Il primo computer della storia
È il Meccanismo di Anticitera, scoperto all'inizio del Novecento e inventato dai greci 2100 anni fa: e riserva ancora qualche sorpresa
di Sarah Kaplan – The Washington Post
A guardarlo, il “reperto 15087” non sembrava un granché, specialmente se confrontato con le altre meraviglie rinvenute nel 1901 dal relitto di Anticitera, in Grecia: gli scavi subacquei avevano portato alla scoperta di magnifiche sculture di bronzo, collane in stile decadente, e una serie di monete antiche. Nessuno avrebbe immaginato che in mezzo a tutto questo splendore, la scoperta che avrebbe affascinato gli scienziati per oltre un secolo sarebbe stato un macchinario rovinato di bronzo, grande quanto una scatola da scarpe, con iscrizioni a malapena leggibili e ingranaggi corrosi e coperti dal calcare.
«Questo piccolo insieme di metallo distrutto e corroso contiene abbastanza informazioni da riempire diversi libri che parlano di tecnologia e scienza dell’antichità, e sull’influenza che ebbero nella cultura del tempo», spiega Alexander Jones, uno storico che si occupa di scienza antica all’Institute for the Study of the Ancient World della New York University. «È difficile mettere in discussione il fatto che questo sia l’oggetto dell’antichità che contiene il maggior numero di informazioni mai scoperto dagli archeologi». Jones fa parte di un gruppo internazionale di astronomi, storici e archeologi che negli ultimi dieci anni hanno collaborato per decifrare i molti misteri del Meccanismo di Anticitera. I risultati del loro studio – che comprendono il testo della lunga “etichetta” esplicativa scoperta grazie a un esame ai raggi X – sono stati pubblicati di recente in un numero speciale della rivista scientifica Almagest, che si occupa di storia e filosofia della scienza. Le scoperte degli scienziati migliorano in modo significativo la nostra comprensione delle origini e dello scopo dello strumento – ha raccontato Jones – e offrono indizi su dove possa essere stato realizzato e da chi, oltre che sul modo in cui veniva usato. Per usare le parole di Associated Press, il Meccanismo di Anticitera assomiglia sempre di più a una specie di «guida alla galassia di un filosofo», usata come strumento didattico, status symbol, e come elaborata celebrazione delle meraviglie della scienza e della tecnologia dell’antichità.
Quando fu costruito, 2.100 anni fa, il Meccanismo di Anticitera era un complesso strumento rotante con un funzionamento simile a quello di un orologio, con almeno trenta ingranaggi di bronzo dotati di migliaia di piccoli denti che si incastravano l’uno con l’altro. La macchina era azionata da una sola manovella ed elaborava modelli estremamente precisi sul passaggio del tempo e sui movimenti dei corpi celesti; aveva quadranti che calcolavano i giorni di almeno tre calendari diversi, e un altro che poteva essere usato per calcolare le date delle OIimpiadi; il quadrante anteriore conteneva al suo interno lancette che ruotando rappresentavano le stelle e i pianeti e indicavano la loro posizione rispetto alla Terra; un piccolo modello colorato della Luna, infine, ruotava intorno a un asse lungo e sottile, colorandosi di bianco e di nero per imitare le fasi di Luna crescente e calante.
Nel loro insieme, queste parti mobili creavano uno strumento decisamente più avanzato rispetto anche al macchinario più sofisticato mai trovato risalente all’antica Grecia: non sarebbe apparso niente del genere fino al XIV secolo, quando in Europa furono costruiti i primi orologi a ingranaggi. Per i primi cinquant’anni dopo la sua scoperta, gli studiosi credevano che il Meccanismo di Anticitera dovesse essere più semplice di quanto sembrava, una sorta di astrolabio, per esempio. Com’era possibile che i greci avessero sviluppato la tecnologia necessaria per creare uno strumento così preciso – praticamente perfetto – che era poi scomparsa per 1.400 anni?
La risposta arrivò quando Derek de Solla Price, un fisico e storico della scienza della Yale University, decise di visitare il Museo archeologico nazionale di Atene per dare un’occhiata all’enigmatico strumento. In uno studio pubblicato nel 1959 nella rivista Scientific American, Price ipotizzò che il Meccanismo di Anticitera fosse in realtà il primo esempio conosciuto di “computer” del mondo, in grado di calcolare eventi astronomici e di illustrare il funzionamento dell’universo. Price passò i successivi 25 anni a spiegare dettagliatamente come le diverse funzioni dello strumento potessero essere dedotte dalle interazioni tra i suoi ingranaggi, che si concatenavano in modo intricato. «In nessun altro posto è conservato uno strumento del genere. Non ci sono testi scientifici o riferimenti letterali che parlano di qualcosa di paragonabile», scrisse Price.
Price non aveva completamente ragione: Cicerone aveva scritto di uno strumento realizzato dallo studioso del I secolo a.C. Posidonio di Rodi, che «a ogni rivoluzione riproduceva gli stessi movimenti del Sole, della Luna e di cinque pianeti che ogni giorno e notte avvengono nel cielo». È anche vero, però, che l’esistenza del Meccanismo di Anticitera ha messo in discussione tutte le teorie degli scienziati sulle capacità degli antichi greci. «Spaventa un po’ sapere che poco prima del declino della loro grande civiltà, gli antichi greci si fossero avvicinati così tanto alla nostra epoca non solo nel pensiero, ma anche dal punto di vista della tecnologia scientifica», spiega Price.
La tecnologia disponibile all’epoca di Price, tuttavia, era tale da rendere impossibile le risposte a molte domande fondamentali sullo strumento, visto lo stato delle antiche lastre e degli ingranaggi: molti dei meccanismi interni erano bloccati o corrosi, e le iscrizioni erano sbiadite o coperte da alcune placche che erano state schiacciate l’una contro l’altra. Lo sviluppo delle tecnologie per le scansioni a raggi X e di quelle di imaging hanno permesso finalmente agli studiosi di poter guardare sotto le superfici calcificate dello strumento.
Per analizzare il Meccanismo di Anticitera sfruttando le nuove tecnologie, una decina di anni fa un gruppo eterogeneo di scienziati ha creato l’Antikythera Mechanism Research Project (AMRP). I primi risultati del gruppo – che hanno permesso di capire alcuni dei complessi meccanismi interni dello strumento – convinsero Jones a partecipare al progetto. Jones, che parla fluentemente il greco antico, è riuscito a tradurre le centinaia di nuovi caratteri emersi grazie all’avanzato processo di imaging. «Prima avevamo già alcune delle porzioni del testo che era nascosto all’interno di questi frammenti, ma gran parte era ancora illeggibile», ha raccontato Jones. Combinare le immagini a raggi X con i segni lasciati sul materiale che era rimasto attaccato al bronzo originale «è stato come avere un doppio puzzle, che abbiamo potuto usare per ottenere una lettura molto più chiara».
La scoperta più importante è stata quella di un testo di oltre 3.500 parole sulla lastra principale dello strumento. Non funziona esattamente come un manuale di istruzioni: parlando con alcuni giornalisti, il collega di Jones, Mike Edmunds, ha paragonato il testo alla lunga didascalia che si trova vicino a un oggetto esposto in un museo, ha riportato AP. «Non spiega come usare lo strumento, ma dice “Quello che vedete è… eccetera”, oppure: “Se girate questa manopola, succede questo”», ha raccontato Edmunds. Tra i passaggi tradotti di recente ci sono le descrizioni di un calendario usato solo a Corinto, una città a nord della Grecia, di piccole sfere – che oggi si pensa siano nascoste sul fondo del mare – che una volta si muovevano intorno al quadrante dello strumento simulando perfettamente il movimento dei cinque pianeti conosciuti all’epoca, e di un segno sul quadrante che indicava le date di diversi eventi sportivi, tra cui una competizione minore che si svolgeva nella città di Rodi. Quest’ultima scoperta fa pensare che lo strumento possa essere stato costruito a Rodi, e la teoria è rafforzata dal fatto che gran parte delle ceramiche trovate nel relitto affondato siano tipiche della città. Secondo Jones, la costruzione artigianale dello strumento e le due tipologie diverse di scrittura presenti sulle iscrizioni indicherebbero che il Meccanismo di Anticitera sia stato realizzato da più persone in un piccolo laboratorio, che potrebbe aver realizzato oggetti simili: anche se non sono mai stati trovati altri Meccanismi di Anticitera, questo non significa che non siano mai esistiti. Molti antichi artefatti di bronzo venivano fusi per poterne riutilizzare le parti, e nello stesso Meccanismo di Anticitera potrebbero essere contenuti materiali provenienti da altri oggetti.
L’elegante complessità dello strumento, e l’utilizzo per il quale era stato progettato dai suoi creatori, sono emblematici dei valori del mondo antico. Il Meccanismo di Anticitera, per esempio, aveva un quadrante capace di prevedere l’arrivo di un’eclissi in modo estremamente preciso e si pensa che potesse mostrare in anticipo il colore apparente della Luna e che tempo avrebbe fatto nella regione quel giorno. Per gli scienziati moderni i tre fenomeni sono completamente scissi l’uno dall’altro: le eclissi dipendono dai movimenti del Sole, della Luna e dei Pianeti – che si possono prevedere – il colore della Luna dipende dalla dispersione della luce nell’atmosfera terrestre, mentre il meteo varia a seconda di condizioni locali difficilmente determinabili. Gli astronomi potrebbero essere in grado di prevedere un’eclissi con anni di anticipo, ma non esiste un modo per fare previsioni meteo così lontane nel tempo.
Per gli antichi greci, tuttavia, i tre fenomeni erano legati in modo indissolubile: un’eclissi poteva presagire una carestia, una rivolta, o il destino di una nazione in guerra. «Si pensava che fenomeni come le eclissi fossero malauguranti», ha raccontato Jones. Aveva quindi senso legare «eventi come questi, che sono prettamente astronomici, con altri di natura più culturale, come i Giochi Olimpici e i calendari – ovvero l’astronomia al servizio della religione e della società – e con l’astrologia, che è pura religione». Questo potrebbe in qualche modo spiegare la strana cosa di cui Price si rese conto cinquant’anni fa: gli antichi greci erano andati incredibilmente vicino a inventare il meccanismo dell’orologio con diversi secoli di anticipo. Il fatto che abbiano poi scelto di utilizzare la tecnologia non per segnare il trascorrere dei minuti, ma per pianificare quale fosse il loro posto nell’universo, dimostra quanta importanza attribuissero agli eventi celesti nella loro vita. Con un unico strumento – ha raccontato Jones – «cercavano di mettere insieme cose molto diverse tra loro, che facevano parte dell’esperienza del cosmo degli antichi greci».
© 2016 – The Washington Post