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  • Lunedì 9 maggio 2016

Non sapremo mai quante persone sono morte nel naufragio di un mese fa

Vi ricordate la storia di cui si parlò molto a metà aprile? Non sono state fatte ricerche e non se ne faranno, perché nessuno sa dove sia successo di preciso

Un giubbotto di salvataggio nel Mediterraneo, fotografato durante un'esercitazione di un'organizzazione maltese il 2 marzo 2016. (AP Photo/Lefteris Pitarakis)
Un giubbotto di salvataggio nel Mediterraneo, fotografato durante un'esercitazione di un'organizzazione maltese il 2 marzo 2016. (AP Photo/Lefteris Pitarakis)

Lo scorso 18 aprile i giornali di tutto il mondo hanno raccontato di un naufragio avvenuto un numero non precisato di giorni prima nel mar Mediterraneo, del quale si avevano poche informazioni e molto frammentarie, e nessuna conferma ufficiale, ma nel quale si sospettava fossero morte centinaia di persone. Qualche giorno dopo 41 migranti che erano stati salvati in mare e portati a Calamata, in Grecia, hanno raccontato di essere sopravvissuti al naufragio e hanno detto che sono morte centinaia di persone che viaggiavano con loro. Sono ormai passate più di tre settimane dalle prime notizie del naufragio, ma da allora non c’è stata nessuna conferma ufficiale né sono stati ritrovati i corpi dei migranti morti.

I 41 sopravvissuti sono 23 somali, 11 etiopi, 6 egiziani e un sudanese; 37 sono uomini, 3 sono donne e uno è un bambino di tre anni. Durante una conferenza stampa a Calamata, hanno raccontato che erano partiti dalla città libica di Tobruk su una barca con a bordo tra le 100 e le 200 persone, diretti in Italia. Dopo circa 15 ore di navigazione erano stati costretti dagli scafisti a salire su un’altra barca, forse partita dall’Egitto, lunga 30 metri e sulla quale c’erano già, secondo le loro stime, circa 300 persone. Durante il trasferimento l’altra barca si è rovesciata. Secondo le testimonianze dei migranti portati a Calamata, sono sopravvissute solo le circa 30 persone che non avevano ancora cambiato barca, più una decina che dalla seconda barca è riuscita a nuoto a ritornare sulla prima.

Uno dei sopravvissuti, un etiope di 25 anni di nome Muaz Mahmud, ha raccontato che sua moglie e il loro figlio di due mesi sono annegati. Lo scafista che stava guidando la barca rimasta a galla si è rifiutato di aiutare le persone cadute in mare, minacciando con un coltello quelli a bordo che glielo chiedevano. Ha allontanato la barca e ne ha chiamata un’altra che lo venisse a prendere. Prima di abbandonare i sopravvissuti rimasti sulla barca ha lasciato loro un telefono, con il quale i migranti hanno chiesto aiuto alla Guardia costiera italiana. I 41 migranti sono stati salvati da una nave mercantile filippina e portati a Calamata, in Grecia. Non è esattamente chiaro quante ore siano passate tra il naufragio e il salvataggio: secondo l’UNHCR, l’agenzia dell’ONU che si occupa dei rifugiati e che si è occupata dei sopravvissuti a Calamata, è possibile che i migranti abbiano passato tre giorni alla deriva. Di conseguenza non si sa con certezza quanto la barca dei sopravvissuti si sia allontanata dal luogo dell’incidente.

Il comandante Filippo Marini, capo ufficio stampa della Guardia costiera italiana, ha spiegato al Post che sabato 16 aprile il comando centrale della Guardia costiera ha ricevuto una chiamata satellitare di richiesta di soccorso da una barca in difficoltà, che ha fornito una propria localizzazione. Le verifiche della Guardia costiera hanno stabilito che nella posizione fornita nella telefonata satellitare però non c’era nessuna barca in pericolo. La Guardia costiera ha perciò localizzato la chiamata: per farlo si appoggia alla società di telecomunicazioni Thuraya, che ha sede negli Emirati Arabi Uniti (non è un’operazione istantanea: è una cosa che richiede del tempo, nell’ordine di qualche ora). La posizione ottenuta era nell’area SAR greca, non italiana. SAR è l’acronimo di “search and rescue”, ed è la porzione di acque sulle quali un paese ha competenza per la ricerca e il salvataggio dei migranti e in generale delle persone in mare in pericolo. Secondo le testimonianze dei sopravvissuti, al momento della chiamata la barca si era già allontanata dal luogo del naufragio, ma non è chiaro di quanto. La centrale operativa della Guardia costiera ha dirottato la nave mercantile filippina, che si trovava vicino al punto dal quale era arrivata la chiamata: la nave ha salvato tutte e 41 le persone sulla barca, che sono state portate a Calamata.

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Da procedura, quando vengono salvate delle persone in mare la Guardia costiera fa delle ricerche nell’area del salvataggio per trovare e recuperare eventuali altre persone disperse. Queste ricerche sono state fatte anche nel caso dei 41 migranti salvati nell’area SAR greca, ma non è stato trovato nessuno. Il comandante Marini ha spiegato al Post che la Guardia costiera italiana non ha ricevuto altro tipo di richiesta di soccorso oltre a quella delle 41 persone che sono poi state effettivamente salvate. In base alle attuali norme che regolano il salvataggio di persone in mare, lo stato che riceve una chiamata di soccorso al di fuori della propria area SAR, oltre a essere tenuto a prestare soccorso se può farlo, deve informare lo stato di competenza, che eventualmente poi assumerà formalmente il coordinamento delle operazioni di ricerca, con i propri mezzi o chiedendo aiuto agli altri paesi. Nel caso dei 41 migranti salvati il 16 aprile, la Guardia Costiera italiana ha informato le autorità greche subito dopo aver localizzato la richiesta di soccorso.

Contattata dal Post, la Guardia costiera greca ha confermato che la barca dei 41 migranti si trovava nell’area SAR greca. Ha detto però di non sapere dove si trovasse l’altra barca, quella che secondo le testimonianze dei sopravvissuti si è rovesciata e ha causato la morte di centinaia di persone: sicuramente però non si trovava nell’area SAR della Grecia, ha detto al Post la Guardia costiera greca. Nessun paese ha quindi organizzato delle operazioni di ricerca specificamente per ritrovare i migranti morti nel rovesciamento della barca, oltre a quelle previste per procedura intorno alla zona dove sono stati ritrovati i 41 migranti sopravvissuti. Non sarà quindi possibile per nessuno confermare quanto hanno raccontato i sopravvissuti di Calamata, e cioè che nel naufragio sono morte circa 500 persone.