Facebook e le notizie censurate
Due articoli pubblicati da Gizmodo accusano il social network di scegliere quali articoli presentare come popolari a scapito di altri e in modo poco trasparente
Nell’ultima settimana l’autorevole sito di tecnologia americano Gizmodo ha pubblicato due articoli nei quali riporta le testimonianze di alcune persone che hanno lavorato alla sezione “Trending” di Facebook, un elenco aggiornato in tempo reale sulle notizie più discusse su internet (di tendenza, appunto) disponibile solo in inglese in alcuni paesi, tra i quali non c’è l’Italia. Gli articoli sono stati molto ripresi e commentati perché suggeriscono che i responsabili della sezione Trending intervengano sui contenuti inseriti nell’elenco dei più discussi in diversi modi: aggiungendo notizie anche se non sono davvero le più discusse, o escludendo notizie che provengono solo da certe fonti, nello specifico alcuni giornali conservatori americani. Facebook ha risposto agli articoli di Gizmodo negando le accuse, e dicendo che la selezione delle notizie che finiscono nella sezione Trending segue delle regole precise, che non prevedono la censura di contenuti in base all’orientamento politico della fonte.
Il primo articolo di Gizmodo, sul lavoro alla sezione Trending
Il primo articolo è stato pubblicato lo scorso 3 maggio, e si intitolava “Volete sapere cosa pensa Facebook dei giornalisti? Questo è quello che è successo quando ne ha assunto qualcuno”. Come il secondo è stato scritto da Michael Nuñez, giornalista di tecnologia che si è occupato spesso di Facebook. Le premesse dell’articolo riflettevano sull’attuale dibattito sul cambiamento in corso nel giornalismo, e sul ruolo di Facebook in questa trasformazione. La tesi di Nuñez era che si può capire qualcosa delle idee e delle intenzioni di Facebook e del suo fondatore Mark Zuckerberg sui compiti e sul ruolo dei media sulla base del trattamento riservato dal social network al gruppo di giornalisti assunto per la sezione Trending. La sezione è stata introdotta da Facebook nel gennaio del 2014 ed è disponibile solo in inglese e solo in alcuni paesi: consiste in un elenco di notizie, presentate come quelle più discusse in rete, e accompagnate da un riassunto di tre righe e da un’immagine o da un video. Per ogni notizia della sezione Trending Facebook seleziona un post, spesso di un sito di news.
Nuñez ha parlato con cinque ex “news curator” di Facebook, il nome dato a chi si occupa della sezione Trending. All’inizio a questa sezione lavoravano una decina di persone, aumentate poi con il tempo. Non sono veri dipendenti di Facebook ma freelance tra i 20 e i 30 anni, in genere con esperienza giornalistica: secondo Gizmodo sono perlopiù studenti della Ivy League (il nome delle otto università private più prestigiose degli Stati Uniti), e che in passato hanno lavorato per alcune delle più importanti testate internazionali, dal New York Daily News, a Bloomberg, a MSNBC, al Guardian. «Qualche ex “news curator” ha lasciato Facebook per lavorare in testate come il New Yorker, Mashable, e Sky Sports». Il ruolo dei “news curator” è importante tra le altre cose perché è una grande fonte di traffico per i siti di news: se un contenuto finisce nella sezione Trending, è molto probabile che verrà cliccato molte volte.
I cinque “news curator” sentiti da Gizmodo hanno parlato in condizione di anonimità, perché hanno firmato un accordo di non divulgazione con Facebook. Hanno detto di aver subito un trattamento pessimo: «non eravamo trattati come individui, eravamo trattati come robot». Il fatto che il rapporto tra i “news curator” sentiti da Gizmodo e Facebook sia stato difficile e ostile potrebbe anche aver influito su alcune delle cose rivelate a Nuñez, che potrebbero essere state ingigantite o travisate. Per due mesi e mezzo hanno lavorato da una sala conferenze, ed era secondo loro evidente che Zuckerberg avrebbe potuto chiudere la sezione e quindi licenziarli da un momento all’altro. A livello di contratto, hanno detto di aver ricevuto alcuni benefici come una parziale copertura delle spese mediche e ferie pagate, ma sono rimasti esclusi da altri aspetti del lavorare a Facebook: «C’era un aperitivo aziendale alle 8 di sera, e noi stavamo lavorando. Eravamo esclusi da un sacco di cose che succedevano. Ma eravamo stati assunti con condizioni diverse».
Il lavoro dei “news curator” consiste nel selezionare i contenuti per la sezione Trending tra quelli proposti da un algoritmo di Facebook. Le indicazioni erano quelle di scrivere titoli neutrali, e di scegliere gli articoli da una serie di siti preferenziali, come quello del New York Times, di Time, di Variety, e di altri media importanti. I primi “news curator” con cui ha parlato a Gizmodo hanno detto che tendevano a evitare alcuni siti ma di non aver ricevuto istruzioni al riguardo (tra le altre cose, c’era anche l’indicazione di non menzionare Twitter, ma scrivere invece genericamente “social network”). Riguardo la possibilità di censurare una notizia, i “news curator” hanno spiegato a Gizmodo che il protocollo era vago, e che avevano la possibilità di escludere un contenuto senza una ragione precisa: hanno però detto che non hanno assistito a casi in cui questa possibilità era stata abusata o usata impropriamente.
All’inizio del 2015, hanno detto gli ex “news curator”, il lavoro era abbastanza tranquillo, ma con il passare dei mesi Facebook ha cominciato a mettere pressioni e ad aumentare la competizione tra colleghi riguardo la quantità di contenuti rielaborati. Dopo questo cambiamento, la maggior parte dei “news curator” originali si è licenziata. I dirigenti di Facebook hanno anche detto ai “news curator” di non inserire l’esperienza nel proprio curriculum. In generale, il ritratto della gestione da parte di Facebook della sezione Trending fatto dalle persone sentite da Gizmodo è quello di un progetto sul quale il social network ha le idee poco chiare. Erano stati assunti con la promessa di lavorare un anno, ma nel giro di tre mesi tre persone erano già state licenziate senza spiegazioni.
Il secondo articolo di Gizmodo, sulle notizie di destra censurate
Una settimana dopo il primo articolo, Nuñez ne ha pubblicato un altro nel quale presenta altre testimonianze di persone che hanno lavorato alla sezione Trending. L’articolo si intitola “Ex lavoratori di Facebook: censuravamo regolarmente notizie conservatrici”: a differenza di quelli sentiti per il primo articolo, gli ex “news curator” sentiti da Gizmodo sostengono che ci fosse un intervento intenzionale per promuovere o trascurare certe notizie. Un primo ex “news curator” ha raccontato a Nuñez di essere politicamente conservatore, un orientamento molto poco rappresentato nella redazione della sezione Trending. Ha detto che spesso capitava che notizie sul partito repubblicano molto discusse non venissero incluse nella sezione perché il “news curator” responsabile aveva deciso di ometterle, o perché non le aveva riconosciute come notizie importanti.
Un’altra persona ha invece detto a Nuñez che la redazione aveva un pregiudizio negativo nei confronti di alcuni siti e giornali conservatori, come Breitbart, il Washington Examiner o Newsmax: le notizie date da queste testate erano così popolari da poter finire nella sezione Trending ma venivano scelte solo se erano state date anche da altri giornali più famosi e trasversali, come il New York Times o CNN. Altri ex “news curator” sentiti da Gizmodo hanno però negato queste accuse, e Nuñez spiega di non essere riuscito a verificare se questa presunta censura fosse applicata anche a fonti di sinistra. Inoltre anche gli ex dipendenti che hanno parlato del sistema pregiudiziale nella gestione della sezione Trending hanno spiegato che era un’iniziativa dei singoli dipendenti: Nuñez dice che non ci sono prove che fosse un’indicazione data dai dirigenti di Facebook, né che ne fossero a conoscenza.
Un’istruzione specifica data dai dirigenti ai “news curator”, secondo le persone sentite da Gizmodo, era però quella di inserire nell’elenco di notizie della sezione Trending anche quelle che non erano davvero così discusse, se la redazione le considerava importanti. Se una notizia era su tutti i principali siti di news, poteva essere inserita: in molti casi, hanno detto gli ex dipendenti, una notizia è diventata realmente una delle più discusse dopo che era stata inserita artificialmente nella sezione Trending. Ad esempio, scrive Gizmodo, sono state inserite nella sezione notizie sulla Siria o sul movimento Black Lives Matter.
Un’altra indicazione era anche inserire le breaking news che non avevano ancora avuto il tempo di essere le più discusse, in una specie di tentativo di Facebook di competere con Twitter sulle news: è successo, dice Gizmodo, con la scomparsa del volo MH370 e con l’attacco a Charlie Hebdo. E secondo le persone sentite da Gizmodo i “news curator” non potevano inserire notizie su Facebook nella sezione Trending, anche se erano molto popolari, se non dopo una lunga fase di approvazione. Gli stessi ex dipendenti di Facebook hanno però ammesso che il sistema della sezione Trending viene cambiato spesso e il suo funzionamento non è chiarissimo, e che l’algoritmo era stato spesso migliorato: c’è quindi la possibilità che adesso funzioni diversamente, e l’intervento discrezionale di Facebook sia diminuito o scomparso.
La versione di Facebook
Molti osservatori ed esperti di tecnologia nell’ultimo periodo stanno scrivendo di come Facebook stia cercando di diventare internet: punta cioè a diventare il posto dove le persone fanno tutto quello che fanno su internet, dal restare in contatto con gli amici a leggere le notizie. Allo stesso tempo però sta cercando di presentarsi come un contenitore neutrale di news, senza cioè un orientamento politico come quello che esiste in quasi tutti i media giornalistici. Recentemente si è anche discussa della possibilità che Facebook possa influenzare un’elezione, dopo che sempre Gizmodo aveva pubblicato lo screenshot di un sondaggio interno ai dipendenti di Facebook sulla possibilità di contribuire a impedire a Donald Trump di diventare presidente degli Stati Uniti.
Una delle prime cose successe dopo la pubblicazione del secondo articolo di Gizmodo è che la notizia è finita nella sezione Trending di Facebook, contraddicendo molte ipotesi sollevate. Poi è arrivato un comunicato stampa di Facebook, che diceva:
Prendiamo le accuse di errori molto sul serio. Facebook è una piattaforma per le persone e accoglie le opinioni di tutti gli schieramenti politici. Trending Topics mostra agli utenti i temi e gli hashtag popolari di cui si parla su Facebook. Ci sono rigorose linee guida in vigore per il team di revisione per garantire coerenza e neutralità. Queste linee guida non consentono la soppressione di opinioni politiche né permettono di dare priorità ad un punto di vista rispetto ad un altro o di un organo di stampa rispetto ad un altro. Queste linee guida non vietano ad alcun media di apparire nei Trending Topics.
Martedì 10 maggio, invece, il dirigente di Facebook Tom Stocky ha scritto uno status che ha ricevuto anche il like di Mark Zuckerberg e di Sheryl Sandberg, direttrice operativa di Facebook. Nello stato Stocky spiega di essere a capo del team responsabile della sezione Trending, e di voler rispondere alle accuse di Gizmodo. Stocky dice di non avere trovato prove che le accuse siano vere, e che le regole in vigore a Facebook sono mirate a mantenere la neutralità del social network, e non consentono di censurare il punto di vista di una particolare testata, né di apparire nella sezione Trending. Il compito dei “news curator” è quello di assicurarsi che le notizie selezionate dall’algoritmo siano davvero popolari, e non frutto di errori, bufale o notizie con poche fonti. Dice Stocky che il sistema costruito da Facebook addirittura rende impossibile alla redazione della sezione Trending discriminare certe fonti per motivi ideologici. Anche l’accusa di aver inserito artificialmente le notizie sul movimento Black Lives Matter, dice Stocky, sono false. «Le nostre regole per la sezione Trending sono in costante revisione, e continueremo a cercare di migliorarle. Continueremo anche a considerare ogni domanda sulla sezione Trending per assicurarci che alle persone siano fornite le notizie che prevediamo possano interessarle di più, e per essere sicuri che i nostri metodi sono il più neutrali e efficaci possibili».