Al Qaida vuole spostarsi in Siria?
Non c'è ancora nulla di certo ma lo sostengono diversi analisti, ed è uno sviluppo che avrebbe effetti sulla sicurezza dell'Europa
I capi di al Qaida, la più importante organizzazione terroristica al mondo dopo lo Stato Islamico (o ISIS), stanno pensando di spostare la loro base dal Pakistan alla Siria. Eric Schmitt, giornalista del New York Times che si occupa di terrorismo, ha scritto che la decisione definitiva non è ancora stata presa, ma ha aggiunto che ai miliziani è stato detto di preparare le condizioni per il trasferimento della leadership del gruppo in territorio siriano. Al Qaida è già presente in Siria con il Fronte al Nusra, che però ha solo il mandato di combattere il presidente siriano Bashar al Assad e non si occupa dell’organizzazione di attentati all’estero. Se il processo dovesse completarsi – anche con la creazione di un emirato islamico in competizione con il Califfato dello Stato Islamico – gli effetti si farebbero sentire sia in Siria che fuori: per al Qaida potrebbe essere più semplice compiere attentati terroristici in Europa.
I vertici di al Qaida hanno la loro base in Pakistan dalla fine del 2001, cioè da quando furono costretti a lasciare l’Afghanistan per l’intervento armato americano. Negli ultimi anni i bombardamenti mirati americani coi droni hanno colpito diverse basi di al Qaida in Pakistan, indebolendo molto il gruppo e spingendo i suoi vertici a pensare a un piano B. La Siria, hanno detto al New York Times diverse fonti dell’intelligence europea e statunitense, è stata considerata come una soluzione praticabile. Al Nusra controlla alcuni territori nel nord del paese, spesso in collaborazione con altri gruppi ribelli più moderati. E già tre anni fa Ayman al Zawahiri, il medico egiziano a capo di al Qaida, aveva cominciato a mandare in Siria diversi esponenti importanti del gruppo. Nel 2014 era arrivata in Siria una cellula chiamata “Khorasan” con compiti diversi da quelli di al Nusra: non combattere il presidente Assad, ma progettare attentati contro l’Occidente. Buona parte dei miliziani di Khorasan sono stati uccisi in otto bombardamenti americani cominciati nel settembre 2014.
Charles Lister, uno dei massimi esperti di terrorismo islamico, ha spiegato su Foreign Policy quali potrebbero essere le implicazioni della nascita di un emirato di al Qaida nel nord della Siria. Sul fronte interno, al Qaida potrebbe diventare più intransigente verso le opposizioni moderate siriane di quanto sia al Nusra: verrebbe introdotta un’interpretazione intransigente della sharia, la legge islamica, e ci sarebbe meno tolleranza verso i gruppi di opposizione civile, i nazionalisti e i non religiosi. Sul fronte internazionale, scrive Lister, le conseguenze potrebbero essere ancora più significative. Al Qaida potrebbe usare la maggiore vicinanza con l’Europa per compiere attentati terroristici e potrebbe sfruttare il momento di debolezza dello Stato Islamico per reclutare nuovi miliziani.
È difficile dire a che punto sia la discussione all’interno di al Qaida a riguardo. Lister ha scritto che l’idea di creare un emirato islamico è stata osteggiata da molti miliziani siriani: al Qaida si è sempre differenziata dallo Stato Islamico anche perché ha sempre sostenuto che un emirato islamico dovesse essere proclamato solo più in là nel tempo, quando le condizioni sarebbero state diverse. Diversi analisti occidentali, ha scritto Schmitt sul New York Times, credono che una più duratura presenza di al Qaida in Siria porterebbe grandi benefici al gruppo. Tra le altre cose potrebbe fargli guadagnare popolarità a scapito dello Stato Islamico, che negli ultimi due anni si è imposto come modello di organizzazione terroristica più appetibile per tutti gli aspiranti jihadisti. L’emirato islamico di al Nusra sarebbe comunque diverso dal Califfato dello Stato Islamico, con ambizioni più limitate: non avrebbe come obiettivo di imporsi su tutto il mondo musulmano, ma solo di governare il territorio sotto il suo controllo.