8 cose su “Frankenstein”
Mary Shelley scrisse quello che è considerato il primo romanzo di fantascienza come una sfida con suo marito e Lord Byron
Frankenstein, il romanzo che racconta la storia di come lo scienziato Victor Frankenstein portò in vita un mostro composto da parti di diversi cadaveri, è considerato dalla maggior parte dei critici il primo romanzo di fantascienza della storia. Fu scritto tra il 1816 e il 1817 dall’autrice inglese Mary Shelley, nota anche in quanto moglie del poeta romantico Percy Bysshe Shelley.
Il sottotitolo originale è Il moderno Prometeo: nella mitologia greca Prometeo è il titano che crea l’umanità modellando il primo uomo dall’argilla e che poi viene punito da Zeus per avergli dato il fuoco. L’espressione “Prometeo moderno” fu inventata dal filosofo Immanuel Kant, che la usò per descrivere Benjamin Franklin per via dei suoi esperimenti con l’elettricità.
Il frontespizio della prima edizione di Frankenstein, nel 1818 (Wikimedia Commons)
La travagliatissima vita di Mary Shelley
Il nome completo di Mary Shelley, nata nel 1797, era Mary Wollstonecraft Shelley e il suo cognome da nubile era Godwin. Sua madre era la filosofa femminista Mary Wollstonecraft, suo padre era il filosofo politico anarchico William Godwin. La vita della famiglia di Shelley fu molto complicata. La madre, che morì pochi mesi dopo la sua nascita, aveva avuto diverse relazioni prima di sposarsi con Godwin, e anche una figlia illegittima nata dalla relazione con l’americano Gilbert Imlay. Dopo la morte di Mary Wollstonecraft, Godwin si risposò con un’altra donna, Mary Jane Vial Clairmon, che a sua volta aveva una figlia illegittima: questa sorellastra di Mary Shelley si chiamava Claire Clairmont ed ebbe una figlia con Lord Byron. Nel 1814 Mary Shelley, che aveva 17 anni, fuggì dalla famiglia paterna con Clairmont e il futuro marito Percy Bysshe Shelley – allora sposato con un’altra donna; quando nel 1816 la moglie di Shelley si suicidò, il poeta sposò Mary Shelley, da cui ebbe quattro figli, di cui però solo uno sopravvisse all’infanzia. Nel 1822 fu lo stesso Shelley a morire, affogando durante una tempesta in mare al largo di Viareggio.
Mary Shelley scrisse la sua opera più famosa, Frankenstein, a 19 anni, ma continuò a scrivere anche dopo la morte del marito anche se nessuno dei suoi altri romanzi (tra cui L’ultimo uomo, un altro romanzo fantascientifico in cui solo una persona su tutta la Terra è sopravvissuta a un’epidemia di peste) divenne famoso quanto il primo. Morì a Londra nel 1851.
Ritratto di Mary Shelley realizzato nel 1840 dal pittore Richard Rothwell (Wikimedia Commons)
Come nacque Frankenstein
Mary Shelley scrisse Frankenstein per via di una sorta di sfida con il marito, Lord Byron e lo scrittore e medico John William Polidori. I quattro e Claire Clairmont si trovavano a Villa Diodati, una casa di Cologny, un piccolo paese sulle sponde del Lago di Ginevra, in Svizzera, che Byron aveva preso in affitto per l’estate del 1816.
Un pomeriggio Byron propose ai suoi compagni di scrivere una storia di fantasmi per ingannare il tempo, dato che pioveva. Polidori scrisse Il vampiro, un racconto horror, mentre Byron scrisse solo un frammento, anch’esso di una storia di vampiri, poi pubblicato in fondo all’edizione del suo poema Mazeppa. Percy Bysshe Shelley alla fine non partecipò. Mary Shelley invece, sebbene all’inizio non avesse un’idea, finì per scrivere Frankenstein.
Shelley raccontò che l’idea di Frankenstein nacque da un sogno influenzato da un discorso del marito e di Byron su una teoria di Erasmus Darwin (nonno di Charles) sulla vita “dopo la morte” di alcuni protozoi. Nel 2011 un gruppo di astronomi è riuscito a risalire alla data in cui Shelley dovrebbe aver fatto questo sogno, a partire da quanto aveva scritto nel suo diario dell’epoca: il 16 giugno 1816.
Villa Diodati, sul Lago di Ginevra (Wikimedia Commons)
L’anno senza estate
Nell’introduzione al romanzo che Mary Shelley scrisse per l’edizione del 1831, la scrittrice racconta che l’estate del 1816 “fu umida e inclemente” e che fu a causa delle frequenti piogge che lei e i suoi compagni di villeggiatura passarono molto tempo chiusi in casa a leggere storie di fantasmi. In un qualche modo si può ricondurre la nascita di Frankenstein all’eruzione di un vulcano indonesiano.
Il 1816 passò alla storia come “l’anno senza estate” perché dal 5 al 15 aprile 1815 il vulcano Tambora, che si trova nell’isola di Sumbawa, in Indonesia, eruttò immettendo grandi quantità di diossido di zolfo negli strati superiori dell’atmosfera. Questo gas si aggiunse a quell dovuto alle eruzioni recenti di altri due vulcani: il La Soufrière dell’isola di Saint Vincent, nei Caraibi, che aveva eruttato nel 1812, e il Mayon delle Filippine, che aveva eruttato nel 1814. La temperatura globale si abbassò perché se raggiunge la stratosfera il diossido di zolfo produce un aerosol di solfati che riflette la luce solare, un effetto opposto a quello dell’effetto serra.
Questo fenomeno si aggiunse ad altre due circostanze climatiche che insieme resero il 1816 un anno molto freddo, che distrusse i raccolti nell’Europa settentrionale, negli stati americani del nord-est e nel Canada orientale: la Terra era nel periodo cosiddetto Minimo di Dalton (dal 1790 al 1830 circa) in cui il Sole emetteva meno energia del solito; inoltre era ancora in corso la cosiddetta Piccola era glaciale, un periodo di raffreddamento generale che durò dalla metà del XVI secolo al 1850 circa.
Il cratere del vulcano Tambora (Wikimedia Commons)
Quanti film sono stati ispirati da Frankenstein
Sono moltissime le opere (film, serie tv, fumetti e altri libri) tratte o ispirate dal romanzo di Mary Shelley. Sulla pagina di Wikipedia dedicata alle opere derivate in qualche modo da Frankenstein sono segnalati 69 lungometraggi tratti o ispirati dal romanzo e più di trenta libri, di cui molti per bambini. Il più importante dei film tratti da Frankenstein è quello omonimo del 1931, girato da James Whale e interpretato da Boris Karloff nel ruolo del mostro e da Colin Clive nel ruolo di Henry Frankenstein – diversi nomi furono cambiati nel trasporre il romanzo in un film. La prima versione cinematografica del romanzo è un cortometraggio muto del 1910.
In moltissime serie tv – tra cui i Simpson e X-Files – ci sono episodi in cui compare il mostro di Frankenstein o una sua nuova versione. La stessa parola “Frankenstein” è all’origine di alcune espressioni colloquiali inglesi: ad esempio, Urban Dictionary riporta che “to frankenstein” è un verbo che può essere usato per descrivere l’azione di mettere insieme in modo sbagliato cose che non stanno bene insieme, come i capi di abbigliamento. La stessa parola però può essere usata per descrivere un atto sessuale con una persona incosciente, dunque uno stupro.
Victor Frankenstein (Harry Treadaway) con un cadavere che sta per rianimare nel primo episodio della serie tv Penny Dreadful
Tra cui, Frankenstein Junior
Forse il film più famoso di quelli ispirati dal romanzo di Mary Shelley è la parodia Frankenstein Junior, uscita nei cinema americani il 15 dicembre del 1974. È il quarto film girato da Mel Brooks e nacque da un’idea dell’attore comico Gene Wilder, che oltre ad aver partecipato alla sceneggiatura fu anche l’interprete del dottor Frederick Frankenstein – anche in questo caso il nome proprio del personaggio di Shelley è stato cambiato. Fu girato in bianco e nero, con una fotografia e uno stile anni Trenta, per riprendere l’estetica del film del 1931.
Nel ruolo di mostro di Frankenstein c’era Peter Boyle, mentre Marty Feldman interpretava Igor (Aigor!), l’assistente di Frankenstein. Il film ebbe un enorme successo di incassi ed è tuttora considerato uno dei migliori film comici di tutti i tempi: in Italia la sua fama è legata soprattutto alla brillante traduzione – che ha reinventato battute e giochi di parole ormai famosissime – e al doppiaggio. Il DVD italiano di Frankenstein Junior è considerato il classico di maggior successo della storia dell’home video avendo venduto 500mila copie.
Cosa c’è in Frankenstein, il film del 1931, e non nel romanzo
Molte delle cose che normalmente si associano alla storia di Frankenstein e del suo mostro non sono presenti nel romanzo di Shelley, ma sono entrate nell’immaginario collettivo grazie al film Frankenstein del 1931, che poi ha influenzato la maggior parte della produzione cinematografica successiva. Mary Shelley, ad esempio, non scrive che Frankenstein dà la vita al suo mostro con l’elettricità, anche se indica come uno degli eventi formativi dello scienziato l’osservazione degli effetti di un fulmine su una quercia.
Il film di Whale ha anche introdotto il personaggio dell’assistente, Fritz, oltre a influenzare il modo in cui immaginiamo il mostro di Frankenstein. La grossa testa con la fronte ampia e i chiodi nel collo non sono presenti nel romanzo di Shelley, che scrive soltanto: «La sua pelle gialla a fatica riusciva a coprire l’intreccio di muscoli e arterie al di sotto; i suoi capelli erano fitti e di un nero lucente, mentre i suoi denti di un bianco perlaceo, ma queste virtù non facevano altro che offrire un contrasto più orrido con quegli occhi acquosi che parevano avere lo stesso colore delle orbite lattescenti in cui erano incastrati, con la sua pelle rinsecchita e le nere labbra tirate».
Altre differenze importanti tra il film e il romanzo (oltre al diverso nome del protagonista) sono la causa della crudeltà del mostro e il finale della storia. Per Shelley il mostro diventa malvagio per via delle ingiustizie subite, mentre nel film la colpa è dell’assistente, che fornisce a Frankenstein un cervello imperfetto. Inoltre, il film è a lieto fine – Frankenstein ritrova la sua famiglia – mentre il romanzo no.
(Wikimedia Commons)
Frankenstein parla di maternità?
Secondo una delle interpretazioni critiche di Frankenstein, il romanzo di Mary Shelley è strettamente legato alla sua esperienza di madre anche se secondo l’interpretazione principale parla dei rischi che potrebbero derivare dal senso di onnipotenza degli scienziati. La prima figlia di Mary Shelley morì undici giorni dopo la nascita, avvenuta prematuramente; anche il suo primo figlio, William, nato nel gennaio del 1816, e la seconda figlia, Clara, nata nel settembre del 1817, morirono molto piccoli, a tre e un anno; Shelley ebbe anche un aborto, per cui rischiò di morire. Durante gran parte della scrittura di Frankenstein Shelley era incinta e si occupava di un bambino piccolo, che come il mostro di Frankenstein doveva imparare a parlare.
In uno dei suoi diari racconta di un altro sogno, che insieme a quello del 16 giugno 1816 potrebbe aver influenzato la scrittura di Frankenstein: dopo aver trovato il corpo senza vita della prima figlia, la scrittrice riusciva a rianimarla riscaldandola.
Da sinistra, Percy Bysshe Shelley (Julian Sands), Mary Shelley (Natasha Richardson) e Polidori (Timothy Spall) nel film Gothic (1986)
Frankenstein è lo scienziato, non il mostro
L’errore più comune che si fa quando si parla di Frankenstein, che si tratti del romanzo o di una delle opere che ha ispirato, è scambiare il nome dello scienziato protagonista della storia per quello del mostro che crea, che invece non ha nome. Anche questo errore è entrato nell’immaginario collettivo legato a Frankenstein, come mostra anche questa divertente vignetta del New Yorker: il mostro è in una caffetteria tipo Starbucks, dove il nome dei clienti viene scritto sui bicchieroni di cartone; il cassiere dice al mostro: «Ok, ma ho già scritto “Frankenstein”».
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