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  • Mercoledì 25 maggio 2016

L’Ungheria di calcio, 44 anni dopo

Sessant'anni fa era la nazionale più forte del mondo, oggi è una delle squadre più deboli in circolazione: se eviterà figuracce, agli Europei ha tutto da guadagnare

La nazionale ungherese dopo la vittoria nei playoff contro la Norvegia (Shaun Botterill/Getty Images)
La nazionale ungherese dopo la vittoria nei playoff contro la Norvegia (Shaun Botterill/Getty Images)

Per capire perché la nazionale ungherese è riuscita a qualificarsi agli Europei di calcio, 44 anni dopo l’ultima partecipazione, ci sono da considerare solo due cose: l’allargamento del torneo da 16 a 24 squadre e le inaspettate difficoltà della Grecia, inserita nello stesso girone di qualificazione dell’Ungheria, probabilmente il meno competitivo fra tutti gli altri. L’Ungheria è una delle squadre più deboli del torneo, più o meno sullo stesso livello di Albania e Romania, che però hanno qualche buon giocatore in più. L’intera difesa titolare dell’Ungheria, incluso il portiere, gioca in club ungheresi e polacchi, che non sono esattamente di alto livello. Lo stesso vale per il centrocampo. Il reparto d’attacco è il migliore, ma anche qua fra i titolari ci sono tre riserve che giocano tra la prima e la seconda divisione tedesca e un 37enne tornato in Ungheria due anni fa per terminare la propria carriera. Agli Europei di Francia, quindi, l’Ungheria ci è arrivata grazie a un bel po’ di situazioni favorevoli, ma a differenza delle altre squadre più deboli ha tutto da guadagnare – se evita figuracce – considerando le condizioni in cui si trova il calcio ungherese da più di mezzo secolo e tutto quello che sta succedendo ora nel campionato nazionale.

Il calcio ungherese negli anni Quaranta e Cinquanta era considerato il migliore d’Europa – forse anche del mondo – grazie a una generazione di giocatori eccezionali, innovativi e di gran lunga superiori alla media dell’epoca. Il calcio giocato dagli ungheresi in quegli anni ha anticipato quella che sarebbe poi diventata la modernità: pochi lanci lunghi e tanti passaggi, ritmi alti e abilità tecniche che fino ad allora non si erano mai viste. La nazionale ungherese raggiunse il suo picco tra il 1950 e il 1956, con uno dei giocatori più forti di tutti i tempi, Ferenc Puskás, con i tre giocatori che diedero il via alla lunga storia di successi del Barcellona, László Kubala, Zoltán Czibor e Sándor Kocsis, e con il primo trequartista moderno nella storia del calcio, Nándor Hidegkuti. Quella squadra venne soprannominata la “squadra d’oro” (in ungherese Aranycsapat) dopo la vittoria della medaglia d’oro alle Olimpiadi di Helsinki del 1952.

La nazionale ungherese della prima metà degli anni Cinquanta è considerata ancora oggi una delle squadre più forti nella storia del calcio. Tra il 1950 e il 1954 giocò 32 partite, dal 4 giugno 1950 al 30 giugno 1954, e non perse mai: umiliò l’Italia a Roma e la fortissima Jugoslavia alle Olimpiadi del 1952, segnò 13 gol in due partite all’Inghilterra (un 6 a 3 a Londra e un 7 a 1 a Budapest). Ai Mondiali in Svizzera del 1954 sconfisse la Germania Ovest 8 a 3 nella fase a gironi. Ai quei Mondiali l’Ungheria arrivò fino in fondo, alla finale, ma la perse 3 a 2 contro la stessa Germania Ovest a cui 14 giorni prima aveva rifilato otto gol. Quella partita passò alla storia come “il Miracolo di Berna”, perché la vittoria della Germania non era nemmeno considerata come una possibilità. Fra i tifosi ungheresi ma anche fra molti giornalisti sportivi, si usa dire che il calcio ungherese finì quel giorno: perché per qualche tempo il calcio ungherese cessò effettivamente di esistere.

Un avvenimento fondamentale segnò la storia del calcio ungherese: la rivolta popolare contro il regime sovietico del 1956. Nell’estate del 1954, dopo la sconfitta di Berna, una popolazione già provata dalla guerra – finita dieci anni prima – dalla povertà e dalle condizioni di vita molto difficili, non riuscì ad accettare facilmente la sconfitta e iniziò ad accusare il regime sovietico di aver manipolato in qualche modo il risultato della finale. Si verificarono piccoli disordini e si diffuse un timido sentimento di contestazione, poi però tutto sembrò finire in pochi giorni.

Due anni dopo, nel 1956, scoppiò la Rivolta ungherese: in due mesi causò tremila morti e l’espatrio di circa trecentomila persone, uno dei più grandi esodi nella storia moderna dell’Europa. Nel 1956 finì anche la storia della squadra d’oro: quasi tutti i giocatori più importanti – Ferenc Puskás, László Kubala, Zoltán Czibor e Sándor Kocsis – si stabilirono all’estero e non tornarono mai più in Ungheria, almeno come calciatori. Il livello del campionato ungherese rimase accettabile per altri anni ma solo grazie alla permanenza di diversi componenti della squadra d’oro. Il regime, che controllava tutte le squadre del campionato, quando terminò la rivolta interruppe ogni tipo di propaganda calcistica. L’intero movimento venne trascurato, gli investimenti azzerati e non venne fornito più nessun tipo di supporto. Quando, nel 1989, l’Ungheria diventò indipendente, le condizioni delle società di calcio erano ferme a quarant’anni prima e la popolarità del calcio era quasi sparita.

L’ultimo importante torneo a cui l’Ungheria ha partecipato è la Coppa del Mondo del 1986 in Messico, dove venne eliminata ai gironi. Negli ultimi Europei disputati invece, quelli del 1972, nella nazionale ungherese giocava un Pallone d’Oro, l’attaccante Flórián Albert, che è anche l’unico ungherese ad averlo vinto. Per capire meglio cos’è successo negli ultimi 40 anni all’Ungheria, nel 2013 una società belga venne incaricata dalla federazione calcistica ungherese per valutare il livello delle accademie giovanili del paese, e venne fuori che i preparatori non erano adeguati e che non esisteva un metodo uniforme di insegnamento. A questo si aggiungeva la generale mancanza di strutture d’allenamento anche appena sufficienti. Solo due squadre ungheresi negli ultimi vent’anni hanno partecipato ai gironi di Champions League, solo una a quelli di Europa League.

Nel 2010 il governo ungherese, per volontà del primo ministro Viktor Orban – molto appassionato di calcio – ha predisposto un piano per cercare di adeguare il movimento calcistico ungherese a quelli degli altri paesi europei. Entro il 2018 dovrebbero essere costruiti e ristrutturati più di 30 stadi: alcuni sono già stati inaugurati, come la Groupama Arena di Budapest, stadio provvisorio della nazionale ungherese. I risultati sportivi però non sono ancora arrivati.

Nel girone di qualificazione agli Europei, l’Ungheria era stata sorteggiata con Romania, Irlanda del Nord, Grecia, Fær Øer e Finlandia. Grazie ai pessimi risultati della nazionale greca, che non si è qualificata finendo il girone all’ultimo posto con gli stessi punti delle Fær Øer, l’Ungheria è riuscita a piazzarsi dietro Irlanda del Nord e Romania e ad ottenere così un posto negli spareggi, poi vinti a sorpresa contro la Norvegia. L’andata, giocata ad Oslo, era terminata uno a zero per gli ungheresi grazie a un gol di László Kleinheisler, centrocampista di 22 anni. Fino ad allora Kleinheisler non aveva mai giocato una partita ufficiale con la sua squadra, il Videoton: era stato convocato inaspettatamente dall’allenatore della nazionale ungherese, il tedesco Bernd Storck, e ancora più a sorpresa era stato schierato nella formazione titolare. Da quella sera Kleinheisler ha iniziato a giocare titolare, in nazionale e con il Videoton, e a gennaio è stato comprato dal Werder Brema, dove però ha giocato solo sette partite. Agli Europei sarà probabilmente titolare.

Nella partita di ritorno, giocata a Budapest, l’Ungheria ha vinto 2 a 1 ed così riuscita a qualificarsi agli Europei dopo 44 anni. Nei sorteggi dei gironi per la fase finale, è stata inserita nel gruppo F con Portogallo, Austria e Islanda. Non è il girone più forte ma è comunque un ostacolo quasi insormontabile per l’Ungheria, il cui obiettivo più realistico sembrerebbe evitare figuracce e magari terminare il girone con due pareggi.

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Storck è stato uno dei primi allenatori a comunicare la lista dei pre-convocati per la sua squadra: sono stati chiamati tutti i giocatori disponibili e per ora non c’è nessun problema legato a infortuni.

Portieri Gábor Király (Haladás), Dénes Dibusz (Ferencváros), Péter Gulácsi (RB Lipsia), Balázs Megyeri (Getafe)

Difensori Attila Fiola (Puskás Akadémia), Barnabás Bese (MTK Budapest), Richárd Guzmics (Wisla Cracovia), Roland Juhász (Videoton), Gergő Kocsis (Puskás Akadémia), Ádám Lang (Videoton), Ádám Pintér (Ferencváros), Zsolt Korcsmár (Vasas), Tamás Kádár (Lech Poznań), Mihály Korhut (Debrecen)

Centrocampisti Ákos Elek (Diósgyőr), Zoltán Gera (Ferencváros), Ádám Nagy (Ferencváros), Máté Vida (Vasas), László Kleinheisler (Werder Brema), Roland Sallai (Puskás Akadémia), Ádám Gyurcsó (Pogoń), Gergő Lovrencsics (Lech Poznań)

Attaccanti Balázs Dzsudzsák (Bursaspor), Zoltán Stieber (Norimberga), Ádám Szalai (Hannover), Krisztián Németh (Al-Gharafa), Nemanja Nikolic (Legia Varsavia), Tamás Priskin (Slovan Bratislava), Dániel Böde (Ferencváros), László Lencse (Újpest)

La formazione con cui l’Ungheria giocherà la prima partita dovrebbe essere simile a quella utilizzata nei gironi di qualificazione. Non sembra esserci un titolare fisso tra i portieri: il posto se lo giocheranno il promettente 25enne Dénes Dibusz, il portiere del Lipsia Péter Gulácsi e l’esperto Gabor Kiraly, che negli spareggi contro la Norvegia è risultato decisivo nonostante i suoi 40 anni (il nome potrebbe non dirvi niente, ma è quello che gioca da sempre con i pantaloni di tuta grigi, “i pantaloni del pigiama”).

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A vedere la formazione, si può parlare solo di punti meno deboli degli altri, e cioè attaccanti e trequartisti, che non sono eccezionali ma come minimo sono adeguati per disputare un campionato europeo da squadra nettamente sfavorita. Il più forte della squadra è l’ala 29enne Balázs Dzsudzák, ex giocatore di PSV e Dinamo Mosca, ora al Bursaspor. Ai tempi del PSV Dzsudzsák era una grande promessa ma poi le sue qualità sono state notevolmente ridimensionate. Nella fascia opposta alla sua giocheranno Kleinheisler o Gergő Lovrencsics del Lech Poznan. Anche l’attaccante titolare non è sicuro, potrebbe essere Ádám Szalai del Norimberga, anche se in questa stagione non ha giocato molto. L’alternativa migliore per ora sembra essere Nemanja Nikolics, che in quest’anno ha segnato 36 gol in 55 partite con il Legia Varsavia. Come trequartista centrale giocherà il 37enne Zoltán Gera, ex Fulham e West Bromwich, probabilmente il miglior giocatore ungherese degli ultimi vent’anni.

Per l’Ungheria gli Europei saranno un’occasione per farsi notare dal resto del continente ma soprattutto in patria, dove da anni il calcio non è più lo sport più popolare. Qualche buon risultato o delle belle prestazioni potrebbero servire anche ad attirare più ragazzi nei centri sportivi di tutto il paese per colmare il principale problema dell’Ungheria, l’inconsistenza dei settori giovanili.

Questa è la quinta guida del Post alle nazionali che parteciperanno agli Europei: qui trovate la pagina con tutte le altre.