L’esercito di commentatori online pagati dal governo cinese
Migliaia di persone pagate dal Partito Comunista pubblicano ogni giorno una montagna di commenti online, ma non per difendere il regime
di Henry Farrell – The Washington Post
Che il governo cinese manipoli i contenuti su Internet è una cosa nota da tempo: non lo fa solo attraverso l’ampio uso della censura ma anche assumendo centinaia di migliaia di persone perché scrivano commenti online, il cosiddetto “esercito dei 50 centesimi“. Un nuovo studio condotto da Gary King, Jennifer Pan e Margaret Roberts ha sfruttato tecniche sofisticate per raccogliere e analizzare grandi quantità di dati, e raccontarli.
I finti commentatori sono pagati dal governo
È difficile capire esattamente quali siano le persone pagate dal governo cinese per commentare su Internet. Sui social media circolano molte accuse contro presunti membri dell'”esercito dei 50 centesimi”, di cui però la maggior parte non è affidabile, se non addirittura fuorviante. Per capire come stanno davvero le cose King, Pan e Roberts hanno potuto sfruttare una grossa fuga di notizie, per merito di un blogger che ha diffuso moltissime email dell’ufficio di propaganda di un reparto di un ente locale cinese. Le email contengono poco più di 40mila esempi inequivocabili di commenti pubblicati dall'”esercito dei 50 centesimi”, che hanno permesso ai ricercatori di trarre alcune conclusioni sul meccanismo dei commenti falsi. Sono riusciti a fare in modo che uno speciale algoritmo potesse rintracciare e identificare commenti simili sui social media cinesi, il che ha permesso loro di capire meglio come funziona il mondo dei commenti “sponsorizzati” dal governo in Cina.
Uno dei primi risultati dello studio è sorprendente: molte persone credono che l'”esercito dei 50 centesimi” sia formato da collaboratori indipendenti del governo che vengono pagati una piccola somma per ogni commento che pubblicano. Stando ai ricercatori però le cose starebbero diversamente. Il campione di email analizzato da King, Pan e Roberts indica che queste persone lavorerebbero direttamente per il Partito Comunista cinese o per altri organi all’interno di enti locali, e che probabilmente scrivere commenti fa parte delle loro responsabilità ufficiali.
Ogni anno in Cina vengono postati quasi 450 milioni di commenti del governo
Per capire quanti commenti sono pubblicati sui social media da persone pagate dal governo, King, Pan e Roberts hanno usato tecniche statistiche. I risultati sono impressionanti: i dipendenti pubblici cinesi generano circa 448 milioni di commenti all’anno. Poco più della metà sono pubblicati su siti controllati dal governo, mascherati da commenti di normali cittadini, mentre il resto viene pubblicato su siti commerciali, mescolato in mezzo a notizie dedicate alle famiglie, foto di cani e cose simili.
Secondo i ricercatori «una grossa fetta dei commenti pubblicati sui siti del governo e circa un post social su 178 nei siti commerciali vengono dal governo». Nonostante queste cifre siano state ottenute grazie a deduzioni e stime, descritte nello studio, i risultati sono plausibili. I ricercatori hanno chiesto a un campione casuale di persone – che grazie alle tecniche impiegate per lo studio sono state identificate come commentatori pagati dal governo – se pubblicavano i loro commenti per lavoro, e hanno fatto la stessa domanda ad alcune delle persone i cui nomi erano emersi dalla fuga di notizie. In entrambi i gruppi quasi il 60 per cento delle persone ha ammesso di essere pagato dal governo.
I finti commentatori non sono pagati per alimentare discussioni
Circolano molte voci sulle attività dei commentatori pagati dal governo cinese. Alcune persone, soprattutto chi non è cinese, pensano siano pagati per alimentare odio e risentimento verso i paesi stranieri, come gli Stati Uniti, mentre altri sono convinti che si occupino di rispondere alle critiche verso il governo con argomentazioni false. Le prove raccolte da King, Pan e Roberts, tuttavia, sembrerebbero dimostrare che entrambe le tesi sono sbagliate: i commentatori pagati dal governo non sembrano dire molte cose negative sugli stranieri. Quello che fanno è invece lodare e distrarre: scrivono post di sostegno al governo e cercano di sviare l’attenzione dell’opinione pubblica, soprattutto quando temono ci sia il rischio di proteste o altre attività che potrebbero essere un pericolo per il governo.
Questi commentatori non sembrano essere particolarmente interessati alle persone che si lamentano del governo, ma agiscono quando c’è un rischio reale di disordini. Per dirla con le parole di King, Pan e Roberts: «Interrompere le discussioni in cui i cittadini manifestano il loro malcontento finirebbe solo con il limitare informazioni che potrebbero essere utili al regime. I leader cinesi quindi non hanno molti motivi per censurarle, controbatterle o per inondare Internet di punti di vista opposti. Il pericolo che il governo cinese combatte con forza grazie all’ampia censura e ai moltissimi post falsi sui social media sono i commenti che potrebbero potenzialmente preludere a un’azione collettiva dei cittadini».
© 2016 – The Washington Post