Sette giocatori per sei Europei
Il Guardian racconta le storie di giocatori che arrivarono agli Europei senza farsi notare, ma che fecero cose che ci ricordiamo ancora oggi (e c'è Toldo, ovviamente)
Dieci anni fa Fabio Grosso era un buon difensore e niente più. Poco dopo sarebbe diventato il Fabio Grosso dei Mondiali 2006, quello di quel gol contro la Germania e del rigore decisivo contro la Francia. Gli Europei, come i Mondiali, sono pieni di storie belle ed eccezionali: storie di calciatori che erano arrivati a una competizione senza farsi notare – magari da riserve – e che poi hanno fatto una grande partita, o diverse grandi partite. Il Guardian ha raccontato le storie di sette giocatori che hanno disputato degli Europei straordinari. Uno ad esempio è il terzino francese Jean-François Domergue, che nel 1984 riuscì a rubare la scena al miglior Platini di sempre; un altro è Theodoros Zagorakis, tenacissimo centrocampista della Grecia del 2004; un altro ancora è Bernd Schuster, elegante centrocampista tedesco che nel 1980 fece una partitona contro l’Olanda. Ci sono poi due portieri – l’italiano Francesco Toldo e il cecoslovacco Ivo Viktor – e due danesi Henrik Larsen e Kim Vilfort, protagonisti di una bella storia, con un brutto finale. Prima delle storie di ogni giocatore abbiamo raccontato un po’ di contesto sugli Europei di quell’anno.
Gli Europei del 1976
Fino al 1976 agli Europei partecipavano solo quattro squadre: quell’anno erano l’Olanda, la Jugoslavia, la Cecoslovacchia e la Germania Ovest. In finale arrivarono la Germania Ovest di Franz Beckenbauer, un fenomeno, e la Cecoslovacchia di Antonín Panenka, un fortissimo centrocampista molto bravo nelle punizioni. Il portiere di quella Cecoslovacchia era Ivo Viktor, che aveva 34 anni e nella semifinale – in cui la sua squadra vinse 3-1 contro l’Olanda – se la cavò piuttosto bene. Viktor era il portiere che nel 1970 aveva quasi preso un gol da centrocampo da Pelé, evitando di diventare famoso come quello-che-prese-quel-gol-da-Pelé.
Ivo Viktor in Cecoslovacchia-Germania Ovest
Nella finale degli Europei del 1976 la Cecoslovacchia fece due gol, ma la Germania Ovest recuperò: prima segnò Dieter Müller. Poi, come racconta la UEFA: «La Germania Ovest diventa padrona del campo, Beckenbauer riprende a spingere con la solita incisività, ma i tentativi dei tedeschi si infrangono contro un Ivo Viktor insuperabile. Il 34enne estremo difensore si oppone a una conclusione di Heinz Flohe e alla punizione di Bonhof. Ma proprio quando sembrava avesse fatto abbastanza per difendere il vantaggio, Viktor viene trafitto da un colpo di testa di Hölzenbein su corner di Bonhof. Seguono i tempi supplementari e i calci di rigore». Viktor fece altre grandi parate nei supplementari e permise alla sua squadra di andare ai rigori e vincere, grazie a un gol di Panenka, che segnò con il cucchiaio (è a 2:45 nel video). Certo, senza le parate di Viktor non sarebbe nemmeno potuto andare lì a tirarlo.
Gli Europei del 1980
Furono i primi ai quali parteciparono otto squadre, e si giocarono in Italia. La nazionale italiana, in cui c’erano già molti dei giocatori che due anni dopo avrebbero vinto i Mondiali di Spagna, arrivò terza. Quegli Europei li vinse la Germania Ovest, in cui giocavano Hans-Peter Briegel – difensore del Kaiserslautern che poi avrebbe giocato per Verona e Sampdoria – e, soprattutto, Karl-Heinz Rummenigge, uno dei migliori attaccanti tedeschi di sempre, che giocò per Bayern Monaco e Inter. In quella squadra c’era anche Bernd Schuster, un buon centrocampista del Colonia che dopo quegli Europei sarebbe andato al Barcellona. Nella prima partita del torneo la Germania Ovest si prese una piccola rivincita con la Cecoslovacchia di Panenka: vinse 1-0, gol di Rummenigge.
Bernd Schuster in Germania Ovest-Olanda
Per la seconda partita del torneo l’allenatore tedesco cambiò modulo: un difensivo 4-4-2 fu sostituito da un più offensivo 4-3-3 e Schuster fu scelto per giocare titolare. La Germania Ovest vinse per 3 a 2 grazie a una tripletta di Klaus Allofs, ma di quella partita si ricorda soprattutto la prestazione di Schuster. Il Guardian scrive che Schuster «fu determinante per ognuno dei gol della sua squadra e, anzi, per quasi ogni altra cosa che fece la Germania Ovest» e «prese le redini del centrocampo con una disinvolta superiorità». Recuperò palloni, fece tantissimo ottimi passaggi e assist efficaci. Aveva solo 20 anni e sembrava destinato a una grande carriera in nazionale: nel 1980 finì secondo nella classifica per il Pallone d’oro, dietro a Rumenigge e davanti a Platini. Negli anni successivi Schuster ebbe però molti problemi con la federazione tedesca e a 24 anni decise di non giocare più in nazionale.
Gli Europei del 1984
Si giocarono in Francia e li vinse la Francia di Platini che in cinque partite segnò nove gol: quasi un quarto dei gol segnati da tutte le squadre in tutto il torneo. Fu difficile per un giocatore di quella Francia riuscire a farsi notare giocando insieme a un Platini così pazzesco. Ma uno ci riuscì: Jean-François Domergue, terzino sinistro francese di medio livello che arrivò a quegli Europei dopo alcune buone stagioni nel Lione e nel Tolosa. Nei piani dell’allenatore Domergue doveva fare la riserva ma nella prima partita il titolare Manuel Amoros tirò una testata (simile a quella di Zidane) a un avversario danese, facendosi espellere.
Jean-François Domergue in Francia-Portogallo
Dalla partita successiva Domergue giocò piuttosto bene, conquistando e mantenendo il posto da titolare fino alla semifinale contro il Portogallo. In quella partita la Francia ottenne una punizione: tutti si aspettavano la battesse Platini, lui fece finta di batterla ma lasciò il tiro a Domergue, che con un forte tiro di sinistro fece gol. Nel secondo tempo il Portogallo pareggiò: si andò ai supplementari e il Portogallo fece il gol del 2-1. A pochi minuti dalla fine una palla arrivò in area a Platini, che non riuscendo a tirare in porta la passò a Domergue, che dalla difesa era salito fino a entrare nell’area avversario: tirò e fece il suo secondo gol della partita, quello de 2-2. Al 119esimo minuto della partita Platini fece il gol del 3-2, che permise alla Francia di andare a giocare la finale, poi vinta contro la Spagna. Quel giorno Domergue festeggiava il suo 27esimo compleanno; ora ha 58 anni, e non segnò mai più in nazionale.
Gli Europei del 1992
Gli Europei del 1992 si giocarono in Svezia e li vinse la Danimarca, che non avrebbe nemmeno dovuto giocarli. Il posto preso dalla Danimarca spettava alla Jugoslavia, ma poi scoppiò la guerra e quando iniziò il torneo la Jugoslavia non esisteva praticamente più. Si decise di chiamare la Danimarca, perché era arrivata seconda nello stesso girone di qualificazione della Jugoslavia. Diversi giocatori danesi erano in vacanza e dovettero tornare in fretta: Michel Laudrup, il giocatore più forte, aveva già dato l’addio alla nazionale e non partecipò. L’allenatore Richard Møller-Nielsen ha ricordato così il momento in cui ricevette la chiamata della federazione calcistica danese che lo informava del ripescaggio per gli Europei: «Dovevo cambiare la cucina, ma mi chiamarono per giocare in Svezia. Ora è finita. Ho chiamato un arredatore professionista per finirla». Nel girone da quattro squadre la Danimarca pareggiò la prima partita, perse la seconda e vinse la terza contro la Francia qualificandosi per un pelo alla semifinale contro l’Olanda.
La formazione della Danimarca che giocò contro l’Inghilterra nella fase a gironi, l’11 giugno 1992 (Billy Stickland/Allsport/Getty Images)
Henrik Larsen e Kim Vilfort in Danimarca-Olanda
Contro la Francia giocò titolare il centrocampista Henrik Larsen, che prima era stato quasi sempre in panchina; il titolare, Kim Vilfort, era dovuto tornare a casa per visitare sua figlia Line, che aveva la leucemia. Vilfort tornò per la semifinale contro l’Olanda e giocò con Larsen, che segnò due gol. La Danimarca vinse ai rigori – segnarono sia Vilfort che Larsen – e andò a giocarsi la finale contro la Germania. Vilfort andò di nuovo da sua figlia e ritornò in Svezia per la finale contro la Germania. La Danimarca vinse 2-0 e il secondo gol lo segnò Vilfort, con un bel tiro che toccò il palo prima di entrare in rete. Sua figlia morì qualche settimana dopo.
Alcuni giocatori della Danimarca dopo aver vinto gli Europei (PATRICK HERTZOG/AFP/Getty Images)
Gli Europei del 2000
Il 29 giugno del 2000 si giocò Olanda-Italia, semifinale degli Europei del 2000, in cui l’Olanda giocava in casa. L’Italia riuscì a battere ai rigori l’Olanda dopo una partita molto sofferta, finita 0-0. L’Olanda era strafavorita e giocò molto bene, mentre l’Italia fu costretta a giocare una disperata partita ultradifensiva per via dell’espulsione di Gianluca Zambrotta nel primo tempo. L’Italia se la cavò grazie alla gran serata del portiere di 28 anni Francesco Toldo – che era arrivato agli Europei come riserva di Gianluigi Buffon, che però si era infortunato. Quella nazionale era allenata da Dino Zoff, uno dei migliori portieri della storia del calcio.
Francesco Toldo durante Olanda-Italia (Shaun Botterill /Allsport)
Francesco Toldo in Olanda-Italia
Al 38esimo minuto del partita contro l’Olanda Cannavaro fece un fallo ingenuo in area e l’arbitro assegnò un rigore all’Olanda: lo tirò Frank de Boer e Toldo lo parò. L’Olanda continuò ad attaccare, arrivando più volte molto vicina a segnare. Al 62esimo l’Olanda ottenne un altro rigore. Il pallone lo prese Patrick Kluivert, che nel corso degli Europei aveva già segnato cinque gol. Kluivert tirò un rigore quasi perfetto, forte e angolato, ma la palla prese l’interno del palo e tornò in campo, dove venne lanciata via da Maldini. Ancora 0-0. Si andò ai rigori, che negli anni precedenti erano andati molto male, per l’Italia: in questo modo era già stata eliminata agli Europei del 1980 e ai Mondiali del 1990, del 1994 e del 1998. Il primo rigore dell’Olanda lo tirò de Boer, e Toldo lo parò. Poi ci furono altri rigori – soprattutto quello di Totti, tirato con il cucchiaio come quello di Panenka – e poi Toldo parò il rigore decisivo calciato da Paul Bosvelt. Era il terzo rigore parato da Toldo in quella partita e l’Italia andò in finale contro la Francia, ma è meglio non pensarci.
Di Biagio, Totti, Del Piero e Pessotto corrono verso Francesco Toldo dopo i rigori (Ap Photo/Carlo Fumagalli)
Gli Europei del 2004
Gli Europei del 2004 si giocarono in Portogallo e in finale arrivò il Portogallo in cui giocavano tre grandi campioni – Rui Costa, Deco e Luis Figo – e un giovane e promettente esterno di centrocampo del Manchester United, che non aveva nemmeno vent’anni: Cristiano Ronaldo. Quegli Europei li vinse però la Grecia, che se la gioca con la Danimarca per la vittoria più inaspettata degli Europei. Quella squadra era allenata dal tedesco Otto Rehhagel, che la fece giocare in modo molto tradizionale ma efficace. Giocò per esempio con il libero, un ruolo che non esiste praticamente più da decenni, che prevede che un giocatore giochi in difesa più indietro di tutti i suoi compagni, per rimediare ai loro eventuali errori.
Theodoros Zagorakis in Grecia-Portogallo
Il capitano di quella squadra molto vintage era Theodoros Zagorakis, un centrocampista dell’AEK Atene che fu il migliore in campo nella finale in cui la Grecia vinse 2-1 contro il Portogallo. Non fece gol, assist o grandi giocate ma fu un «colosso del centrocampo», come scrive il Guardian. Quella Grecia giocò male e la partita fu brutta: Zagorakis però la passò ad aggirarsi per il campo «come se fosse posseduto, mordendo le caviglie di Deco, Ronaldo e Figo».
Theodoros Zagorakis nel 2004 (MLADEN ANTONOV/AFP/Getty Images)