Google ha fatto un nuovo social network
Si chiama Spaces, nessuno ha ancora capito benissimo a cosa servirà, e il Washington Post la stronca
di Brian Fung – The Washington Post
Dopo anni di tentativi Google sta provando nuovamente a costruire un suo social network, questa volta con un’app sconclusionata che si chiama Spaces. In sostanza, Spaces dovrebbe permettere ai suoi utenti di creare chat di gruppo in modo nuovo: nelle sue stanze si possono programmare viaggi, discutere di interessi comuni e, ovviamente, linkare video di YouTube e risultati delle ricerche su Google.
Probabilmente, però, Spaces si rivelerà un flop: nonostante metta insieme una serie di funzioni che prese singolarmente sono innovative, il suo problema più grosso è che nessuno sembra aver capito a cosa serve davvero. Su Hacker News – un sito che si occupa tra le altre cose di informatica e che dovrebbe essere aperto nei confronti dei nuovi esperimenti – le prime reazioni sono state nella stragrande maggioranza dei casi di perplessità, se non di aperto scetticismo. Il punto è che Spaces può essere usato per praticamente qualsiasi cosa, dalle liste di cose da fare, alle discussioni sugli spoiler di Game of Thrones: una specie di coltellino svizzero delle app, uno strumento buono per tutte le occasioni e qualsiasi tipo di progetto; Spaces è quello che se ne fa. In un mondo in cui le app sono diventate sempre più specializzate, è esattamente questo il difetto di Spaces. Instagram e Snapchat sono stati creati intorno alla condivisione delle foto e dei video realizzati dagli utenti; Whatsapp è diventata la piattaforma più diffusa al mondo per la messaggistica; la stessa cosa che fa Slack, ma nel mondo del lavoro. Oggi le app social più popolari sono organizzate intorno a un unico scopo specifico. Spaces, invece, è diversa: è un’app social alla ricerca di uno scopo. Non è chiaro però se gli utenti di Internet saranno disposti a dargliene uno.
Nel post sul blog con cui ha annunciato Spaces, Google ha detto che allo stato attuale condividere contenuti in piccoli gruppi «non è facile». «Dai circoli di lettura, alla ricerca di una casa, alle gite nel fine settimana: riunire i propri amici nella stessa app può essere complicato», ha detto Google, «spesso per condividere contenuti bisogna passare da un’app all’altra per copiare e incollare i link, e le conversazioni di gruppo spesso vanno fuori tema; volevamo costruire una migliore esperienza di condivisione di gruppo». In effetti, cambiare app per fare copia e incolla di un link può essere una scocciatura, come anche cercare una riga in una chat vecchissima. Uno dei motivi principali per cui è difficile convincere le persone a usare la stessa app è che ce ne sono già moltissime che possono fare la stessa cosa, e quindi convertirsi a una soltanto può essere una cosa complicata. Tutte le app, poi, hanno le loro schiere di fedelissimi: alcune persone preferiscono le email, altre usano Evernote, e altre ancora i prodotti di Google come Google Docs o i Fogli di lavoro.
Il fatto che Google sembri essere convinta che il modo giusto per risolvere questo falso problema sia creare un’altra app fa pensare che stia ancora cercando quel social network in grado di sostituire tutti gli altri. Il resto di Internet, nel frattempo, è già andato avanti. Siamo nel mezzo dell’era della nuova generazione dei social network: ci siamo spostati da una socializzazione generica a forme di socializzazione più specifiche e a “compartimenti stagni”, alcuni dei quali sono di proprietà di social network più generalisti (come nel caso di Facebook, che ha comprato WhatsApp e Instagram, per esempio). Invece di eliminarli e integrarli nell’app madre, però, questi compartimenti hanno continuato a esistere mantenendo il proprio brand e la loro identità.
Dal punto di vista tecnico, invece, Spaces sembra essere un successo. Come per la nuova tastiera per iPhone di Google, anche gli utenti di Spaces possono fare ricerche su Google e YouTube direttamente sull’app e inserire i risultati nella conversazione senza doverla abbandonare, il che può far risparmiare molto tempo. Spaces ha anche una funzione per il riconoscimento delle immagini: se si digita “panorama”, per esempio, l’app mostra le immagini contenute nella cronologia della chat che corrispondono alla descrizione, senza bisogno che ci siano parole chiave associate alle immagini. È bello poter vedere i risultati della maggiore sofisticazione dell’intelligenza artificiale farsi strada in sempre più prodotti.
Probabilmente però nessuna di queste funzioni basterà a far arrivare Spaces sui nostri smartphone. Se Google vuole davvero spingere le persone a usare Spaces dovrebbe prendere in considerazione l’idea di integrarla dentro Hangouts, che a sua volta si integra già con il precedente tentativo di Google di creare un social network, Google Plus. Spaces è un’app che vive fuori dal suo tempo, e probabilmente gli utenti di Internet oggi non avranno il tempo e lo spazio di aggiungerla sui loro già affollati telefoni.
© 2016 – The Washington Post