In Venezuela c’è lo stato di emergenza
Il presidente Maduro ha detto che sequestrerà le fabbriche che vogliono chiudere, e ha accusato i proprietari di fare parte di un piano per far cadere il suo governo
Venerdì 13 maggio il presidente del Venezuela Nicolas Maduro ha annunciato un nuovo “stato di emergenza” nel paese, dopo lo stato di “emergenza economica” che aveva proclamato a gennaio. Luis Jose Marcano, ministro delle Comunicazioni venezuelano, ha spiegato che tra le altre funzioni dello stato di emergenza c’è quella di dare alle forze di sicurezza il potere di combattere eventuali «minacce da parte di gruppi armati». Negli ultimi due giorni la situazione politica in Venezuela è molto tesa e complicata: l’opposizione sta scendendo in piazza sempre più spesso per protestare contro il governo, e Maduro ha annunciato una serie di esercitazioni militari per i prossimi giorni. Sabato Maduro ha detto durante un comizio che è pronto a ordinare il «sequestro delle fabbriche che smettono di produrre e l’arresto dei loro proprietari».
La possibilità di sequestrare le fabbriche è stata avanzata da Maduro dopo che il Polar Group, una delle più grandi aziende alimentari del paese, ha annunciato che non produrrà più birra a causa dell’impossibilità di importare orzo. Lorenzo Mendoza, proprietario della società, è uno dei critici più duri del governo. Secondo Maduro, le fabbriche come il Polar Group chiudono a causa di un disegno messo in atto dai “borghesi”e dagli Stati Uniti per far cadere il suo governo.
Gli imprenditori, invece, sostengono che in Venezuela è diventato praticamente impossibile importare le materie prime necessarie a portare avanti la produzione. Nonostante sia uno dei paesi con le riserve di petrolio più grandi del mondo, il Venezuela si trova da anni in una grave situazione crisi economica e in una situazione di continua instabilità politica – recentemente si è parlato molto del fatto che il Venezuela non ha più soldi con cui stampare soldi. Nel 2015, l’inflazione nel paese è stata del 180 per cento, e il governo ha introdotto così tanti controlli che è diventato molto difficile procurarsi le valute internazionali con cui fare acquisti all’estero.
Visto che il Venezuela è un paese che produce quasi esclusivamente petrolio ed è costretto a importare quasi tutto il resto, il risultato è che la sua economia si sta lentamente paralizzando: i supermercati sono vuoti e per fare anche semplici acquisti è necessario affrontare ore di code davanti ai supermercati del governo, gli unici ad avere ancora dei prodotti da vendere. Negli anni passati questa situazione ha già causato dure proteste contro Maduro. Nel 2014, decine di persone furono uccise nel corso di scontri e manifestazioni durati per mesi, altre migliaia furono fermate o arrestate. Lo scorso dicembre l’opposizione ha vinto le elezioni legislative, ma Maduro ha continuato a governare, sfruttando i decreti di emergenza e cercando di creare un nuovo parlamento con cui esautorare quello conquistato dall’opposizione.
In questi giorni l’opposizione è tornata a manifestare per le strade di Caracas, causando in questo modo – secondo alcuni osservatori – la reazione di Maduro. I manifestanti protestano in particolare contro la Commissione elettorale, un organo che avrebbe dovuto accettare o respingere la richiesta di un referendum su Maduro firmata da 1,8 milioni di persone entro una settimana fa. La Commissione non ha ancora fornito una risposta: se dovesse validare le firme, i partiti di opposizione avranno accesso alla seconda fase in cui ci sarà bisogno di raccogliere altri 4 milioni di firme prima di poter organizzare il referendum.