Il primo ministro croato è stato sfiduciato
Ora ci sono trenta giorni per formare un nuovo governo, altrimenti si andrà a elezioni anticipate
Giovedì 16 giugno il Parlamento della Croazia ha votato a grande maggioranza la sfiducia per il primo ministro Tihomir Oreskovic, che si era insediato solamente cinque mesi fa: 125 deputati hanno votato a favore della sfiducia, 15 contro e in due si sono astenuti. Il Parlamento avrà ora 30 giorni di tempo per formare un nuovo governo o decidere di andare a elezioni anticipate. Le ultime elezioni in Croazia si erano tenute nel novembre del 2015 e erano state vinte dalla coalizione di centrodestra (Coalizione Patriottica) guidata dall’Unione democratica croata (HDZ) di Tomislav Karamarko, contro la coalizione dei socialdemocratici del premier uscente Zoran Milanović. Erano state le prime elezioni dopo l’adesione del paese all’Unione Europea, nel 2013.
Il voto contro Oreskovic, esperto di finanza con doppia cittadinanza croata e canadese, è stato chiesto proprio dall’Unione democratica croata (HDZ) che lo aveva inizialmente sostenuto, ma che poi aveva deciso di ritirare il suo appoggio accusandolo di essere incapace di guidare il paese, che sta attraversando una grave crisi economica e sociale. Dopo sei anni di recessione la Croazia è tornata a crescere, ma il tasso di disoccupazione rimane oltre il 15 per cento, il più alto in Europa dopo Grecia e Spagna. La mozione di sfiducia non è stata votata dall’altro partito che faceva parte della coalizione di governo con HDZ, Most, che in croato significa “ponte” e che è nato solo quattro anni fa.
Le agenzie di stampa, citando i giornali locali, spiegano che ci sarebbe poi anche una questione “personale”: Oreskovic si era recentemente scontrato con il leader di HDZ, Tomislav Karamarko, che era stato accusato di conflitto di interessi. La moglie di Karamarko ha ricevuto infatti circa 60 mila euro da un lobbista che lavora per la società petrolchimica ungherese MOL, e che è attualmente impegnata in un contenzioso legale proprio con la Croazia. Mercoledì 15 giugno Karamarko si era dimesso dal suo incarico di vice primo ministro prima che venisse votata contro di lui una mozione di sfiducia presentata dalle opposizioni e da Most, impegnandosi a cacciare Oreskovic e a raccogliere abbastanza voti in Parlamento per formare un nuovo governo con un nuovo premier. «Sono venuto con le migliori intenzioni per aiutare la mia terra», ha detto dopo il voto della mozione: «Sono un po’ amareggiato perché penso che avremmo potuto ottenere di più».
Negli ultimi tempi in Croazia ci sono state anche tensioni e polemiche legate alla crisi dei migranti e ad altre questioni interne come la crescente influenza della Chiesa cattolica: la nomina a ministro della Cultura di uno storico accusato di revisionismo, Zlatko Hasanbegovic, era stata molto criticata sia in Croazia che all’estero. Il governo era stato anche criticato per la volontà di esercitare un eccessivo controllo sui media, sull’istruzione e di rimettere in discussione una serie di diritti delle donne, come il diritto all’aborto.
L’HDZ proporrà probabilmente come nuovo primo ministro l’attuale ministro delle Finanze, Zdravko Maric. Il presidente del paese, Kolinda Grabar Kitarovic, avvierà le consultazioni con i diversi partiti già oggi. Se non verrà trovato nessun accordo entro 30 giorni si andrà a nuove elezioni. L’HDZ dice di poter avere il sostegno di almeno 76 dei 151 deputati del Parlamento. Gli osservatori sono invece scettici, perché l’HDZ per ora può contare sul supporto di 68 voti e arrivare a 76 potrebbe non essere semplice, e comportare comunque l’alleanza con una serie di piccoli partiti e deputati indipendenti politicamente lontani dall’HDZ. Anche se ci riuscisse, un governo sostenuto da una maggioranza del genere sarebbe fragile e instabile: è probabile quindi che si vada comunque a elezioni anticipate, forse già entro la fine dell’anno. Il più grande partito di opposizione – i socialdemocratici – e i suoi alleati vorrebbero sciogliere immediatamente il Parlamento e andare il prima possibile al voto.