In Grecia si ricomincia?
Migliaia di persone hanno scioperato contro le nuove misure di austerità approvate dal governo, tra i creditori si torna a parlare di "ristrutturazione del debito" (che vuol dire?)
Domenica 8 maggio migliaia di persone hanno manifestato davanti al parlamento greco di Atene contro i nuovi tagli alle pensioni e le misure di austerità fiscale che il parlamento ha poi approvato nella tarda serata di ieri grazie ai voti di Syriza e dei loro alleati di governo, i Greci indipendenti. Tutti i partiti di opposizione, tra cui Nuova Democrazia (destra conservatrice), hanno votato contro questo testo, a cui si sono opposti anche i sindacati, e che prevede la riduzione delle pensioni più alte, l’unione di diversi fondi assicurativi, l’aumento dei contributi e di alcune imposte dirette. Oggi a Bruxelles ci sarà un incontro straordinario tra i ministri delle Finanze dei paesi della zona euro durante il quale si valuterà l’avanzamento delle riforme richieste dai creditori. Per la prima volta dall’inizio della crisi greca, nel 2010, all’ordine del giorno della discussione ci sarà anche la ristrutturazione del debito greco, uno degli obiettivi principali di Tsipras nelle negoziazioni da quando è stato eletto al governo del paese.
Il GSEE, il principale sindacato greco, ha definito le misure approvate ieri «l’ultimo chiodo nella bara dei lavoratori e dei pensionati greci» Ad Atene e a Salonicco, seconda città della Grecia per numero di abitanti, alla protesta hanno partecipato 20 mila persone, secondo i dati delle autorità: sono state lanciate pietre e un gruppo di anarchici vestiti di nero ha lanciato bottiglie molotov. La polizia ha risposto con gas lacrimogeni e granate stordenti. Domenica era ancora in corso uno sciopero generale di tre giorni che i sindacati avevano indetto venerdì 6 maggio. È il quarto sciopero generale da quando Alexis Tsipras è stato rieletto nell’estate del 2015 dopo aver accettato le condizioni imposte dai creditori internazionali per garantire alla Grecia un nuovo pacchetto di aiuti da 94 miliardi di euro. Per il governo greco era molto importante approvare rapidamente le nuove misure per sbloccare in fretta una nuova tranche di aiuti con cui ripagare un prestito della BCE che scadrà il prossimo luglio.
La misure che il parlamento greco ha accettato di approvare hanno un valore totale di 5,4 miliardi, una cifra che però secondo creditori ed esperti non sarà sufficiente a garantire al paese un avanzo primario del 3,5 per cento rispetto al PIL entro il 2018, l’obbiettivo fissato dagli accordi sottoscritti l’anno scorso. L’avanzo primario è quanto un governo guadagna più di quanto spende, prima di calcolare gli interessi sul debito. Un avanzo primario intorno al 3,5 per cento è ritenuto da molti il livello minimo per rendere il debito greco “sostenibile”, cioè per fare sì che la Grecia sia in grado di ripagare i suoi debiti nel lungo periodo. Ma per raggiungere questo livello è stato stimato che dovrebbe essere approvata una seconda manovra da 3,6 miliardi, in aggiunta a quella di oggi da 5,4 miliardi.
Secondo il governo greco, questa seconda manovra è irrealizzabile per motivi politici. Su questo tema la Grecia ha però un insolito alleato: il Fondo Monetario Internazionale. L’FMI è di solito ritenuto uno dei più severi sostenitori delle manovre di austerità economica, ma è arrivato da tempo alla conclusione che il debito greco non è più sostenibile e che quindi è controproducente continuare a chiedere al governo greco di effettuare tagli nella speranza di raggiungere un avanzo primario considerato “sufficiente”. L’obiettivo del FMI, come quello di Tsipras, è invece “ristrutturare” il debito greco, cioè allungare la scadenza dei prestiti anche di alcuni decenni, dando così più margine di manovra al governo. Un’importante apertura verso le richieste del FMI e di Tsipras è arrivata anche dal vice cancelliere tedesco Sigmar Gabriel, che è anche ministro dell’Economia, e che ha chiesto ai ministri delle Finanze dell’eurozona ad avviare i colloqui sulla riduzione del debito greco, dicendo che non ha senso «schiacciare i germogli di ripresa economica con altre misure di austerità» e che la Grecia va tirata fuori da un circolo vizioso.
Gran parte dei governi europei, che hanno prestato alla Grecia un totale di 205 miliardi di euro, sono contrari a una ristrutturazione del debito che, oltre a costituire una perdita di denaro nel breve termine, rischia di rappresentare un precedente. La strategia preferita dagli stati europei è infatti non cedere sulla ristrutturazione del debito, ma concedere un allentamento delle misure di austerità. Il presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker, per esempio, ha detto in questi giorni che il debito greco potrebbe essere sostenibile anche con un avanzo primario del 3 per cento, che si potrebbe ottenere con tagli meno dolorosi per i greci. L’FMI invece sostiene che persino il 3,5 per cento potrebbe essere un avanzo primario troppo basso per garantire la sostenibilità.