William Shakespeare morì oggi, 400 anni fa
La vita e le opere del più grande drammaturgo di sempre, almeno per quello che ne conosciamo
William Shakespeare, il grande e famosissimo drammaturgo e poeta inglese, morì il 23 aprile del 1616, cioè esattamente 400 anni fa. William Shakespeare è tra gli autori più celebrati e citati della storia, e le sue opere teatrali sono rappresentate con successo ancora oggi in tutto il mondo, dai drammi come Rome e Giulietta alle commedie come Le allegre comari di Windsor. Tra i mille meriti di William Shakespeare c’è anche il suo contributo fondamentale nel dare forma all’inglese contemporaneo: creò centinaia di nuove parole e non c’è un solo suo verso che non sia stato analizzato, commentato e ripreso negli ultimi quattro secoli. Le opere di William Shakespeare sono ancora molto attuali e parlano di stati ed emozioni universali dell’animo delle persone: amore, invidia, compassione e odio. Paradossalmente, conosciamo molte più cose delle sue opere di quanto sappiamo della sua vita nell’Inghilterra tra la fine del Cinquecento e i primi del Seicento.
Nato in un giorno di aprile
William Shakespeare era di Stratford-upon-Avon, questo lo sappiamo, mentre è impossibile affermare con certezza quale fu il giorno di aprile del 1564 in cui nacque. All’epoca non si teneva molto in considerazione il momento della nascita, mentre veniva registrato quello del battesimo. Solitamente la cerimonia avveniva il terzo giorno dopo il parto: sulla base di queste informazioni e di altri documenti, la maggior parte degli storici ipotizza che Shakespeare fosse nato il 23 aprile del 1564, in un periodo piuttosto turbolento per l’Inghilterra da poco convertita al protestantesimo dalla regina Elisabetta I. Per i cattolici, come lo erano stati i genitori di Shakespeare, tirava una brutta aria, e le tensioni tra la vecchia e la nuova religione riaffiorano spesso nelle opere shakespeariane. Il padre era un mercante e conciatore, divenuto poi membro del consiglio di Stratford e in seguito ufficiale giudiziario, prima di finire in disgrazia per cause non note cui seguì un periodo di nuove fortune grazie ai successi del figlio.
Molte altre cose della vita di William Shakespeare sono piuttosto oscure. Gli storici ipotizzano che iniziò a frequentare la scuola quando aveva tra i sei e i sette anni e che continuò a ricevere lezioni fino all’età di 15 anni. Gli insegnamenti comprendevano i classici della letteratura greca, lo studio di componimenti di vario genere in latino e la religione. Tre anni dopo avere terminato gli studi, Shakespeare si sposò con Anne Hathaway: lei aveva 26 anni e al momento delle nozze era già incinta di tre mesi.
Anni perduti
I documenti del battesimo dei tre figli della coppia sono le ultime testimonianze certe sulla vita di Shakespeare per i sette anni seguenti, definiti per questo da molti storici come “gli anni perduti”. Mettendo insieme fonti diverse, sappiamo comunque che a un certo punto decise di lasciare la famiglia a Stratford e di trasferirsi a Londra, per tentare la carriera di scrittore di opere teatrali e attore. Sul periodo intorno al suo spostamento ci sono solo supposizioni: chi dice che si mise a fare il macellaio, chi l’assistente di un avvocato o l’insegnante. È stato anche scritto che fuggì da Stratford perché accusato di bracconaggio, ma a oggi non ci sono prove solide a sufficienza per esserne certi.
I primi successi
Il 1592 dà qualche elemento più concreto sulla vita di Shakespeare, anche se poco piacevole dal suo punto di vista. In quell’anno il drammaturgo britannico Robert Greene scrisse questa invettiva, destinata a diventare molto conosciuta e che sembra essere rivolta proprio a Shakespeare:
Un corvo parvenu, abbellito dalle nostre piume, che con la sua Arte di tigre nascosta da un corpo d’attore ritiene d’essere capace quanto il migliore di voi di tuonare in pentametri giambici; ed essendo un faccendiere affaccendatissimo, è secondo il suo giudizio l’unico ‘Scuoti-scene’ del paese.
La carriera come drammaturgo stava regalando i primi successi a William Shakespeare, ed era comprensibile che i colleghi più anziani e più eruditi fossero molto gelosi di un giovane così quotato grazie alle prime rappresentazioni dei suoi Enrico VI e Riccardo III.
In quel periodo le opere teatrali si erano sostanzialmente secolarizzate, rendendo fuori moda quelle a tema prettamente religioso. Gli autori finivano solitamente sotto la protezione di nobiluomini e delle loro compagnie teatrali, che intrattenevano il popolo. Shakespeare contribuì a fondare e fece parte dei “Chamberlain’s men”, la compagnia teatrale inglese tra le più quotate e rispettate di Londra di cui si hanno notizie a partire dal 1594.
Gli affari per William Shakespeare andavano molto bene: grazie alle fortune del figlio, il padre poté fregiarsi del titolo di “gentleman”, ereditato poi dai suoi discendenti, nel 1596, mentre l’anno seguente William acquistò una delle più grandi case di Stratford – il New Palace – a ulteriore conferma dei grandi guadagni ottenuti con il teatro. Negli anni seguenti divenne azionista della compagnia teatrale, con una quota intorno al 10 per cento, e ricoprì anche il ruolo di amministratore delle sue finanze, producendo per sé ulteriori guadagni.
La fama e il Globe Theatre
Nel 1598 Pene d’amor perdute fu la prima commedia teatrale di William Shakespeare a essere pubblicata con il suo nome sotto al titolo, un chiaro indicatore della fama raggiunta: il suo nome faceva vendere. Proprio in quell’anno lo scrittore Francis Meres definì Shakespeare il “più eccellente” tra gli scrittori di commedie e tragedie. La compagnia in cui lavorava godeva di analoghi successi, tanto da attirare le attenzioni di Elisabetta I, quando furono organizzate alcune rappresentazioni in sua presenza. Proprio nella cosiddetta “età elisabettiana” ci fu un’incredibile e secondo alcuni critici irripetibile concentrazione di artisti e progressi culturali: durante il suo lungo regno, emersero oltre a Shakespeare pensatori e scrittori come Francis Bacon, Ben Jonson e Christopher Marlowe, per citarne alcuni.
Il 1599 è un altro anno importante per la vita di William Shakespeare: con la sua compagnia fondò il Globe Theatre, un grande teatro in legno la cui costruzione fu terminata nell’autunno in tempo per rappresentare il Giulio Cesare. Fu in quel luogo, distrutto una prima volta da un incendio nel 1613, che furono rappresentate alcune delle opere shakespeariane ancora oggi più conosciute e messe in scena al mondo come Amleto, Otello e Re Lear.
Dopo Elisabetta I
Nel 1603, dopo la morte di Elisabetta I, la compagnia divenne quella ufficiale di re Giacomo I e mutò il proprio nome in “Gli uomini del Re” (“King’s Men”). Il Re Lear, composto probabilmente proprio in quegli anni, riprende il tema dei regni divisi, alludendo quindi alla condizione del nuovo re, monarca di Inghilterra, Scozia e Galles. Nei primi anni di regno di Giacomo I, Shakespeare compose anche il Macbeth, mettendoci dentro il personaggio di Lord Banquo, che all’epoca si pensava fosse un avo del re, un modo per rendere omaggio al nuovo sovrano.
Sonetti
Shakespeare non scrisse solamente opere teatrali, ma anche sonetti diventati altrettanto famosi. La produzione di parte di questi componimenti viene fatta risalire agli anni tra il 1592 e il 1594, un periodo tremendo per Londra a causa di una devastante epidemia di peste che impose, tra le altre cose, la chiusura dei teatri per motivi sanitari. La lunga pausa permise a Shakespeare di lavorare ai suoi sonetti su amore, sesso e bellezza, un genere molto apprezzato nell’età elisabettiana. Due di questi, “Posso paragonarti a un giorno d’Estate?” (Sonnet 18) e “Non sia mai ch’io ponga impedimenti all’unione di anime fedeli” (Sonnet 116) sono tra i più famosi di tutta la letteratura inglese.
I due nobili congiunti è ritenuta l’ultima opera su cui lavorò William Shakespeare con l’aiuto del suo collaboratore John Fletcher, probabilmente intorno al 1613 anche se la sua prima pubblicazione fu postuma. Nel decennio precedente, Shakespeare scrisse Cimbelino, Il racconto d’inverno e La Tempesta, accomunate da un tono più grave della commedia, ma distanti da quelli delle sue precedenti tragedie, con finali in cui c’è l’opportunità del perdono e della rappacificazione. Alcuni critici ritengono che questo diverso registro fosse banalmente legato alla moda teatrale del tempo che era cambiata, ma per altri dimostra invece una maturazione di Shakespeare e un suo modo diverso e più equilibrato di vedere la vita.
Il ritorno a Stratford e gli ultimi anni
Nel 1611 Shakespeare tornò a Stratford, come testimonia un documento in cui era elencato il suo nome tra la lista dei contribuenti che dovevano pagare un’imposta per il mantenimento delle strade reali, e una petizione in cui chiedeva la riparazione di alcune altre strade principali. A fine marzo del 1616 preparò il suo testamento, nel quale scrisse di essere “in perfetta salute”. Un mese dopo, il 23 aprile del 1616, morì per cause sconosciute, anche se cinquant’anni dopo un vicario mise in giro la voce che fosse morto dopo avere contratto una febbre molto alta in seguito a una grande bevuta: per molti storici è una delle innumerevoli leggende intorno alla sua figura. William Shakespeare fu sepolto nel coro della Holy Trinity Church di Stratford: non per la sua fama, ma semplicemente per aver pagato una quota consistente per la chiesa. Sulla sua tomba c’è questo epitaffio:
Caro amico, per l’amor di Gesù astieniti,
dallo smuovere la polvere qui contenuta.
Benedetto colui che custodisce queste pietre,
E maledetto colui che disturba le mie ossa.
Amore, odio e stile
William Shakespeare compose e contribuì alla stesura di 38 testi teatrali, di 154 sonetti e di un numero imprecisato di altri scritti e poemi. La sua produzione letteraria si concentrò quasi tutta tra il 1588 e il 1613, periodo nel quale dimostrò una straordinaria capacità di mettere insieme le mode e i gusti popolari con una costruzione di personaggi complessi e dalla personalità elaborata, usando in modo creativo l’inglese, piegandolo se necessario alle sue esigenze poetiche e narrative.
Mentre le prime opere sono più convenzionali, e secondo alcuni ingessate nello stile declamatorio e retorico dell’epoca, con Romeo e Giulietta Shakespeare iniziò a rielaborare e a sciogliere lo stile tradizionale, raggiungendo un buon equilibrio con il Riccardo II e il Sogno di una notte di mezza estate. Mise insieme tragico e comico giocando con le metafore e le altre figure retoriche, compensando trame talvolta non particolarmente complesse o avvincenti. Rifacendosi alla tradizione classica della letteratura inglese di XIII e XIV secolo, utilizzò lo schema dei blank verse, con versi di solito formati da dieci sillabe, con l’accento sulla seconda e non in rima. Nelle composizioni più tarde giocò anche con la metrica, con modulazioni che permettevano di dare un miglior ritmo ai versi e di conseguenza alle rappresentazioni.
Il successo, ancora attuale, dei lavori di Shakespeare è sicuramente legato alla capacità di raccontare i sentimenti più profondi dell’animo umano: l’amore passionale di Otello, quello più sensuale di Romeo e Giulietta, la lotta al potere in Amleto e Macbeth, e il dubbio che spesso domina l’esistenza umana: in questo il monologo di Amleto è esemplare. Dalle opere scompare quasi totalmente il fato, la forza soprannaturale incontrollabile che condiziona le fortune degli uomini: è sostituito dalle libere scelte, dalle attitudini e dal carattere degli individui che Shakespeare mette in scena.
Citazioni celebri
Prendendo in prestito una delle sue frasi più celebri, possiamo dire che ci sono più citazioni di Shakespeare in Cielo e in Terra, di quante ne sogni la vostra filosofia.
Shakespeare e il resto del mondo
Le opere di William Shakespeare influenzarono profondamente la letteratura del suo tempo e anche quella dei secoli a venire con la stessa poesia romantica che cercò di riprendere i suoi versi drammatici, ma con risultati alterni. A guardare bene, c’è un pezzetto di Shakespeare in molta letteratura: dal capitano Achab di Melville ispirato al Re Lear ad alcuni temi ripresi da Dickens nei suoi romanzi. Giuseppe Verdi ha composto tre opere liriche riprendendo le tragedie shakespeariane (Otello, Macbeth e Falstaff) e ci sono centinaia, forse migliaia, di trame di film che riprendono o si ispirano a William Shakespeare, senza contare le produzioni che hanno riadattato per il cinema le sue commedie e tragedie. Romeo e Giulietta è stata la più rappresentata di tutte, ma non sono stati trascurati nemmeno Otello e Amleto. E poi nel 1998 ci fu il film Shakespeare in Love liberamente ispirato alla sua vita e che vinse 7 Oscar su 13 nomination ricevute: secondo alcuni critici c’era del marcio all’Academy.