La storia dell’invenzione del bomber ricamato
C'entrano un soldato americano e un artigiano giapponese: e se ne riparla ancora oggi, a 70 anni di distanza
Nella storia della moda si conoscono l’origine e lo sviluppo di alcuni vestiti e accessori, come ad esempio i leggings, i fuseaux e le borse Birkin di Hermès. Altre volte è comunque difficile stabilire chi abbia inventato un certo capo di abbigliamento: è il caso del giubbotto bomber ricamato, ripreso da diverse case di moda nelle collezioni primavera-estate 2016. L’inventore del giubbotto bomber ricamato è rimasto anonimo, anche se le circostanze nelle quali nacque il prodotto sono note. Successe in Giappone alla fine della Seconda guerra mondiale: questo tipo di giubbotto faceva parte delle divise dei soldati americani, che iniziarono a farselo decorare dagli artigiani giapponesi prima di tornare negli Stati Uniti. Il nome giapponese del bomber ricamato è “sukajan“: Vogue ha scritto che secondo alcuni significa “felpa del dragone del cielo”, mentre secondo altri deriva dalla fusione del nome della città Yokosuka con la parola inglese “jumper” (cioè “felpa”) pronunciata con l’accento giapponese.
I giubbotti sukajan erano nati dalla fusione del giubbotto americano portato dagli studenti di licei e università che praticano sport (il baseball, in particolare), le cosiddette “letter jackets“, con i ricami di classiche fantasie giapponesi, come i dragoni e le carpe. Si pensa che sia stato un soldato americano di stanza a Yokosuka – città nella Baia di Tokyo che è tuttora sede di un’importante base navale americana – ad avere per primo l’idea di farsi decorare il giubbotto da un artigiano giapponese. Molti altri soldati lo seguirono, sia in Giappone che negli anni successivi in Vietnam: così nel giro di pochi anni sui bomber dei militari comparvero delle immagini orientali, come le geisha e i fiori di ciliegio, insieme a simboli americani, come le aquile. Talvolta capitava che i soldati chiedessero ai sarti di ricamare le mappe dei territori conquistati.
Un giubbotto ricamato con una mappa del Vietnam conservato al Met Museum di New York; risale al 1968 circa. Sopra la mappa, si legge una scritta che significa: “Quando morirò andrò in paradiso perché ho già scontato la mia pena all’inferno”. (The Met)
Negli anni Sessanta quelle stesse giacche furono adottate dalle gang giapponesi: avevano smesso di essere un simbolo dei nemici americani per diventare semplicemente un capo di abbigliamento alla moda. Nelle ultime collezioni primavera-estate, Louis Vuitton, Chloè, Gucci, Stella McCartney e Saint Laurent hanno proposto dei bomber ricamati e anche Zara ha disegnato diversi modelli simili a quelli delle case di alta moda.