dimissioni di Profumo
Il primo caso affrontato dalla nuova sindaco di Torino riguarda le nomine in una delle più ricche e potenti fondazioni bancarie del paese
Sui giornali di oggi, dopo l’esito dei ballottaggi delle elezioni amministrative, diversi articoli si occupano del nuovo sindaco di Torino, Chiara Appendino, e di Francesco Profumo, ex ministro dell’Istruzione e ex rettore del Politecnico. «Appendino apre il caso San Paolo», scrive per esempio il Corriere della Sera. Oggi Profumo è presidente e membro del comitato di gestione della Compagnia di San Paolo, una ricca e influente fondazione bancaria molto radicata in città, e proprio la sua nomina aveva fatto molto discutere.
La Compagnia di San Paolo è una delle più potenti fondazioni bancarie del paese e controlla poco più del 9 per cento del capitale di Intesa San Paolo. Il Corriere scrive che «alla fine del 2014 il valore di mercato del suo portafoglio di attività finanziarie ammontava a 6,7 miliardi di euro». La Compagnia è anche il principale finanziatore privato del comune di Torino: finanzia attività di ricerca, istruzione, cultura e politiche sociali. La Compagnia è gestita dal consiglio generale. I componenti di questo consiglio e il presidente hanno un mandato di quattro anni e sono scelti da esponenti degli enti locali, delle istituzioni economiche e culturali: due vengono indicati dal comune di Torino.
La storia tra Appendino e Profumo era cominciata durante la campagna elettorale, quando Appendino aveva criticato il sindaco uscente del PD Piero Fassino perché a cinquanta giorni dal voto aveva indicato Francesco Profumo come componente e presidente della Compagnia di San Paolo. Appendino aveva detto che era stata una scelta «lesiva della sovranità democratica» e che le istituzioni devono essere «indipendenti e neutre indirizzando la propria azione verso il bene comune»: e aveva promesso che se avesse vinto avrebbe istituito «il semestre bianco», in modo che per i sindaci diventasse impossibile negli ultimi sei mesi di mandato fare nomine pubbliche. La decisione di Fassino era stata criticata, prima che da Appendino, anche dal candidato della sinistra Giorgio Airaudo.
Subito dopo aver vinto le elezioni, Appendino ha detto che «chi ha fatto scelte che non condivido, come aumentarsi lo stipendio (ci arriviamo, ndr), dovrebbe fare un passo indietro» e che la nomina di Profumo «è stata una scelta non condivisa. Il presidente (della Compagnia, ndr) saprà cogliere le esigenze della nuova amministrazione e trarne le conseguenze».
Tra i primi atti del nuovo consiglio generale guidato da Profumo ci fu l’aumento di 400 mila euro della cifra destinata alle spese di gestione degli organi stessi della Compagnia, che è passata dunque da 1,4 milioni a 1,8 milioni di euro. La Compagnia precisò però che non c’era intenzione di alzare lo stipendio del presidente o dei consiglieri, ma che l’aumento serviva per le retribuzioni di alcuni esperti per la stesura del piano strategico della fondazione, che per la prima volta alcuni membri avrebbero dovuto spostarsi dall’estero e che gli organi avrebbero dovuto riunirsi più spesso rispetto al passato.
La Compagnia aveva risposto inoltre con un comunicato, spiegando che «solo quattro dei 17 componenti del Consiglio generale vengono indicati da istituzioni politiche elettive» e che è vero che per tradizione è il comune di Torino a indicare il presidente ma «senza alcun riferimento allo Statuto», che anzi prevede che la competenza spetti «esclusivamente» al Consiglio generale. La Compagnia dice anche che «ridurre il processo di nomina dei vertici a una mera questione di indicazioni politiche e di applicazione dello spoil system rappresenta un punto di vista non rispondente alla realtà delle regole e dei comportamenti: la Compagnia ha potuto essere partner leale e affidabile di tutte le istituzioni, di volta in volta governate da diversi colori politici, proprio perché è un ente autonomo». Appendino non ha alcun potere sulle dimissioni di Profumo, ma potrà indicare una propria persona di fiducia come consigliere.