Cosa succede quando i troll filorussi prendono di mira qualcuno
Una giornalista finlandese da due anni riceve minacce e intimidazioni per avere indagato sui loro rapporti con Putin
Jessikka Aro ha 35 anni, è una giornalista della televisione pubblica finlandese Yle Kioski e dal 2014 riceve ogni giorno minacce e insulti su Internet da un agguerrito gruppo di troll che sostengono il governo russo. È stata accusata di essere un’informatrice della NATO, di avercela con la Russia e la sua popolazione, di avere spacciato droga: contro di lei sono state organizzate campagne molto dure online, sostenute da utenti quasi sempre anonimi e che si sospetta siano finanziati o per lo meno incentivati dal governo russo. La sua storia è stata raccontata dal New York Times, con un articolo in prima pagina su quello che è stato definito “l’esercito dei troll della Russia”.
Quando un paio di anni fa chiese agli spettatori del suo programma di raccontare le loro esperienze con i troll filorussi, Aro non immaginava che la sua vita sarebbe “diventata un inferno”, come ha raccontato al New York Times. Le cose peggiorarono ulteriormente nel 2015, quando Aro andò a San Pietroburgo per scoprire meglio come si organizza uno di questi gruppi di troll. Raccontò che in un grande ufficio poche persone creavano account falsi di ogni tipo sui social network, pubblicando commenti a favore della Russia sui siti di news, soprattutto su quelli in cui si parla della guerra in Ucraina. Alcuni attivisti filorussi si riunirono davanti alla sede di Yle a Helsinki per protestare contro Aro, accusando la stessa tv pubblica di essere un’organizzazione di troll.
Campagne sui social network molto agguerrite, talvolta con violenze verbali, sono frequenti e riguardano i temi più disparati: ma negli ultimi anni quelle a favore del governo russo sono diventate preponderanti, soprattutto in Europa. La stessa NATO e l’Unione Europea hanno riconosciuto il problema e incaricato diversi gruppi di lavoro di tenere sotto controllo i troll, collaborando con social network e altri servizi online per identificare gli account più molesti e se necessario farli sospendere. Dato che confinano con la Russia, e hanno a che fare con le ambizioni di Putin di espandere la sua area di controllo, i finlandesi sono diventati tra i principali obiettivi di queste campagne portate avanti dai troll filorussi.
La Finlandia non fa parte della NATO, ma dopo la guerra in Ucraina e le conseguenti pressioni sugli stati baltici ha iniziato ad avvicinarsi all’alleanza militare guidata dagli Stati Uniti, offrendo maggiore collaborazione. Tra le possibilità valutate e discusse c’è anche un ingresso della Finlandia nella NATO: la questione è molto dibattuta nel paese, con l’opinione pubblica divisa tra chi vuole mantenere maggiore autonomia e chi si sentirebbe più al sicuro sotto le tutele della NATO. I troll filorussi attaccano chi è favorevole a un avvicinamento della Finlandia alla NATO: la loro strategia è rispondere sui social network a chi dice cose contro la Russia, diffondere informazioni spesso diffamatorie sulla loro reputazione, costruire storie false intorno ad attivisti e associazioni con centinaia di commenti sui siti di informazione e creando confusione.
L’obiettivo dei troll è fare in modo che la Finlandia resti fuori dalla NATO, ha spiegato Saara Jantunen, ricercatrice dell’esercito finlandese: “Riempiono lo spazio dell’informazione con così tanti abusi e teorie del complotto che anche le persone sane di mente perdono la testa”. Se non trovano basi solide per screditare qualcuno, provano a esasperarlo fino al punto in cui non se la sente più di dire la sua online. “Ti entrano nella testa e inizi a pensare: se faccio questa cosa, poi i troll che cosa faranno?”, ha spiegato Aro.
Da quando si occupa del fenomeno, Aro ha ricevuto un gran numero di commenti anonimi e messaggi su Facebook da account fasulli. Gli autori degli insulti dicono di esercitare semplicemente il loro diritto di libertà di parola e negano di ricevere denaro dal governo russo per farlo. Tenere sotto controllo tutte le falsità che vengono pubblicate è praticamente impossibile, così come organizzare iniziative per fare conoscere la verità. L’Unione Europea dallo scorso autunno pubblica ogni settimana un elenco di miti e falsità diffuse online dai troll, attraverso il sito “Disinformation Review”. L’iniziativa non è molto conosciuta e non si è rivelata efficace nel contrastare i troll.
Aro conosce comunque l’identità di almeno uno dei suoi principali critici, perché ha deciso di rinunciare all’anonimato. Si chiama Johan Backman, è un convinto sostenitore delle politiche del presidente russo Vladimir Putin e passa molto tempo a Mosca, dove viene invitato spesso nelle trasmissioni controllate dal governo. Si definisce un “difensore dei diritti umani” ed è rappresentante della Repubblica Popolare di Donetsk, lo stato non riconosciuto che è stato proclamato nel 2014 dalle autorità separatiste ucraine filorusse. Dice di non ricevere finanziamenti dalla Russia e di non avere preso parte a una “guerra dell’informazione” contro Aro. È però convinto che sia la Russia al centro di una campagna di disinformazione organizzata dai paesi occidentali e di cui Aro fa parte.
Le minacce e le intimidazioni nei confronti di Jessikka Aro non si sono comunque limitate alle campagne online. Poco dopo avere iniziato la sua inchiesta giornalistica nel settembre del 2014, Aro ricevette una telefonata da un numero con prefisso ucraino. Rispose ma non sentì nessuna voce: solo un colpo di pistola. Nei giorni seguenti le furono inviati SMS ed email che la definivano una “puttana della NATO”.
All’inizio di quest’anno il sito MVLehti – che si occupa di Finlandia ma ha sede in Spagna – ha pubblicato i documenti di una presunta condanna ricevuta da Aro nel 2004 per il consumo di anfetamine, che le costò una multa di 300 euro. L’articolo che ne dava conto era intitolato “Si è scoperto che l’informatrice della NATO Jessikka Aro è una spacciatrice di droga” e mostrava, tra le altre cose, alcune fotografie di Aro scattate mentre era in una discoteca di Bangkok, durante una vacanza in Thailandia. La notizia dello spaccio di droga era inventata: ha portato alla pubblicazione di una lettera aperta firmata dai direttori di 20 testate finlandesi per denunciare pratiche che “avvelenano il dibattito pubblico” attraverso la diffamazione e la pubblicazione di falsità. La polizia finlandese ha avviato un’indagine con l’accusa di incitazione all’odio e persecuzione nei confronti del sito.
Il fondatore di MVLehti, Ilja Janitskin, ha detto di non avere nessun legame con la Russia, fatta eccezione per il suo cognome. Al New York Times ha spiegato di essere più un sostenitore di Donald Trump che di Vladimir Putin, e di essersi interessato ad Aro dopo che la giornalista finlandese aveva accusato il suo sito di fare propaganda a favore della Russia. Come Backman, ha negato di ricevere finanziamenti dal governo russo per le sue attività.