L’avvocato di Salah Abdeslam
La storia dell'uomo che sta difendendo il più famoso terrorista d'Europa, ricevendone minacce e disprezzo
Mercoledì 27 aprile Salah Abdeslam, uno dei principali sospettati per gli attentati di novembre 2015 a Parigi, è stato estradato dal Belgio alla Francia. Abdeslam era stato arrestato venerdì 18 marzo in Belgio, dopo una fuga durata quasi cinque mesi. L’avvocato di Abdeslam in Belgio era Sven Mary, un penalista molto conosciuto (e discusso) per aver difeso in passato anche altri jihadisti. Dopo l’estradizione Abdeslam ha nominato un avvocato francese, Frank Berton, che ha detto a Le Monde di voler formare un’équipe di difensori di cui farà parte anche Sven Mary, oltre a un secondo avvocato francese il cui nome non è stato ancora reso pubblico. L’avvocato belga, però, ha detto di non sapere «se resterà a occuparsi del dossier: non è facile addossarsi una difesa che non mi porta nulla, se non scocciature».
Il giorno prima dell’estradizione verso la Francia, il quotidiano francese Libération aveva intervistato Sven Mary che aveva chiarito meglio i suoi dubbi riguardo il mandato sul caso Abdeslam. Le sue dichiarazioni, piuttosto sopra le righe, erano state poi riprese da diversi giornali internazionali. Mary racconta di essere stato contattato per la difesa dal fratello di Abdeslam, Mohammed, prima degli attentati di Bruxelles: «Sono un avvocato, non mi preoccupo per il mio indice di gradimento popolare. Ma a un certo punto ho pensato di smettere. In ogni caso, se fossi stato a conoscenza degli attentati di Bruxelles, forse non avrei mai accettato di farmi carico di questo caso». Di Abdeslam dice:
«È un povero coglione di Molenbeek che viene dalla piccola delinquenza, più un seguace che un leader. Ha l’intelligenza di un posacenere vuoto, è di una abissale vacuità. È l’esempio perfetto della generazione GTA (Grand Theft Auto) che pensa di vivere in un videogioco. Gli ho chiesto se avesse letto il Corano, cosa che io ho fatto, e mi ha risposto di averne letto un’interpretazione su Internet. Per delle anime semplici come la sua la Rete è perfetta, è il massimo che sono in grado di comprendere»
Mentre Abdeslam era in un carcere belga, Mary lo aveva incontrato «sette o otto volte, per due ore e mezzo a ciascun incontro». Già a marzo il quotidiano belga Le Soir aveva raccontato che Sven Mary era stato aggredito per la strada da un uomo che lo accusava di difendere un terrorista. Mary, quel giorno, aveva dovuto chiudere lo studio per garantire la sicurezza dei suoi dipendenti, ma si era rifiutato di essere messo sotto scorta dalla polizia. Da quando ha assunto la difesa di Salah Abdeslam, ha confermato a Libération di aver ricevuto centinaia di minacce, che due persone l’hanno nuovamente aggredito davanti al suo ufficio e che la polizia ha dovuto scortare le sue figlie a scuola più di una volta. Ha parlato dell’odio che si è scatenato contro di lui «come se io fossi Abdeslam». Questa situazione e le dichiarazioni a Libération hanno creato molto interesse intorno a Sven Mary – anche perché proprio la possibilità per tutti di difendersi in un processo equo è una delle cose che separa le grandi nazioni occidentali dallo Stato Islamico – e molti giornali fuori dal Belgio hanno raccontato la sua storia e i casi di cui si è occupato in passato.
Sven Mary ha 43 anni e, scrive Libération, «ha un fisico alla Bruce Willis, testa rasata compresa». È nato a Dilbeek, nelle Fiandre, dove la lingua ufficiale è l’olandese e Mary è perfettamente bilingue («cosa molto rara in Belgio», precisa Le Monde). È divorziato, ha due figlie di 5 e 6 anni e nel tempo è diventato un penalista molto famoso: «Penso che il diritto alla difesa debba essere pienamente esercitato. Io combatto da vent’anni l’arbitrio e l’abuso di potere delle procure e della polizia». È conosciuto soprattutto per scovare errori di procedura, così da arrivare alla caduta delle accuse, e per essere un seguace del cosiddetto “processo di rottura”, una tecnica per cui si cerca di non far riconoscere la competenza o la giurisdizione di un determinato organo o giudice per trovare, altrove, un orientamento giurisprudenziale più favorevole: chi lo ammira dice che è un «segugio», i suoi detrattori pensano invece che «cerchi il conflitto con i procuratori per evitare di discutere i casi nel merito» e che utilizzi i giornalisti in suo favore. Chi lo conosce lo descrive come uno che sa il fatto suo, comunque: e il suo lavoro, per quanto sgradevole, qualcuno-deve-pur-farlo.
Lo scorso marzo Mary aveva presentato una denuncia contro il procuratore di Parigi François Molins, che durante una conferenza stampa aveva spiegato che Abdeslam aveva detto agli investigatori belgi che era presente durante gli attentati di Parigi, di volersi «far esplodere allo Stade de France» e di aver poi «cambiato idea». François Molins, secondo Sven Mary, aveva commesso una grave violazione nel fare queste dichiarazioni e aveva compromesso il legame con il suo cliente che, in precedenza, si era dimostrato «collaborativo».
Mary pensa che «ciascun individuo abbia diritto a una difesa» ma che ci sono cause che non avrebbe mai potuto assumere. «Come la difesa dei nazisti: mio nonno è stato deportato. Lo stesso vale per i negazionisti, i razzisti, i fascisti». Durante la sua carriera ha comunque seguito casi molto complicati e delicati: ha difeso alcune persone legate alla famiglia Aquino, una cosca calabrese della ‘ndrangheta, vari trafficanti di droga, Kapllan Murat, coinvolto nel rapimento dell’ex premier belga Paul Vanden Boeynants nel 1989 e soprannominato il “re della fuga” per le sue numerose evasioni; ha difeso Michel Lelièvre, membro della banda di Marc Dutroux, coinvolta in un caso di rapimenti, stupri e omicidi di bambini alla fine degli anni Novanta e finito su tutti i giornali internazionali. Ha difeso diversi terroristi, anche islamisti; alcuni membri delle Cellule Comuniste Combattenti, organizzazione rivoluzionaria armata marxista-leninista belga; poi nel 2014 era stato l’avvocato di Fouad Belkacem, il capo del gruppo Sharia4Belgium, e anche di Abdelkader Hakimi, islamista condannato nel 2006 per sostegno logistico negli attentati di Madrid e ritrovato al confine siriano ad addestrare combattenti. Ha rappresentato, tra gli altri, anche Barbara Gandolfi, ex modella di Playboy e compagna per un certo periodo di Jean Paul Belmondo, accusata di “manipolazione”. Libération ricorda anche che Mary invitò un ex mafioso appena uscito di prigione a festeggiare il Natale con lui: «Era solo e abbiamo trascorso una serata eccellente».