Gomorra 2: cosa c’è da sapere della terza e quarta puntata
Amore, religione, morte, famiglia, e tutto il repertorio: cos'è successo negli episodi di ieri sera
Il 17 maggio sono andate in onda la terza e quarta puntata della seconda stagione di Gomorra, la serie tv prodotta da Sky. Se le dovete ancora vedere fermatevi qui, che ci sono diversi SPOILER: se invece volete essere sicuri di non aver perso nulla (o cominciare senza sforzi dalla settimana prossima), questo è quello che è successo in queste due puntate. Il quinto e il sesto episodio di Gomorra saranno trasmessi sempre da Sky il prossimo 24 maggio.
Dove eravamo rimasti?
Che dei due protagonisti, Ciro aveva strangolato la sua fidanzata Debora e si era accordato con Don Salvatore Conte e con gli altri piccoli boss per gestire insieme il mercato della droga, mentre Genny era rientrato dal suo esilio centramericano per raggiungere suo padre, il boss Pietro Savastano, nel suo esilio tedesco. Tra i due c’è un rapporto complicato, Pietro ritiene che Genny non sia ancora pronto per sostituirlo, Genny ritiene che suo padre non sia più forte abbastanza da riprendere il potere.
La terza puntata
Come per Ciro e Genny nelle prime due, la terza puntata è tutta dedicata a Salvatore Conte, con la partecipazione di Ciro. Vediamo Conte nei suoi ruoli di boss di quartiere, fare da padrino a un battesimo, portare regali a famiglie riconoscenti, provvedere a restauri di chiese (e organizzare l’arrivo della droga dentro statuette della Vergine Maria, citazione di Lost). Conte ha una relazione con un giovane transessuale fratello di quella che presenta in giro come la sua fidanzata, e questo gli crea parecchie complicazioni. Alla sua festa di compleanno il ragazzo si presenta cantando e vestito da donna e viene volgarmente sfottuto da uno dei piccoli boss dell’alleanza per le risate dei presenti. Conte tollera con fatica e alla fine con grande freddezza gli pianta un coltello in una mano: episodio che serve a giustificare la progressiva perdita di fiducia in Conte da parte dei suoi subordinati, nel momento in cui Ciro decide di convincerli a ribellarsi. Per giunta, Conte ha preteso che nessuno reagisse a una piccola e sparuta protesta guidata da un parroco contro la vendita della droga di fronte a una chiesa, e questo ha creato grossi malumori tra i suoi alleati, che protestano – sobillati da Ciro – per l’iniquità del patto sulla vendita della droga di cui è maggiore beneficiario Conte (“Non c’è democrazia!”, si dice un paio di volte, battuta niente male a volerci leggere una satira sull’abuso corrente del termine).
Questo crescendo di tensioni culmina in un piano di rivolta: Ciro chiede al muzioscevolato e a un altro di aiutarlo a far fuori Conte (qui citazione di Finardi: “Volete essere schiavi tutta la vita o volete essere liberi, ma liberi veramente?”), e loro sembrano convincersi: li vediamo in una scena telefonare a Ciro per informarlo dei movimenti di Conte, ma la scena si chiude con Conte che è lì con loro e capiamo che sia Ciro la vittima prevista di quel che accadrà. Intanto c’è una scena romantica in cui la fidanzata di Conte gli chiede di “cambiare tutto” – a nome suo e/o del fratello – e lui risponde abbattuto che non è possibile: lei gli dice allora di non farsi vedere più e lo lascia in mezzo alla strada. Il finale è nell’associazione liturgico-sanguinaria di tanti allestimenti di mafia: processione, chiesa, canti sacri, e sangue (anche un po’ Baronessa di Carini). Dopo essersi flagellato durante una processione, Conte fa immobilizzare Ciro in una sagrestia e si appresta a fargli tagliare la gola, ma i suoi avevano fatto il triplo gioco e sgozzano lui, d’accordo con Ciro.
Quarta puntata
È la prima in cui non c’è un protagonista unico: si parla soprattutto di don Pietro Savastano, ma ci sono anche Ciro, Genny, e donna Annalisa, o Scianèl, la più visibile finora dell’alleanza dei boss “scissionisti”. La puntata comincia da lei, perché è da lei che don Pietro inizia il suo rientro nella storia a Napoli. Lo vediamo in una nuova conversazione con suo figlio Genny che cerca di dissuaderlo e di convincerlo a progettare un piano più paziente ed efficace: ma Pietro vuole approfittare della morte di Conte per riprendere il suo ruolo a Secondigliano sfidando Ciro e gli altri boss. Genny lo abbandona deluso accusandolo di aver perso lucidità per desiderio di rivalsa.
Savastano fa quindi due cose: si fa costruire un rifugetto dietro un tramezzo in un appartamento all’ultimo piano dove vivono due anziani istruiti a tacere, assistito da Patrizia, nipote di uno dei suoi uomini, che diventa una nuova protagonista della storia; e comincia a dire “sono tornato” facendo rapinare donna Annalisa e umiliandola sfacciatamente (sempre con l’aiuto di Patrizia, che ha ricevuto la promessa di mille euro a settimana con cui spera di far vivere meglio i suoi tre fratelli e sorelle, tutti orfani del padre ucciso). Annalisa diventa una furia (Ciro le dirà che è un “mastino napoletano” e che Pietro l’ha provocata per quello) e fa bruciare vivo uno degli esecutori della rapina, ma Ciro lo salva in tempo per fargli confessare che il mandante è Savastano, e rivelare che è tornato.
Intanto vediamo Annalisa andare a trovare in carcere il figlio insieme alla di lui giovane e magrissima fidanzata, che però lo tradisce (e Annalisa lo sa e la minaccia); e Savastano trattare da sguattera Patrizia che gli dà tra sé e sé dello stronzo, ma intanto si toglie col fuoco il tatuaggio che lui ha sfottuto: insomma, sta nascendo una storia di qualche genere, come minimo di Pigmalione.
Ciro spiega ad Annalisa che non bisogna cadere nella provocazione di don Pietro che vuole la guerra – che metterebbe a repentaglio gli affari – e propone invece “la pace”, e fa così sapere a Pietro di volere trattare, con un messaggio riferito da Patrizia. La quale però aggiunge a Pietro che non è con lui che vogliono trattare, ma con Genny. Scena finale, Genny si è appena insediato in un appartamentino all’EUR con vista, e riceve una telefonata, e solo dalla sua faccia capiamo che – per altri percorsi – sarà il Michael Corleone delle prossime puntate.