In Brasile c’è molta confusione
Il nuovo presidente della Camera bassa aveva chiesto l'annullamento della procedura di impeachment per Dilma Rousseff: oggi ha cambiato idea e il governo ha presentato ricorso alla Corte suprema
Lunedì 9 maggio Waldir Maranhão, nuovo presidente della Camera bassa del Brasile, aveva chiesto l’annullamento della procedura di impeachment per la presidente Dilma Rousseff approvata con un primo voto lo scorso 17 aprile e arrivata al Senato questa settimana (il voto è previsto per domani, mercoledì 11 maggio). La procedura di impeachment per Dilma Rousseff è il fatto politico che ha dominato la politica brasiliana per gli ultimi mesi e potrebbe portare all’allontanamento definitivo di Rousseff, accusata di aver truccato i bilanci dello stato, dalla politica. Oggi, martedì 10 maggio Maranhão ha revocato la sua stessa decisione, ma il governo ha deciso di presentare ricorso alla Corte suprema federale contro la destituzione: tutto questo ha creato grande confusione in una situazione già molto complicata.
In un primo momento Maranhão aveva chiesto la sospensione della procedura di impeachment dicendo che durante la sessione di aprile alla Camera bassa si erano verificati alcuni vizi procedurali: il Guardian scrive che il presidente della Camera accusava alcuni membri di aver espresso pubblicamente la loro posizione prima delle votazioni e che a Rousseff non era stata concessa un’ultima possibilità di difendersi in aula: le sue argomentazioni non erano comunque molto chiare. Il mese scorso Maranhão aveva sfidato la linea ufficiale del suo partito – il Partido Progressista (PP, di destra) – chiedendo di votare contro l’impeachment e al momento della sua nomina a presidente della Camera bassa aveva dichiarato che con lui ci sarebbero state delle sorprese.
Dopo il voto della Camera bassa del 17 aprile, la procedura di destituzione contro Rousseff era arrivata al Senato. Poche ore dopo l’annuncio di annullamento di Maranhão, il Presidente del Senato, Renan Calheiros, aveva ordinato la prosecuzione del processo di impeachment dicendo che nel momento in cui la Camera bassa aveva consegnato l’esito del voto al Senato aveva anche perso ogni diritto di intervenire sulla procedura. Aveva dunque respinto il tentativo di Maranhão definendolo «illegale» e aveva dichiarato che intendeva procedere al voto sull’impeachment previsto per mercoledì.
Dilma Rousseff, che aveva saputo della richiesta di annullamento durante una cerimonia pubblica, aveva reagito con prudenza: aveva detto che era stato accolto un appello contro le operazioni di voto del 17 aprile e che la decisione non era comunque ancora ufficiale: «Restiamo prudenti». Molti giornali avevano definito il tentativo di annullamento di Maranhão un “colpo di scena”, altri una “farsa” e molti parlamentari dell’opposizione in Brasile avevano criticato l’annuncio.
Poi, martedì 10 maggio, Maranhão ha ritrattato. La sua nuova decisione di annullare la richiesta di annullamento, scrive il quotidiano brasiliano O Globo, sarebbe stata presa dopo che il suo partito lo ha minacciato di espulsione.
Martedì 10 maggio, il governo ha allora deciso di presentare un ricorso alla Corte suprema federale per annullare la procedura di destituzione della presidente. L’impeachment, secondo gli avvocati del governo, sarebbe il risultato di una «vendetta personale» dell’ex presidente della Camera bassa, Eduardo Cunha.
Se la Corte non interverrà nelle prossime ore la procedura di destituzione andrà avanti come previsto. I senatori si esprimeranno a partire da mercoledì 11 maggio prima con un voto preliminare a maggioranza semplice (basteranno 41 voti su 81), che potrebbe portare a una sospensione temporanea di 180 giorni della presidente, dunque fino al prossimo novembre. Durante questo periodo, Rousseff dovrà affrontare un’indagine e un processo all’interno del Senato che sarà presieduto dal Presidente della Corte Suprema, Ricardo Lewandowski. Come in qualsiasi altro processo, l’accusa e la difesa avranno il diritto di esprimere le loro posizioni e potranno presentare dei testimoni. Se il processo non sarà avviato entro 180 giorni, Rousseff rientrerà in carica, almeno fino all’inizio del processo stesso.
I senatori, dopo aver assistito al processo, dovranno votare per l’innocenza o la colpevolezza di Rousseff: per la sua destituzione definitiva sarà necessaria una maggioranza dei due terzi (54 voti su 81). Se i senatori si opporranno all’impeachment la presidente riprenderà le sue funzioni. In caso contrario, il vice presidente Michel Temer, ex alleato della presidente Rousseff diventato negli ultimi mesi il suo principale rivale, diventerà presidente ad interim, fino a quando non ci saranno nuove elezioni, previste per il 2018. Diversi osservatori dicono però che si andrebbe ad elezioni anticipate: Rouseff non potrebbe ripresentarsi perché la destituzione prevede anche l’interdizione per otto anni dagli incarichi pubblici.
Maranhão aveva assunto la presidenza della Camera bassa del parlamento lo scorso giovedì, dopo la sospensione di Eduardo Cunha, accusato di aver ostacolato un’indagine che lo vede indagato nel grande scandalo legato a Petrobras, compagnia petrolifera pubblica coinvolta da ormai due anni in una vasta indagine per corruzione. Anche il presidente ad interim Maranhão è sospettato di corruzione nel caso Petrobras e insieme a lui diversi politici che appartengono soprattutto al Partito dei Lavoratori, quello della presidente Dilma Rousseff, ma anche al PMDB e al Partito progressista (PP). Al centro dello scandalo ci sono appalti, distrazioni illecite di fondi pubblici e scambi di tangenti. Tra gli ultimi importanti politici coinvolti ci sono Inácio Lula da Silva, ex presidente del paese nominato qualche mese fa a capo di gabinetto del governo Rousseff (guadagnando l’immunità), e Aécio Neves, senatore, leader dell’opposizione e candidato alle elezioni presidenziali del 2014.