Sono giornate complicate a Baghdad
Centinaia di manifestanti sciiti hanno abbandonato l'edificio del parlamento che avevano occupato sabato per protestare contro il governo e contro la corruzione
Domenica sera, centinaia di manifestanti che da sabato occupavano il parlamento iracheno, nella “Zona Verde” di Baghdad, hanno abbandonato l’edificio promettendo però di tornare entro la fine della settimana, se le loro richieste di riforme non sono saranno soddisfatte. La manifestazione era iniziata come una protesta contro l’attuale classe politica, che nelle ultime settimane si era opposta a un rimpasto di governo con la nomina di tecnici nelle cariche di ministri. I manifestanti erano soprattutto sostenitori da Moqtada al Sadr, un noto leader religioso sciita molto radicale.
Nel pomeriggio di sabato, i manifestanti hanno iniziato a scavalcare le recinzioni che circondano la Zona Verde di Baghdad, dove si trovano diversi edifici del governo e molte ambasciate. Entrando nell’edificio del Parlamento, hanno urlato slogan contro il governo ed esposto bandiere irachene. Nella notte alcuni di loro si sono accampati in una piazza poco distante, sempre all’interno della Zona Verde. Durante l’occupazione non ci sono stati scontri violenti, ma sono stati sparati alcuni lacrimogeni contro i varchi creati nella recinzione, per evitare l’arrivo di ulteriori manifestanti. Nella mattina di domenica, l’ufficio del primo ministro ha pubblicato un comunicato in cui chiedeva alle forze di polizia di arrestare e disperdere i manifestanti. Nel pomeriggio è stata anche organizzata una riunione di emergenza tra le più alte cariche dello stato e del governo al termine della quale è stato promesso che nei prossimi giorni sarà attuata «una revisione radicale del processo politico» nel paese.
I sostenitori di al Sadr stavano protestando da settimane fuori dalla Zona Verde di Baghdad, chiedendo al governo di approvare delle importanti riforme. Le proteste sono ricominciate dopo che il Parlamento non è riuscito per l’ennesima volta ad approvare la sostituzione di alcuni ministri con dei tecnici. La decisione di procedere a un programma di riforme era stata promessa dal primo ministro iracheno, lo sciita Haider al Abadi, nel 2015 a seguito di una serie di manifestazioni e proteste con l’obiettivo di combattere la corruzione, particolarmente diffusa nei vari apparati governativi dell’Iraq. La proposta del primo ministro iracheno di sostituire i ministri con dei tecnici prevede anche la fine delle cosiddette “quote politiche”, cioè la divisione su base etnica e confessionale delle principali posizioni del governo ed è stata osteggiata dai partiti politici iracheni. Al Sadr ha detto che le proteste organizzate dai suoi sostenitori sono un modo per aiutare Abadi nel suo lavoro di riforme.
Secondo alcuni esperti, ha scritto il New York Times, la facilità con cui i dimostranti sono entrati nella Zona Verde potrebbe essere un segnale dell’esistenza di una specie di accordo tra loro e Abadi. Ora al Sadr può scegliere se forzare la protesta e cercare di far cadere il governo o ritirare i suoi uomini e permettere ad Abadi di continuare il suo lavoro. La crisi in corso a Baghdad è potenzialmente molto pericolosa per la strategia anti-ISIS degli Stati Uniti, che punta soprattutto sulla collaborazione dell’Iraq e delle sue forze armate. Per il momento la protesta sembra essere limitata e non violenta, ma la situazione potrebbe precipitare in caso di caduta del governo.
Anche se al Sadr non ha incarichi di governo, da anni ha un ampio seguito popolare ed è considerato una delle personalità più importanti dell’Iraq. Dopo l’invasione americana del 2003, al Sadr guidò un’insurrezione contro le forze occupanti e contro l’allora governo provvisorio. Tra il 2003 e il 2008 le sue milizie, il cosiddetto “Esercito del Mahdi”, si scontrarono spesso con l’esercito americano e quello regolare iracheno. Nel 2008 al Sadr sciolse la milizia trasformandola in un partito politico, il Movimento Sadrista.