Adolescenti, smartphone e genitori
Una guida per adolescenti, soprattutto: per spiegare come rispondere ai genitori preoccupati dal troppo tempo passato davanti a uno schermo
Negli Stati Uniti si definisce “generazione Z” quella di chi è nato dalla metà degli anni Novanta in poi. È una sottocategoria dei cosiddetti “Millenials“, di cui fa parte chi è nato tra la metà degli anni Ottanta e i primi anni del Duemila. Se ne parla, sempre soprattutto negli Stati Uniti, per riferirsi a ragazzi e adolescenti che, secondo una definizione del Washington Post, fanno parte della «età degli schermi». Un articolo del Washington Post intitolato “13 anni, proprio ora” ha parlato così di una ragazza della Generazione Z:
Scivola in macchina e prima ancora di essersi allacciata la cintura ha già lo smartphone in mano. È una ragazza di 13 anni dopo un giorno di scuola media. Dice ciao. La ragazza alla pari che si occupa di lei le dice: «pronta per andare?».
Non risponde. Il suo pollice è già su Instagram. Sullo schermo c’è un meme di Barbara Walters [una conduttrice tv statunitense]. Fa scorrere il dito sullo schermo, ecco un altro meme. Poi un altro ancora, e poi chiude l’app. Apre BuzzFeed. C’è un articolo su Rick Scott, governatore della Florida. Lo ignora e arriva a uno su Janet Jackson, poi a uno intitolato “28 cose che puoi capire se sei sia britannico che statunitense”. Lo chiude. Apre Spotify. Apre Fitbit. Ha fatto 7,427 passi. Apre ancora Instagram. Poi Snapchat. Guarda l’immagine di uno scintillante arcobaleno che esce dalla bocca di una sua amica. Guarda il video di una star di YouTube che fa un video con il broncio. Guarda un tutorial sulla nail art. Sente un sobbalzo dovuto all’ingresso dell’auto nel vialetto di casa. È arrivata. Sono passati 12 minuti.
L’articolo descrive una situazione piuttosto comune, magari con qualche differenza di app e interessi dovuta a età e nazionalità: ma è probabile che molti adolescenti e genitori di adolescenti ci abbiano trovato qualcosa di familiare. Mashable ha parlato della situazione nell’articolo “Come gli adolescenti possono parlare della loro ossessione digitale con i loro genitori“, spiegando agli adolescenti che «non è facile mettere giù lo smartphone solo per fare contento l’adulto che si ha accanto, specialmente quando in chat c’è una vivace conversazione che si è accesa proprio in quel momento».
Le domande – o i rimproveri – dei genitori sull’uso della tecnologia da parte dei figli finiscono spesso senza risposte dei figli e con l’arrabbiatura dei genitori. Karen North – direttrice di un gruppo di ricerca sulle comunità online alla University of Southern California – ha detto: «Oggi i ragazzi sono tenuti a rispondere di quello che fanno molto più che in passato, e non c’è mai stata una generazione con un mondo sociale così complicato». North ha parlato di un evidente contrasto tra l’identità sociale dei giovani e i genitori che provano a capirci qualcosa. Mashable ha quindi suggerito a ragazzi e adolescenti le risposte da dare ai genitori in alcuni casi che hanno a che fare con la tecnologia.
Genitore: Mi hai detto che dovevi studiare, e invece sei qui a guardare il cellulare.
Figlio: Buffo. Appena faccio una pausa dallo studio tu mi vedi che uso il cellulare. Fa bene fare una pausa ogni tanto, mentre si studia. Altrimenti sarei ancora più stressato di quanto già sono.
Molti studi hanno dimostrato che fare pause dallo studio – «che si tratti di mangiare uno yogurt o usare Snapchat» – aiuta a rimanere rilassati e produttivi. Lo dice anche il MIT, una delle più importanti università di ricerca del mondo, con sede a Cambridge, nel Massachusetts.
Genitore: A chi stai scrivendo?
Figlia: Sto mandando un messaggio a un’amica per chiederle se vuole fare qualcosa insieme nel fine settimana, stiamo cercando di capire cosa fare.
North spiega che dare una risposta chiara e mirata per spiegare quello che si sta facendo online aiuta gli adolescenti a far capire ai genitori che non è che si stia proprio perdendo tempo. Serve a mettere le cose in prospettiva, diciamo. «Per anni ci si è lamentati dei bambini che guardavano la tv e non facevano niente», ha detto North. Far capire che gli smartphone aiutano a evitare di non far niente anziché essere un nuovo modo di non far niente può essere molto utile.
Genitore: Dammi subito il tuo cellulare.
Figlio: Io non sbircio quello che tu fai con il tuo. Non dovresti farlo nemmeno tu con il mio.
In molti casi i dubbi dei genitori hanno a che fare con la fiducia, con l’ansia dovuta al non sapere cosa fanno i figli su internet, anche perché i genitori non sanno bene cosa fare per insegnare ai figli a evitare certi rischi e “navigare sicuri”. Allo stesso modo i figli hanno il diritto di non dire ai genitori tutto quello che li riguarda. «Gli adolescenti hanno sempre voluto mantenere un’identità sociale loro, senza che i genitori li osservino», scrive Mashable. È cambiato il mezzo, non le dinamiche.
Genitore: Ma da quel telefono non ti stacchi mai?
Figlia: A volte. Ora devo parlare di compiti con un compagno.
Genitore: Ok, quando hai chiesto però mettilo via.
Figlia: Beh, ci devo fare anche altre cose, quando non sto studiando.
Genitore: Te l’ho comprato io e quindi decido io. Dammelo subito.
È comprensibile che, per controllare i figli, i genitori vogliano avere accesso a una cosa che in fin dei conti hanno pagato loro. È anche vero però che i dispositivi digitali non sono solo “cose che i genitori hanno comprato ai figli”: sono parte dell’identità dei figli, tanto quanto i loro vestiti o la musica che ascoltano. A una domanda – in certi casi un’imposizione – di questo tipo i figli dovrebbero spiegare, con calma, i motivi seri per cui quel cellulare potrebbe servigli. Se queste risposte non dovessero funzionare, lettori adolescenti, dite che l’hanno detto Karen North della University of Southern California, il MIT e Il Post, su cui l’avete letto in uno di quei momenti in cui non stavate studiando. Mica eravate lì a perdere tempo. Prego.