Cosa è successo ai Paesi Bassi?
È stato uno dei paesi fondatori dell'Unione Europea, per anni simbolo di progressismo e multiculturalismo, ma oggi si è spostato molto a destra
Il 21 giugno 1988, al Volksparkstadion di Amburgo, la nazionale di calcio olandese vinse 2-1 contro la Germania Ovest in una delle due semifinali degli Europei. La Germania era la nazione organizzatrice del torneo, e aveva una squadra fortissima – due anni dopo avrebbe vinto i Mondiali – con giocatori come Rudi Völler, Jürgen Klinsmann e Lothar Matthäus. Anche l’Olanda, che avrebbe poi vinto gli Europei battendo in finale la Russia, era fortissima: e diversamente dalla Germania Ovest, i cui giocatori erano tutti bianchi, era una nazionale multietnica. Tre degli undici titolari erano neri e originari del Suriname: tra questi c’erano due dei giocatori più forti, Ruud Gullit e Frank Rijkaard.
I Paesi Bassi, in quegli anni, erano considerati uno dei paesi più progressisti e tolleranti d’Europa. Tra gli anni Ottanta e Novanta furono tra gli stati che più sperimentarono politiche liberali su temi delicati e all’avanguardia, come la legalizzazione della prostituzione e delle droghe leggere, l’eutanasia e le unioni civili tra persone dello stesso sesso. La vittoria degli Europei dell’Olanda multietnica fu uno dei simboli di quel periodo politicamente liberale e multiculturale.
Ventotto anni dopo gli Europei del 1988, le cose sono cambiate molto: i Paesi Bassi sono uno degli stati dove l’euroscetticismo è più diffuso, ed esistono seri problemi di antisemitismo e islamofobia. Secondo i sondaggi degli ultimi mesi, il primo partito del paese è il Partito per la Libertà (PVV), un movimento di estrema destra, xenofobo ed euroscettico guidato da Geert Wilders. In tutto questo, l’Olanda non si è qualificata agli Europei di calcio del 2016 in Francia.
Joris Luyendijk, antropologo e giornalista olandese, ha recentemente spiegato sul Guardian alcune delle ragioni del brusco cambiamento avvenuto nei Paesi Bassi negli ultimi anni. Luyendijk spiega che la maggioranza degli olandesi ancora oggi è a favore dell’Unione Europea: l’attuale primo ministro è Mark Rutte, del Partito Popolare per la Libertà e la Democrazia, di centrodestra ed europeista. Il sindaco di Rotterdam, Ahmed Aboutaleb, e la presidente del Parlamento olandese, Khadija Aribè, sono entrambi musulmani e di origini marocchine. Il PVV è però cresciuto molto negli ultimi anni: alle ultime elezioni politiche, nel 2012, prese circa il 10 per cento dei voti, il terzo partito più votato, e ottenne 15 seggi alla Camera. Alle precedenti elezioni, nel 2010, era andato ancora meglio, con il 15 per cento dei voti e 24 seggi. Secondo alcuni sondaggi condotti a inizio del 2016, a gennaio il 29 per cento degli elettori olandesi ha detto che avrebbe votato per il PVV, che otterrebbe così 41 seggi. Il sondaggio era stato condotto poco dopo le aggressioni di Colonia, in un clima quindi di diffusi allarmismi e propaganda anti-musulmana. Nei sondaggi successivi i consensi del PVV è calato fino ad arrivare intorno al 20 per cento, ma continua a essere il primo partito del paese.
Historical poll: 41 virtual parliamentary seats for the PVV! We will give our country back to our own people. pic.twitter.com/VacuYng40h
— Geert Wilders (@geertwilderspvv) January 10, 2016
A questo, spiega Luyendijk, si aggiunge il fatto che anche il Partito Socialista, una formazione di estrema sinistra a sua volta euroscettica, gode di un diffuso consenso: alle elezioni del 2012 è stato il quarto partito più votato e ha ottenuto 15 seggi.
I Paesi Bassi, che nel 1957 furono uno dei sei paesi fondatori della Comunità europea, nel 2005 furono l’unico stato insieme alla Francia a bocciare la Costituzione europea: al referendum organizzato per decidere se accettarla il 61 per cento degli elettori votò contro (in Francia fu il 55 per cento), trascinati dall’estrema destra e dall’estrema sinistra. Lo scorso aprile è stato organizzato un referendum consultivo per decidere se approvare o meno un accordo di collaborazione commerciale e politica tra Unione Europea e Ucraina. Il trattato era già in vigore dal 2014 a livello europeo, ed era stato approvato dal Parlamento olandese nel 2015. GeenStijl, un sito euroscettico e di estrema destra, ha raccolto però oltre 400mila firme – 100mila in più di quelle necessarie – per sottoporre il trattato a referendum. Il referendum si è svolto lo scorso 6 aprile: il 61 per cento degli elettori ha votato contro il trattato, e l’affluenza è stata del 32 per cento.
Il referendum non era tanto sul trattato in sé, quanto in generale sui rapporti tra Paesi Bassi e Unione Europea: il “no” al referendum era sostenuto dai partiti euroscettici, che hanno impostato la campagna elettorale «contro Rutte e contro l’élite di Bruxelles», come scrisse lo stesso PVV. Il referendum non era vincolante, ma il primo ministro Rutte ha detto che non avrebbe avuto senso contraddire il risultato. L’esito del referendum fu apprezzato, tra gli altri, dal primo ministro russo Dimitri Medvedev, che lo definì «un’indicazione della percezione europea del sistema politico ucraino». Molta della campagna elettorale precedente al voto si incentrò sul presidente russo Vladimir Putin e sul ruolo dell’Occidente nella guerra tra Russia e Ucraina.
Secondo Luyendijk, uno dei motivi di quello che definisce il “disorientamento” degli attuali Paesi Bassi coincide con l’evento che di colpo fece diventare importante nel paese la guerra in Ucraina: l’abbattimento del volo MH17 di Malaysia Airlines avvenuto il 17 luglio 2014 in Ucraina orientale. Morirono 298 persone, tra cui 193 olandesi (il volo era partito da Amsterdam ed era diretto a Kuala Lumpur, in Malesia): «Significa che, in proporzione alla popolazione, la nazione ha subito una perdita più grande di quella degli Stati Uniti l’11 settembre». Oggi dell’abbattimento sono accusati soprattutto i ribelli filorussi, responsabili secondo tantissimi documenti e prove, ma ci sono state più fragili accuse verso l’esercito ucraino: una condizione che ha contribuito alla divisione degli olandesi tra chi crede a una versione e chi all’altra.
Secondo Luyendijk, quella del volo MH17 è stato solo l’ultimo episodio di quella che chiama «una serie di catastrofi senza precedenti che ha colpito il paese negli ultimi 15 anni». Le prime due sono stati gli assassini di Pim Fortuyn e Theo Van Gogh. Il primo era un politico di estrema destra fondatore di un movimento anti-immigrazione, ucciso nel 2002 da un estremista ambientalista alla vigilia delle elezioni, alle quali avrebbe poi ricevuto il 17 per cento dei voti. Van Gogh era invece un regista e intellettuale con posizioni molto critiche verso l’immigrazione e l’Islam in generale: fu ucciso per strada ad Amsterdam da un uomo di 26 anni di origini marocchine, che lo avvicinò mentre era in bici, gli sparò e poi provò a decapitarlo. Disse poi di aver agito per difendere il nome di Allah. Insieme agli assassini di Fortuyn e Van Gogh, Luyendijk cita anche l’attentato con il quale nel 2009 un uomo provò a uccidere la famiglia reale cercando di investire in auto il corteo che stava percorrendo la città di Apeldoorn per il giorno della Regina, una festa nazionale dei Paesi Bassi. La famiglia reale rimase illesa ma 7 persone morirono dopo essere state investite. Morì anche l’attentatore, e le sue motivazioni non furono mai chiarite.
Questi episodi, spiega Luyendijk, hanno contribuito a diffondere un clima di paura, sfruttato da partiti come quello di Wilders. Oltre a questi eventi, hanno contribuito al successo dell’euroscetticismo quelli che hanno interessato più in generale gli stati europei: le guerre in Afghanistan e Iraq, la crisi economica del 2008, quella greca e l’immigrazione. Wilders non ha saputo creare un partito politico efficiente come il Front National di Marine Le Pen: assomiglia invece più a Nigel Farage e alla sua conduzione autoritaria dello UKIP. Anche se il suo consenso dovesse sgonfiarsi, dice Luyendijk, la sua esperienza politica ha insinuato tra gli olandesi dei dubbi e dei timori a cui la classe politica liberale ed europeista non sa più rispondere.
E se il progetto europeo fosse un edificio con le fondamenta fatalmente imperfette? Come può sopravvivere una società aperta, basata sull’eguaglianza, se ogni anno accoglie decine se non centinaia di migliaia di immigrati da paesi senza tradizioni di apertura, eguaglianza o dialettica democratica? Specialmente se quegli immigrati fanno molti più figli degli olandesi?
C’era un tempo quando i politici olandesi e gli opinionisti avrebbero risposto subito che l’Unione Europea era un cantiere aperto, e che un’integrazione di successo avrebbe richiesto solo una generazione: perché i figli degli immigrati sarebbero dovuti rimanere socialmente e culturalmente conservatori se potevano anche essere olandesi? Quella sicurezza di sé se ne è andata, e nessuno sa quello con cui verrà sostituita. Quello che sembra certo è che non torneranno più i giorni esaltanti dell’ottimismo progressista.