Perché i tifosi russi sono così violenti?
Gli scontri che hanno coinvolto gli “hooligan” russi agli Europei hanno cause note e precise, radicate nella cultura calcistica del paese
Durante gli Europei di calcio che si stanno svolgendo in Francia, ci sono stati scontri molto estesi e violenti tra i tifosi russi e quelli inglesi. La prima volta è accaduto a Marsiglia, prima della partita Russia-Inghilterra e poi all’interno dello stadio Velodrome. Questa settimana ci sono stati nuovi scontri a Lille nel nord della Francia, prima della partita tra Russia e Slovacchia. In tutto, più di una cinquantina di persone sono rimaste ferite, soprattutto tra gli inglesi, mentre 43 tifosi russi sono stati arrestati. In questi giorni, diversi giornali internazionali hanno scritto che gli scontri sono stati una specie di passaggio di testimone tra la tifoseria un tempo considerata più violenta, quella inglese, e quella di una nuova generazione: gli “hooligan” russi.
La UEFA, l’organo di governo del calcio europeo, ha già multato la federazione di calcio russa per 150 mila euro e ha deciso una “squalifica sospesa” della nazionale russa dopo le violenze di Marsiglia. Se venisse messa in atto, l’espulsione della Russia sarebbe molto problematica da gestire, visto che il paese ospiterà i prossimi mondiali del 2018. Ma l’arresto dei tifosi russi ha anche causato un piccolo caso diplomatico. Mentre la federazione di calcio russa si è scusata per il comportamento dei suoi tifosi, Sergei Lavrov, il ministro degli Esteri della Russia, ha detto che i tifosi inglesi hanno “provocato” quelli russi: «Non possiamo chiudere gli occhi di fronte al fatto che [i francesi, ndr] stiano tentando di ignorare le azioni del tutto provocatorie dei tifosi di altri paesi». Lavrov si è anche lamentato dell’arresto dei 43 tifosi russi sospettati di essere coinvolti nei violenti scontri dello scorso fine settimana a Marsiglia e ha convocato l’ambasciatore francese a Mosca per chiedere dei chiarimenti sull’atteggiamento delle autorità francesi.
Lavrov non è l’unico politico russo a sostenere questa tesi: molti tra deputati, politici e funzionari più o meno importanti, hanno giustificato gli hooligan russi, oppure hanno detto, in sostanza, che hanno fatto bene a comportarsi così. Vladimir Markin, portavoce del Comitato investigativo, una specie di FBI russa, ha twittato: «Quando vedono un uomo normale che si comporta come dovrebbe – [gli europei, ndr] restano sorpresi, perché sono abituati a vedere gli uomini nei gay pride». In Russia esiste una certa tolleranza per gli eccessi delle tifoserie, soprattutto per quelle delle grandi squadre di Mosca. Si tratta di gruppi spesso legati all’estrema destra nazionalista, che rappresenta un importante bacino di consenso del presidente Vladimir Putin. Alexander Shprygin, un noto attivista di estrema destra fotografato in passato mentre faceva il saluto nazista, è ufficialmente accreditato con la delegazione della federazione russa. Secondo diversi esperti, scrive il Guardian, Shprygin è stato uno dei principali responsabili dell’introduzione dell’ideologia neonazista in molti gruppi di ultras russi, nel corso degli anni Novanta.
Ma oltre alle coperture e alla complicità della politica c’è dell’altro. James Appel, un giornalista che vive a Mosca e che ha seguito il calcio russo per quasi un decennio, ha dedicato al tema degli hooligan russi un articolo su Foreign Policy. Appel, che è britannico, scrive che il tifo russo è costituito soprattutto da maschi bianchi che appartengono alla classe lavoratrice e che vivono in una cultura che spesso incentiva il tipo di violenza che si è vista in Francia. È una cultura, scrive Appel, simile a quella diffusa in diversi ambienti delle tifoserie calcistiche europee un paio di decenni fa, prima che i nuovi regolamenti, gli stadi progettati per essere più sicuri e la “commercializzazione” del tifo iniziassero ad attrarre negli stadi anche persone culturalmente e socialmente diverse. Appel si riferisce soprattutto ai cambiamenti avvenuti nel calcio inglese, che in questo senso ha fatto più progressi di quello, ad esempio, italiano.
È difficile che questa situazione possa cambiare, scrive Appel, visto che in Russia in pochi sembrano intenzionati a migliorare il clima di violenza tipicamente diffuso negli stadi. I problemi del calcio russo hanno anche ragioni economiche: le squadre russe ottengono una percentuale bassissima dei loro incassi dalla vendita dei biglietti, e secondo una ricerca dell’agenzia Interfax nel 2013 una squadra di calcio russa può arrivare a spendere l’equivalente di un anno di biglietti soltanto in compensi per i procuratori dei giocatori. Ancora più che in Italia, la quasi totalità dei guadagni delle squadre deriva dalla vendita dei diritti televisivi e dalle sponsorizzazioni. Il risultato è che pochissimi club investono negli stadi, o si preoccupano del benessere dei loro tifosi. Guardare una partita in Russia è un’esperienza de-umanizzante, scrive Appel, anche a causa dell’atteggiamento delle autorità.
La strategia per evitare disordini adottata in Russia è semplice: ogni partita è sorvegliata da migliaia di reclute dell’esercito armate di manganelli. Prima dell’inizio del match, i militari formano un corridoio dalla più vicina fermata della metro o parcheggio di autobus, fino all’ingresso dello stadio. I tifosi, sia la minoranza violenta, sia quelli che vogliono soltanto vedere la partita, vengono fatti passare attraverso questo lungo e intimidatorio percorso, a volte lungo più di un chilometro. Una volta dentro, soltanto il settore di chi gioca in casa è sorvegliato, mentre gli ospiti sono sostanzialmente lasciati a sé stessi. Appel racconta di una volta in cui durante una partita scoppiò un incendio nel settore degli ospiti. Per spegnerlo, gli idranti in campo vennero direzionati sugli spalti, senza curarsi molto di cosa colpivano.
È una situazione che scoraggia famiglie e normali tifosi a recarsi allo stadio e che inoltre non serve molto a ridurre la violenza. Spesso i tifosi si organizzano per scontrarsi poco lontano dagli stadi, lontano dagli occhi delle migliaia di militari inviati a sorvegliarli. Nel 2013, venne ripreso uno scontro di questo tipo tra tifosi dello Spartak Moscow e quelli dello Zenit St. Petersburg. Polizia e militari non sembrano avere problemi quando le violenze tra opposte tifoserie avvengono in quartieri residenziali, lontano dagli stadi.
Gli scontri di questi giorni secondo diversi esperti rischiano di essere solo una piccola anticipazione di quello che succederà in Russia nel 2018, quando nel paese si giocheranno i Mondiali di calcio. Il programma prevede la costruzione di 11 nuovi stadi. Sarà certamente un progresso rispetto ai decrepiti impianti di oggi, ma se questo sarà in grado di cambiare la cultura dei tifosi russi, conclude Appel, «resta tutto da vedere».