In Brasile sta già cambiando qualcosa?
Il nuovo governo di coalizione si è insediato da poco più di una settimana, ma ha già iniziato a riformare le politiche di sinistra degli ultimi 15 anni
Il nuovo governo di coalizione brasiliano – in carica dopo che la presidente Dilma Rousseff è stata sospesa dal suo incarico a causa di un procedimento di “impeachment” – si è insediato da poco più di una settimana, ma ha già iniziato ad abolire molte delle leggi e delle riforme approvate negli ultimi anni dal Partito dei Lavoratori, il partito di centrosinistra che ha governato il Brasile per gli ultimi 13 anni e di cui fa parte anche Rousseff. In un lungo e recente articolo, il Guardian ha scritto insomma che il nuovo governo si sta spostando a destra, sfruttando anche la scarsa popolarità che al momento hanno Rousseff e il Partito dei Lavoratori. Rousseff da mesi è sospettata di aver truccato i dati economici per nascondere la recessione in atto nel paese, ed è stata effettivamente sospesa il 12 maggio. Diversi giornalisti e osservatori sospettano che il suo impeachment sia una specie di manovra di palazzo organizzata dai suoi numerosi oppositori. Nei prossimi mesi si svolgeranno altre votazioni che potrebbero determinare la decadenza di Rousseff.
Il governo è guidato dal presidente ad interim Michel Temer, che è subentrato a Dilma Rousseff in quanto suo vice-presidente: il Brasile è una Repubblica presidenziale, e quindi Temer ha potuto scegliere dei nuovi ministri senza dover ricevere un voto di fiducia dal Parlamento. I nuovi ministri provengono da piccoli partiti di centro, centrosinistra e centrodestra e da ex alleati di coalizione del Partito dei Lavoratori (che alle ultime elezioni ha preso solo il 14 per cento dei voti).
Il nuovo governo Temer è diverso dal precedente già a partire dalla composizione: non ci sono donne e non ci sono nemmeno neri in posizioni importanti (in seguito alle numerose critiche, Temer ha assegnato alcuni ministeri senza portafoglio ad alcune donne). Il programma annunciato da Temer è fatto soprattutto di tagli e austerità e lui stesso ha detto che non ha paura di prendere misure impopolari ma necessarie per il paese, anche perché non potrà candidarsi alle prossime elezioni, previste nel 2018, a causa di alcune violazioni elettorali che ha commesso in passato. La sua popolarità nel paese, inoltre, è intorno al 2 per cento e probabilmente non potrebbe vincere nemmeno se gli fosse consentito di candidarsi.
Negli ultimi anni il Brasile è stato governato da una coalizione di centrosinistra guidata dal Partito dei Lavoratori, prima sotto il presidente Ignacio Lula da Silva e poi sotto Dilma Rousseff. In questo periodo il Brasile ha attraversato un periodo di rapida crescita economica, trainata soprattutto dall’aumento dei prezzi delle materie prime di cui il Brasile è un grande esportatore. In questo periodo i vari governi hanno varato numerose misure contro la povertà e a favore degli impiegati pubblici, una della categorie che sostengono maggiormente il Partito dei Lavoratori.
Negli ultimi anni però il prezzo delle materie prime è crollato e il Brasile ha subito nel 2015 la peggiore recessione dal 1990, perdendo il 3,8 per cento del suo PIL. La disoccupazione è aumentata rapidamente e la popolarità di Rousseff è scesa al minimo storico. Contemporaneamente, un grave scandalo di corruzione ha coinvolto la compagnia petrolifera nazionale Petrobras e, in maniera trasversale, quasi tutte le forze politiche ma in particolare il Partito dei Lavoratori.
Le prime misure che ha adottato il governo Temer hanno lo scopo di eliminare alcuni dei principali programmi di spesa voluti proprio dal governo Rousseff. Temer ha annunciato tagli alle pensioni dei lavoratori pubblici, tra le più alte del mondo (in Brasile l’età media di pensionamento è di 55 anni). Quattromila lavoratori pubblici saranno licenziati entro la fine dell’anno, mentre saranno ridotti i programmi di edilizia popolare. Un piano per costruire più di 11mila nuove abitazioni è già stato cancellato. Temer ha detto che non intende toccare i programmi di welfare destinati alla parte più povera della popolazione, ma uno dei suoi ministri ha già annunciato che uno dei programmi principali potrebbe essere “aggiustato” per ridurre le spese del 10 per cento. Il ministro della Salute Ricardo Barros ha inoltre annunciato che nelle attuali condizioni di bilancio il governo potrebbe non essere più in grado di garantire l’assistenza sanitaria gratuita prevista dalla Costituzione brasiliana e consigliato ai cittadini di affidarsi quanto più possibile alle assicurazioni sanitarie private. Da anni in realtà il sistema sanitario brasiliano versa in pessime condizioni, ma le parole di Barros lasciano credere che in futuro potrebbero esserci ulteriori tagli.
Se il governo Temer non ha bisogno di raccogliere consenso tra gli elettori brasiliani, ha comunque diverse difficoltà a mantenere unita la coalizione sulla quale si regge. Per esempio, Temer è stato costretto da molte pressioni ad accettare André Moura come leader della coalizione nella Camera bassa. Moura è un giovane politico del Partito Sociale Cristiano, di centrodestra, ma è anche accusato di tentato omicidio e peculato. Temer aveva chiesto che venisse nominata una figura meno controversa, ma ha dovuto cedere davanti alle insistenze di Eduardo Cunha, una delle figure più influenti del centrodestra brasiliano e il principale sostenitore dell’impeachment di Rousseff. Anche Cunha, fra l’altro, è coinvolto nello scandalo Petrobras, che ha contribuito alla caduta di Rousseff, ed è stato sospeso dalla carica di presidente della Camera per ordine della Corte suprema.
Tra i ministri più controversi del governo c’è Blairo Maggi, a cui Temer ha affidato l’agricoltura. Maggi è uno degli uomini più ricchi del Brasile, proprietario di migliaia di ettari coltivati a soia e rappresentate della lobby dei grandi agricoltori e dell’industria della trasformazione del cibo. Maggi ha proposto una modifica alla definizione di schiavitù per eliminare dalla legge brasiliana i riferimenti ai “turni massacranti” e alle “condizioni degradanti”. Da tempo le grandi aziende agricole brasiliane vorrebbero ottenere nuovi permessi per mettere a frutto territori al momento coperti dalla foresta amazzonica. In uno dei suoi ultimi atti, Rousseff aveva trasformato in riserva circa 56 milioni di ettari di territorio. Alcuni collaboratori di Temer hanno detto che questa norma potrebbe essere revocata.
Il governo Rousseff non è mai stato particolarmente ambientalista e spesso in passato il Partito dei Lavoratori ha fatto significativi compromessi tra le necessità ambientali e quelle dello sviluppo economico. Il sospetto di molti è che il governo Temer possa adottare politiche ancora peggiori, anche se alcuni dei suoi esponenti sono convinti ambientalisti, come il ministro dell’Ambiente José Sarney Filho. Nel suo primo discorso, il ministro degli Esteri José Serra ha inoltre sottolineato la necessità di proteggere la foresta amazzonica e di combattere il cambiamento climatico a livello globale, una retorica che quasi nessuno dei suoi predecessori aveva mai utilizzato. Serra, che nelle ultime due tornate elettorali era il principale candidato della destra prima contro Lula e poi contro Rousseff, ha detto anche che il Brasile si sposterà oltre le tradizionali amicizie e alleanze che ha mantenuto nel corso degli ultimi anni. In pratica significherà probabilmente un allontanamento da paesi come Bolivia e Venezuela, guidata da un governo di sinistra populista a cui il Partito dei Lavoratori è stato storicamente molto vicino.