Come è fatto “Lemonade” di Beyoncé, il film
Le ricche e varie immagini del "visual album" e la storia delle sue storie e delle sue canzoni
Lemonade è il nuovo disco di Beyoncé, il suo sesto in studio, pubblicato sabato 23 aprile: ha avuto da subito una grandissima attenzione, perché lei è popolarissima, perché è stato pubblicato di nuovo con pochissime anticipazioni, perché è un disco pop di grande qualità, e perché è stato diffuso anche nella forma di un lungometraggio, un esteso videoclip a cui fanno da colonna sonora le canzoni del disco: per ora lo si può ascoltare in streaming solo su Tidal, e lo si può comprare sui principali store di musica digitale. A Lemonade hanno collaborato cento persone tra cantanti, musicisti, produttori e autori, alcuni dei quali molto apprezzati e influenti, dal rapper Kendrick Lamar al cantante the Weeknd al chitarrista Jack White. Il disco è piaciuto molto ai critici, secondo molti dei quali è il migliore disco di Beyoncé, e che ne hanno apprezzato la qualità e l’originalità della musica e la capacità dei testi di parlare di temi non banali, come l’integrazione razziale e di genere.
Lemonade però, nonostante sia disponibile anche come disco tradizionale, è appunto anche un “visual album”: il film della durata di un’ora è andato in onda per la prima volta sul network americano HBO, in quello che è stato un “evento” che ha ricevuto moltissime attenzioni dai media americani. Ai “visual” di Lemonade hanno lavorato diversi registi e autori che si sono spesso occupati di video musicali, ma che sono per lo più poco conosciuti ai non addetti ai lavori. Il film di Lemonade è diviso in undici capitoli, per altrettanti stati d’animo legati alla scoperta di un tradimento: intuizione, negazione, rabbia, apatia, senso di vuoto, responsabilità, correzione, perdono, resurrezione, speranza e redenzione. Con una estesa e varia scelta di immagini ed estetiche, in cui canzoni e recitazione di Beyoncé ed altri personaggi si alternano a materiali provenienti dalla biografia di lei – con apparizioni dei suoi familiari di varie generazioni – o da repertori della vita dei neri negli Stati Uniti.
I temi di cui si occupa il film sono diversi, ma il più evidente (e il più discusso) riguarda il marito di Beyoncé, il famoso rapper Jay Z, esplicitamente accusato nei testi di averla tradita con una donna di cui non si conosce l’identità (ma su cui si è dibattuto tantissimo, citando soprattutto la stilista Rachel Roy e la cantante Rita Ora). Molti riferimenti al tradimento sono presenti direttamente nei testi di una canzone (dove l’amante di Jay Z è chiamata “Becky with the good hair”, Becky dai bei capelli), ma nel film ci sono molti ulteriori dialoghi e scene sull’argomento. Il filo narrativo di Lemonade segue le diverse fasi della reazione di Beyoncé al tradimento, che prima mette in discussione la relazione con il marito, poi attraversa una fase di rabbia, prima della riconciliazione finale. Si parla anche però molto della situazione delle donne nere negli Stati Uniti: ci sono degli estratti di un discorso di Malcom X che dice che la donna nera è la persona più discriminata in America, e compaiono anche le madri di Trayvon Martin, Michael Brown e Eric Garner, tre dei molti ragazzi afroamericani uccisi negli ultimi anni dalla polizia americana.
Una delle scene di cui si è parlato di più è quella in cui Beyoncé, vestita con un appariscente vestito giallo, gira per le strade di una città distruggendo le macchine parcheggiate con una mazza da baseball, e passandoci sopra a bordo di un “monster truck”, un pick up con delle enormi ruote. Alcuni commentatori, soprattutto tra quelli conservatori, hanno parlato di “terrorismo urbano”: in un certo senso hanno usato l’argomento per attaccare anche il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, che in passato aveva detto che Beyoncé era un ottimo modello per le sue figlie, Malia e Sasha. Le ambientazioni di Lemonade sono molto varie e piuttosto indefinite: si passa da una città che ricorda New Orleans a riprese di boschi che sembrano usciti da un film di Terrence Malick (una diffusa estetica recente del cinema), da un grosso stadio vuoto a interni barocchi o decadenti che ricordano un po’ le atmosfere di certi film di David Lynch.