La scienza vuole salvarci dalle buche per strada
Se ne stanno occupando diversi studiosi e le soluzioni teoriche non mancano: il problema è metterle in pratica
L’American Automobile Association ha stimato che negli ultimi cinque anni negli Stati Uniti circa 16 milioni di autisti hanno subito danni ai loro veicoli per via delle buche stradali e si calcola che in India muoiano circa 3mila persone ogni anno in incidenti dovuti alle buche nelle strade. Per l’Italia ci sono dati meno chiari e aggiornati ma l’ISTAT, l’Istituto Nazionale di Statistica, ha calcolato che nel 2014 ci sono stati 1.769 incidenti stradali causati da buche. A prescindere dai dati, le buche stradali sono un problema comune ed evidente a chiunque guidi un’auto o una moto, ovunque: l’11 giugno l’Economist ha dedicato un articolo alle buche stradali, scrivendo che sono «un flagello sia per gli stati ricchi che per quelli poveri».
Il problema delle buche stradali è particolarmente pressante a Roma, dove la questione è tra le più discusse in campagna elettorale. Il candidato sindaco del PD, Roberto Giachetti, ha proposto di istituire un numero da chiamare per una sorta di pronto-intervento-buche; Virginia Raggi, candidata del Movimento 5 Stelle, ha risposto dicendo che «per tappare le buche serve ripristinare un servizio serio, bisogna rifare il manto d’asfalto in modo decoroso. Se il sottostrato continua a essere sottile la buca si riaprirà». L’articolo dell’Economist presenta le soluzioni che si stanno studiando per rimediare al problema: alcune riguardano una specie di pronto intervento “alla Giachetti”, altre hanno a che fare con un nuovo modo di fare le strade, “alla Raggi”.
L’Economist scrive che il problema è dovuto soprattutto all’acqua che si infiltra nelle spaccature della strada e rovina quello che sta sotto, anche a causa della costante pressione esercitata dai veicoli. Le buche si creano anche in conseguenza del troppo freddo e del troppo caldo: due condizioni che alla lunga rovinano l’asfalto e creano quelle crepe da cui l’acqua filtra. Potendo fare poco per i fattori che causano buche – pioverà sempre, farà sempre freddo e ci saranno sempre tante auto – bisogna evitare di fare le strade con materiali di bassa qualità e non si devono fare interventi il cui obiettivo sia, letteralmente, tappare un buco.
L’Economist spiega che «per risparmiare soldi, il materiale usato per tappare le buche è lavorato a freddo». Significa che non è propriamente scaldato ed è di conseguenza poco malleabile: succede quindi che il materiale che dovrebbe tappare il buco non riesce a prendere la forma del buco, occupando ogni spazio vuoto. È un contenuto che non riesce a entrare bene nel contenitore. Serve un materiale che si possa mettere rapidamente ma che sia anche caldo. Un gruppo di ricerca della University of Minnesota Duluth potrebbe averlo trovato, scrive l’Economist: «Stanno mischiando l’asfalto con minerale di ferro macinato che contiene magnetite, un ossido di ferro che, come suggerisce il nome, è magnetico». Tutti questi nomi complicati permettono la risonanza ferromagnetica, un altro nome complicato che vuol dire una cosa piuttosto semplice: quando la magnetite viene colpita da microonde alla giusta frequenza, si scalda.
Insomma, questo nuovo materiale può essere scaldato velocemente e piuttosto facilmente attraverso delle microonde: basta pensare alla velocità con cui il forno a microonde scalda certe cose per capirne i vantaggi. Zanko e gli altri ricercatori hanno già dimostrato che un asfalto che contenga tra l’1 e il 2 per cento di magnetite può essere scaldato fino a 100 gradi centigradi in circa 10 minuti e che le strumentazioni per scaldarlo possono stare su un normale mezzo di trasporto.
Un altro approccio lo stanno invece studiando Etienne Jeoffroy del Politecnico federale di Zurigo, in Svizzera, e André Studart e Manfred Partl dell’EMPA, un centro di ricerca svizzero che si occupa di scienza dei materiali. Anche loro hanno pensato di mettere ossido di ferro nell’asfalto: la differenza sta nel fatto che nel loro caso il riscaldamento avviene grazie ai campi magnetici. È un procedimento simile a quello usato per curare certi tumori, colpendo in modo mirato le cellule tumorali attraverso nanoparticelle di ossido di ferro poi scaldate a dovere. «Per la manutenzione stradale basterebbe quindi guidare sulle strade interessate una volta l’anno con uno speciale veicolo che crei il necessario campo magnetico», scrive l’Economist. Sarebbe bello e sembrerebbe possibile: bisognerebbe però rifare tutte le strade con questo materiale, o almeno ricoprirle tutte con un suo strato.
Un’altra soluzione l’ha proposta Phil Purnell, professore dell’università di Leeds, in Gran Bretagna. Purnell sta pensando di mettere su certi veicoli – meglio se su quelli che fanno tanta strada ogni giorno – dei sistemi in grado di monitorare lo stato dell’asfalto e comunicare a un «veicolo di riparazione robotizzato» la posizione di ogni crepa nell’asfalto: si parla di crepe e non di buche perché l’idea è far si che il robot intervenga prima ancora che si formi la buca. Una specie di prontissimo intervento: una sorta di prevenzione dell’approccio tappa-buche, attraverso l’approccio tappa-crepe.