Perché gli Stati Uniti controllano ancora le loro armi nucleari con i floppy disk?
Non è solo una questione di arretratezza: a volte le tecnologie più vecchie sono più sicure
di Brian Fung – The Washington Post
Sorprendentemente l’arsenale nucleare degli Stati Uniti dipende da una reliquia degli anni Settanta di cui alcuni di noi potrebbero non ricordarsi: l’umile floppy disk. È difficile credere che a controllare le armi più spaventose mai create dall’umanità siano questi dispositivi magnetici di 20 centimetri che servono a immagazzinare dati. Eppure, secondo un nuovo rapporto del governo americano, il dipartimento di Difesa si affida ancora a questa tecnologia per coordinare forze strategiche di fondamentale importanza come i bombardieri nucleari e i missili balistici internazionali. I floppy disk contribuiscono a gestire il cosiddetto “Sistema automatico di comando e controllo strategico”, un’importante rete di comunicazione usata dal Pentagono per inviare gli ordini di lancio ai comandanti militari e condividere importanti informazioni di intelligence. Per poter usare i floppy disk, poi, l’esercito americano è costretto a mantenere un gruppo di computer IBM Serie 1, che la maggior parte di noi vedrebbe meglio in un museo che in un silo missilistico.
Non è la prima volta che circolano notizie sull’uso di tecnologia apparentemente obsoleta da parte dell’esercito: nel 2014 alcuni membri dell’esercito responsabili degli armamenti nucleari avevano mostrato a 60 Minutes, un programma del network americano CBS, uno dei floppy disk segreti usati per immagazzinare e trasmettere informazioni sensibili a decine di centri di comunicazione. Sentire che il Pentagono non si è ancora sbarazzato di questa tecnologia, e che non ha in programma di farlo prima del 2017, fa un po’ impressione. C’è però una ragione – oltre alla semplice arretratezza – che spiega la decisione dell’esercito americano di continuare a usare i floppy: a volte le tecnologie vecchie sono più sicure. In un periodo in cui le tecnologie digitali hanno soppiantato quasi completamente quelle analogiche (ci sono aziende che regalano letteralmente chiavette USB visto il loro costo irrisorio) la cosa potrebbe sorprendere ed evidenzia il gigantesco divario tra i consumatori e il governo.
Il presidente Obama l’ha definito un problema da risolvere. La Casa Bianca ha spinto molto per un uso maggiore della tecnologia in un governo che Obama ha cercato di rendere più moderno, dalla pubblicazione di dati pubblici alla creazione di un sito dedicato alle petizioni online. Ma non è ancora abbastanza. Quest’anno, al festival tecnologico South By Southwest Interactive ad Austin, in Texas, Obama – il primo presidente della storia a partecipare all’evento – ha fatto un semplice appello agli esperti di informatica e agli sviluppatori: unitevi a noi. «Il motivo per cui sono qui è reclutare tutti voi», ha detto.
Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama al South By Southwest Interactive di Austin (Reuters)
I dati della Carnegie Mellon University e del Massachusetts Institute of Technology (MIT) mostrano quanto sia difficile per il governo americano attrarre i migliori talenti nel settore tecnologico. Nel 2015 solo l’1,1 per cento degli studenti laureati al MIT è andato a lavorare per il governo americano, e solo una manciata di studenti usciti dal Carnegie Mellon ha trovato lavoro presso agenzie governative, tutte con sede all’estero, in posti come Singapore e Corea del Sud. Le università hanno anche problemi a formare la prossima generazione di soldati americani per il settore digitale. In nessuno dei dieci principali corsi di studio di informatica degli Stati Uniti è prevista una formazione sulla sicurezza informatica. Questo faticoso processo di formazione di nuovi talenti non facilita il compito del Pentagono, che vuole triplicare i dipendenti del comando informatico degli Stati Uniti.
Gli investimenti dell’esercito nella sicurezza informatica spiegano i grandi sforzi tecnologici fatti da alcune sezioni del dipartimento di Difesa americano, mentre altre – come le forze nucleari – siano rimaste indietro. Sia la marina che l’aeronautica americane sono molto interessate ai droni: i veicoli che si guidano da soli hanno la capacità di appostarsi silenziosamente sott’acqua e monitorare il nemico, o possono aiutare i piloti umani in aria. Alcuni casi però dimostrano come l’esercito possa considerare la tecnologia in modo troppo ottimistico ed evidenziano i rischi derivanti dal suo utilizzo. Il caccia F-35 Joint Strike Fighter, per esempio, era stato progettato per essere un aereo flessibile e multiuso, da utilizzare in ogni ramo dell’esercito americano. Il caccia, invece, è diventato un esperimento lungo e costoso che, secondo diversi rapporti diffusi nel corso degli anni, non è nemmeno funzionante, dal momento che le sue parti si consumano prima di quanto dovrebbero; l’F-35 poi non è in grado di sconfiggere aerei più vecchi in combattimento, ed è esposto agli attacchi informatici: tutti problemi emersi prima ancora che il caccia incontrasse un nemico vero.
La situazione ha delle analogie con la finzione, che possono essere altrettanto istruttive. Nella popolare serie TV americana del 2004 Battlestar Galactica, l’umanità viene attaccata da dei robot creati dall’uomo. Gran parte della flotta spaziale umana è presa di sorpresa e viene seriamente danneggiata da un virus informatico sviluppato dai robot, che si diffonde da navicella in navicella tramite le sofisticate reti che le collegano. Il Galactica, un’obsoleta navicella da guerra ormai in disuso, è una delle poche sopravvissute all’attacco: i sistemi del Galactica non facendo parte delle rete informatica umana si salvano dall’attacco che aveva messo fuori gioco il resto della flotta. La lezione sembra essere chiara: a volte la tecnologia più moderna non è la migliore.
Dietro al prolungato utilizzo dei floppy disk da parte dell’esercito americano c’è una logica simile. Il fatto che le forze nucleari americane non siano collegate alle reti digitali è in realtà una forma di difesa dagli hacker. Il maggior generale Jack Weinstein lo aveva spiegato alla giornalista Lesley Stahl a 60 Minutes su CBS nel 2014:
Weinstein: questi sistemi antiquati garantiscono una certa sicurezza – anzi, una sicurezza enorme – quando si tratta dei problemi informatici che oggi abbiamo nel mondo.
Stahl: Si spieghi.
Weinstein: Qualche anno fa abbiamo fatto analizzare completamente tutta la nostra rete. Gli ingegneri informatici hanno scoperto che il sistema è estremamente sicuro così com’è
Stahl: Intende dire che non usate Internet.
Weinstein: No, non usiamo Internet.
Stahl: E quindi gli esperti informatici vi hanno consigliato di continuare in questo modo?
Weinstein: Per il momento, sì.
In altre parole, la diffusione degli hacker e delle guerre cibernetiche sono esattamente il motivo per cui anche i sistemi tecnologicamente obsoleti possono ancora essere preziosi. Nei prossimi anni il Pentagono ha in programma di installare degli aggiornamenti sui suoi sistemi. Ma proprio come per il sistema operativo dei nostri computer, che il primo giorno dopo l’aggiornamento può avere dei problemi inaspettati, i responsabili degli armamenti nucleari americani sembrano voler fare attenzione prima di adottare le tecnologie più recenti e apparentemente migliori: e forse hanno ragione.
© 2016 – The Washington Post