Le indagini sulla moglie di Omar Mateen
L'FBI vuole capire se sapeva cosa stesse per fare il marito e se avesse cercato di dissuaderlo da compiere la strage nel locale gay di Orlando
Noor Zahi Salman, la moglie dell’attentatore di Orlando, potrebbe essere messa sotto accusa se l’FBI verificherà che sapeva dei piani del marito per attaccare il Pulse, il locale gay di Orlando (Florida) dove nelle prime ore di domenica scorsa ha ucciso 49 persone e ne ha ferite 53, prima di essere ucciso dalla polizia. Secondo alcune fonti interne alle indagini, consultate dai media statunitensi, Salman ha detto di avere provato a convincere Omar Mateen a rinunciare ai suoi piani e all’attacco diventato poi la più grande sparatoria di massa nella storia degli Stati Uniti e una delle più gravi mai avvenute al mondo.
Le indagini su Salman sono ancora in corso, ma Peter King – deputato Repubblicano e membro della commissione per la sicurezza interna, il controspionaggio e il terrorismo – ha detto che se i sospetti saranno confermati potranno esserci diverse conseguenze: “Se è vero che sapeva ciò che stava per accadere e che provò a convincerlo a desistere, allora è possibile che siano mosse accuse penali contro di lei, e ribadisco che potrebbe anche emergere un suo maggiore coinvolgimento: tutto questo necessita di essere indagato”. Salman sta comunque collaborando con l’FBI e ha già fornito diverse informazioni, scrivono NBC News e il New York Times. Ha per esempio detto di avere portato in auto Mateen al Pulse almeno una volta e di averlo accompagnato, alcuni giorni prima dell’attacco, in un negozio di armi per l’acquisto di munizioni. Le sue affermazioni devono essere verificate da chi sta gestendo le indagini, ma per ora Salman non è stata arrestata.
Norr Zahi Salman era la seconda moglie di Mateen, ma non è ancora chiaro quando i due si fossero sposati, secondo fonti di Associated Press nel 2013. Avevano avuto un bambino insieme che ora ha tre anni, ma non ci sono molti altri dettagli sulla sua famiglia e sulla sua relazione con Mateen. L’FBI confida comunque di ottenere da lei informazioni sul marito, soprattutto per chiarire alcuni elementi emersi nelle ultime ore sui suoi presunti problemi di identità sessuale. Secondo diversi testimoni Mateen era gay, era un frequentatore abituale del Pulse e aveva provato ad avvicinare altri uomini. I gestori del Pulse hanno però smentito e hanno escluso che Mateen fosse un cliente abituale del loro locale. Anche il padre di Mateen ha negato che il figlio fosse gay: “Non è vero. Se lo fosse stato perché avrebbe fatto tutto questo?”.
Interrogando Salman, l’FBI spera anche di ottenere qualche informazione in più su eventuali contatti tra Mateen e membri di gruppi terroristici, a partire dallo Stato Islamico cui lo stesso Mateen ha giurato fedeltà con una chiamata al numero di emergenza 911, nei primi minuti dell’attacco al Pulse. Gli investigatori hanno il suo cellulare e un computer, usato negli ultimi due anni per visitare siti legati all’estremismo islamico, secondo le informazioni raccolte per ora dai media statunitensi. Le ricerche sul telefono potrebbero portare a qualche dato aggiuntivo, compresi gli ultimi spostamenti di Mateen prima dell’attacco.
Patience Carter, una delle clienti del Pulse sopravvissute alla strage, ha detto di essersi nascosta in uno dei bagni del locale e di avere sentito Mateen chiedere agli statunitensi di “smettere di bombardare il suo paese”. L’autore dell’attacco era nato a New York 29 anni fa, ma la sua famiglia è di origini afgane. Sempre secondo Carter, Mateen ha inoltre dichiarato la sua fedeltà allo Stato Islamico. Ha poi chiesto se nel bagno ci fossero afroamericani e quando un ragazzo gli ha risposto di sì, secondo Carter ha detto: “Sai, non ho niente contro voi neri, è una cosa che riguarda il mio paese, voi avete già sofferto abbastanza”.
Mateen era stato indagato e interrogato dall’FBI tra il 2013 e il 2014, su segnalazione di alcuni suoi colleghi di lavoro dell’agenzia di sicurezza privata in cui lavorava. L’FBI indagò sulla sua vita, sulla sua famiglia, raccolse prove, registrò le testimonianze di alcuni conoscenti e interrogò per due volte Mateen. Non trovando nulla di concreto, gli agenti chiusero l’indagine.
Martedì il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha tenuto un breve discorso dopo una riunione per la sicurezza nazionale organizzata a Washington. Come aveva anticipato il giorno precedente, ha detto che non ci sono elementi per dire che l’attacco di Mateen sia stato organizzato o diretto da un gruppo terrorista. Obama ha comunque fatto notare che Mateen è diventato un estremista consultando siti e altre informazioni di propaganda su Internet: “Sembra che fosse un uomo incattivito, disturbato e squilibrato, che si è radicalizzato”.