A che punto siamo con i jetpack?
La tecnologia degli zaini per volare sta migliorando, ma restano da risolvere vari problemi prima di poterli usare per scorrazzare in giro
Nella classifica delle cose che la fantascienza ci ha fatto venir voglia di usare ma che ancora non esistono, il jetpack sta di sicuro ai primi posti. A guardare quelli che lo usano nei film, nei cartoni animati e nei fumetti, il jetpack – uno “zaino-razzo” che grazie a una propulsione a getto permette di volare – sembra anche facile da usare. David Mayman, capo di Jetpack Aviation Corp, una delle società più avanti nella ricerca sui jetpack, ha detto al Wall Street Journal che «è come andare in bicicletta». Ma allora perché ci tocca ancora usare quelle noiose biciclette e quegli affollati tram? Perché la tecnologia c’è, ma è ancora in una fase preliminare, cara e pericolosa. Gli esperti del settore dicono che forse il momento dei jetpack sta per arrivare: non è vicino ma le premesse ci sono tutte. Restano solo da risolvere alcuni problemi.
Se oggi abbiamo voglia di volare con uno zaino-razzo in spalla la colpa va divisa soprattutto tra:
– Aleksandr Fyodorovich Andreyev, un inventore russo che nel 1919 teorizzò una specie di jetpack;
– la fantascienza, soprattutto quella dagli anni Sessanta in poi;
– le Olimpiadi di Los Angeles del 1984, in cui fu usato un jetpack;
– il Dangerous World Tour di Michael Jackson del 1992, come sopra.
Un po’ di colpa ce l’hanno anche i film Star Wars, Minority Report, Agente 007 – Thunderball (Operazione tuono) e il videogioco Grand Theft Auto: San Andreas, dove ai più bravi o ai più smanettoni capitava di volare con un jetpack.
Nelson Tyler, socio di Mayman a Jetpack Aviation Corp., ha spiegato che «un jetpack è qualcosa che prendi, ti metti in spalla ci cammini in giro per un po’ e poi ti ci fai un volo: se pesa 180 chili e se va a benzina, non è un jetpack». Un jetpack dev’essere un piccolo razzo portatile, efficace come quelli dei missili ma leggero come uno zaino. Per ora non siamo ancora arrivati a quel punto ma Mayman ha spiegato che i droni e gli smartphone hanno dato una grande mano alla ricerca, rendendo più piccole e meno care le cose che servono a far volare e funzionare un jetpack.
Nell’articolo intitolato “I jetpack stanno finalmente decollando?“, Jack Nicas del Wall Street Journal ha raccontato di aver visto Mayman volare con uno dei jetpack su cui la sua società sta lavorando. È andata bene e Nicas ha scritto che è una cosa «emozionante da vedere e fastidiosa da sentire, perché quella lungamente attesa visione del futuro arriva con un sottofondo a 120 decibel, più rumoroso di una motosega».
Rumore a parte, i jetpack di Mayman – un milionario australiano di 53 anni fissato con l’aviazione – sono tra i più promettenti al mondo. La sua JetPack Aviation Corp., che ha nove dipendenti, ci ha investito più di 10 anni e circa 10 milioni di dollari. Questi jetpack sono fatti di alluminio e fibra di carbonio, pesano 40 chili e per un volo di 10 minuti consumano circa 40 litri di combustibile. JetPack Aviaton Corp ora sta cercando fondi – tra i due e i cinque milioni di dollari – per aggiungere ai jetpack degli appositi paracadute, necessari per poterli mettere in vendita. La cifra di cui si parla è 220mila euro. «Possiamo andare molto oltre rispetto a dove siamo ora. Vogliamo raccogliere soldi per la ricerca e lo sviluppo. Se non lo faremo noi lo farà qualcun altro».
Nicas ha scritto che «il prototipo di Mayman è la cosa più vicina all’idea del jetpack da fumetto, ma ci sono una manciata di altri concorrenti». Yves “Jetman” Ross, un ex pilota militare, sta lavorando al jetwing. Può volare a 340 chilometri all’ora per circa 10 minuti ma ha un problema tecnico che lo rende poco jetpack «agli occhi dei puristi»: funziona solo se lo si usa gettandosi da un elicottero, ed è invece impossibile il decollo verticale.
La società neozelandese Martin Jetpack sta lavorando invece a dei jetpack da lanciare sul mercato, ma pesano circa 200 chili: «è il pilota che si allaccia al jetpack, e non il contrario», scrive Nicas. Il suo inventore ne parla come di «una pratica ed economica alternativa ai tradizionali elicotteri». In fondo costano poco più di 200mila euro l’uno (come quelli di Mayman, nonostante pesino molto di più). Più che uno zaino è una poltrona volante.
C’è anche il Flyboard Air, un hoverboard che vola sfruttando lo stesso combustibile usato per i jetpack. Un altro modo per definirlo sarebbe: una specie di snowboard con attaccati quattro piccoli razzi.
I motivi per cui né questi né altri jetpack sono per ora in vendita nei supermercati riguardano il loro peso, la loro poca autonomia (si parla di minuti, mai di ore), il prezzo e le conseguenti scarse prospettive commerciali. Nicas spiega che per ora le più plausibili applicazioni dei jetpack hanno a che fare con i pompieri che si dovessero trovare a dover spegnere un incendio su un grattacielo o con i medici che vogliono arrivare in qualche luogo altrimenti difficile da raggiungere. C’è poi il fatto che i jetpack funzionano con sostanze altamente infiammabili e non è proprio rassicurante mettersi in spalla decine di litri di sostanze altamente infiammabili.
Anche se i jetpack dovessero pesare tre chili, costare duemila euro e funzionare ad acqua, c’è un altro problema: il volo. Già si fa fatica a regolamentare il volo dei droni: i jetpack hanno quel piccolo problema in più di avere un essere umano attaccato e volare in uno spazio aereo che è «troppo in basso perché si faccia in tempo a usare un paracadute e troppo in alto perché si possa sopravvivere a una caduta». La maggior parte dei voli di prova infatti è fatta sull’acqua. Ad aprile Nick Macomber, vicepresidente di Jet Pack International, è caduto (o si deve dire precipitato?) usando uno dei jetpack della sua società, facendosi piuttosto male, anche perché non indossava il casco.
Nonostante tutti i problemi dei jetpack, le ricerche stanno andando avanti e le tecnologie migliorano. Nicas scrive che Mayman sta provando a esplorare le possibili applicazioni dei jetpack nel cinema e nello sport, promuovendo una serie di gare-con-jetpack. Come insegnano i film di fantascienza, i jetpack hanno anche interessanti applicazioni militari: potrebbero essere usati soprattutto in quei casi in cui bisogna salvare qualcuno che si trovi “dietro le linee nemiche” con un’operazione rapida e circospetta. Mayman dice anche di voler puntare a quei pochi ricchissimi interessati ad avere «un modello di ogni cosa». Nel frattempo, «la più efficace applicazione dei jetpack è far strabuzzare gli occhi agli utenti YouTube». Per quello funzionano già benissimo.