C’è un nuovo controverso studio su cellulari e cancro
È basato su esperimenti di laboratorio sui ratti, ma ci sono molti dubbi sull'affidabilità dei suoi risultati
La pubblicazione negli Stati Uniti di una nuova ricerca sul presunto legame tra uso dei cellulari e rischio di sviluppare il cancro ha riaperto l’annoso dibattito sugli effetti dei telefonini sulla salute, mai dimostrati con certezza in decenni di ricerche e sperimentazioni. Il nuovo studio è stato diffuso dal National Toxicology Program, un gruppo di lavoro delle autorità sanitarie statunitensi, e riguarda una serie di sperimentazioni sui ratti che hanno sviluppato tumori al cervello e al cuore dopo essere stati esposti a radiazioni elettromagnetiche come quelle prodotte dai cellulari. La ricerca ha già ricevuto critiche di vario tipo per i suoi risultati, ritenuti poco convincenti e probabilmente viziati dal modo in cui è stata condotta la sperimentazione.
Cosa dice lo studio
I ricercatori hanno messo i ratti in alcuni contenitori dove sono stati esposti a vari livelli di radiazioni, per circa nove ore al giorno per tutto il tempo dell’esperimento. L’esposizione è iniziata prima che nascessero, attraverso le madri, ed è proseguita fino al loro secondo anno di età. Per lo stesso periodo di tempo sono stati allevati altri ratti senza esporli alle onde elettromagnetiche, in modo da avere un gruppo di controllo.
Tra il 2 e il 3 per cento dei ratti esposti alle radiazioni ha sviluppato un glioma, un tipo di tumore che si sviluppa nel sistema nervoso centrale, mentre nel gruppo di controllo nessun ratto ha sviluppato la malattia. Inoltre tra il 5 e il 7 per cento dei ratti esposti ai livelli più alti di radiazioni ha sviluppato un neurinoma al cuore, un tumore benigno che interessa le cellule che ricoprono e isolano i nervi. Secondo i ricercatori, la causa dei tumori è stata “causata probabilmente” dalle radiazioni utilizzate durante la sperimentazione.
Cosa non torna
Ci sono diversi dettagli che mettono in dubbio l’affidabilità dello studio, e su cui ci sono stati numerosi commenti da parte di altri ricercatori ed esperti. L’insorgenza dei tumori è stata riscontrata quasi esclusivamente nei ratti maschi, un particolare che gli autori della ricerca non sono riusciti a spiegare, considerato che non ci sono elementi per giustificare una differenza tra i generi.
Un’altra stranezza riguarda la longevità dei ratti usati per gli esperimenti: quelli sottoposti alle radiazioni sono vissuti nel complesso più a lungo rispetto ai ratti del gruppo di controllo. Non è inoltre chiaro come mai nei ratti di controllo non ci sia stato nemmeno un caso di tumore: la sola mancanza di radiazioni non è una spiegazione sufficiente, perché in ricerche precedenti condotte dallo stesso National Toxicology Program i gliomi si erano sviluppati anche nel 2 per cento dei ratti appartenenti ai gruppi di controllo. Se fosse avvenuto lo stesso nello studio sulle radiazioni dei cellulari, non ci sarebbe stata una differenza significativa tra ratti esposti e non esposti.
Altri dubbi sono stati espressi circa i livelli di radiazioni elettromagnetiche cui sono stati sottoposti i ratti. Fatte le necessarie proporzioni, si è trattato di livelli molto più alti e per un tempo prolungato rispetto a quelli cui ci esponiamo in media quotidianamente usando il cellulare. Non è raro che ricerche di questo tipo utilizzino livelli più alti per assicurarsi di evidenziare qualsiasi effetto, ed evitare di perderselo per strada, ma questa scelta potrebbe avere condizionato sensibilmente i risultati dello studio.
Le altre ricerche su cellulari e rischio tumori
Negli ultimi 20 anni sono state realizzate centinaia di ricerche per determinare se chi usa molto i cellulari abbia un maggior rischio di sviluppare un tumore: i risultati sono stati spesso contraddittori e, a oggi, non ci sono elementi per affermare con certezza un legame tra telefonini e cancro. Nel complesso gli studi realizzati finora hanno coinvolto circa un milione di persone in tutto il mondo e non hanno portato a nessuna prova concreta e certa.
Alcune ricerche sono state realizzate in laboratorio, come nel caso di quella annunciata la settimana scorsa, mentre altre sono basate sulla statistica e sull’andamento di particolari tumori nella popolazione. L’incidenza del cancro al cervello negli Stati Uniti, per esempio, è rimasta praticamente invariata dal 1992, nonostante negli ultimi 20 anni i cellulari si siano diffusi ovunque diventando il primo dispositivo elettronico in buona parte del mondo. Se si osservano i dati, si nota in realtà che rispetto al 1992 c’è stato un lievissimo calo nei casi di tumore al cervello negli Stati Uniti, dato che secondo diversi ricercatori mette ulteriormente in discussione i sospetti sui cellulari.
Nel maggio del 2011 l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ha inserito i cellulari nella “Categoria 2B: cancerogena possibile per l’uomo”, nell’ambito della sua classificazione del rischio relativo ai tumori di agenti chimici e fisici. Nella 2B rientrano tutti gli “agenti per i quali ci sono prove limitate di cancerogenicità negli esseri umani e prove meno che sufficienti di cancerogenicità negli esperimenti sugli animali”. La 2B è una delle categorie più estese previste dalla IARC e ha dentro moltissimi prodotti e composti chimici, compresi la benzina e il caffè. L’OMS promuove da anni ricerche e analisi per approfondire le conoscenze scientifiche sull’uso dei cellulari e i loro potenziali effetti sulla salute.
Quindi?
La ricerca del National Toxicology Program ha portato a risultati poco coerenti, che ne fanno mettere in dubbio l’attendibilità, ma che devono comunque essere presi in considerazione nell’ambito delle ricerche su cellulari e cancro. Il gruppo di lavoro non ha comunque terminato i suoi studi e produrrà una nuova ricerca, più estesa e con più dati, il prossimo anno. Sappiamo che le radiazioni ionizzanti, come quelle emesse dalle armi nucleari, hanno la capacità di causare danni al DNA che possono portare alla formazione di tumori. Le radiazioni emesse dai cellulari producono campi elettromagnetici a radiofrequenza – una cosa diversa rispetto alle radiazioni ionizzanti – che non sono a oggi note per causare danni al DNA.