Il referendum e come funziona il quorum

Quante persone devono andare a votare perché sia valido? E quando è stato raggiunto in passato?

(ANSA/CIRO FUSCO)
(ANSA/CIRO FUSCO)

Il referendum detto sulle “trivelle” si tiene domenica 17 aprile: il risultato del referendum sarà considerato valido però solo se sarà raggiunto il quorum, cioè se andranno a votare la maggioranza degli aventi diritto. Il 50% più uno, in pratica. È la Costituzione a fissare il quorum per i referendum abrogativi, e più precisamente l’articolo che ne parla è il 75, che dice: «La proposta soggetta a referendum è approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto, e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi».

Più precisamente, il numero degli italiani che possono votare al referendum di oggi è 50.786.340: il quorum è quindi la sua metà più uno, 25.393.171. È difficile prevedere quante persone andranno al referendum sulle “trivelle”. I sondaggi sulla volontà di partecipare al voto nei referendum sono in genere considerati poco affidabili perché spesso gli intervistati dichiarano la loro intenzione di andare a votare senza poi andarci davvero (secondo un recente sondaggio, ad esempio, il 75 per cento degli intervistati ha dichiarato che andrà a votare: un’affluenza che sarebbe pari a quella delle elezioni politiche del 2013). Il Ministero degli Interni ha comunicato che alle 12 di domenica ha votato l’8,35 per cento degli aventi diritto. È una percentuale inferiore alle aspettative, ma paragonabile a quello del referendum del 1999 sulla legge elettorale: allora alle 11 aveva già votato il 7,3 per cento degli elettori, e alla chiusura dei seggi avrebbe poi votato il 49,6 per cento. Per ora è ancora difficile quindi dire se il referendum riuscirà a raggiungere il quorum.

Dal 1970, quando il parlamento promulgò le leggi necessarie a rendere effettivo l’articolo 75 della Costituzione e quindi rese possibile i referendum abrogativi, sono stati organizzati referendum per abrogare una legge 66 volte. Di fatto, si è votato in 17 occasioni diverse, visto che in quasi ogni tornata agli italiani era sottoposto più di un quesito (nel 2009, ad esempio, c’erano nove quesiti diversi sulla scheda). In 27 casi, il 40 per cento del totale, il referendum non è riuscito a raggiungere il quorum. L’ultimo referendum a raggiungere il quorum è stato quello sull’acqua pubblica e il nucleare, composto da quattro quesiti, che si è tenuto nel 2011. Era dal 1995 che nessun referendum riusciva a superare il quorum.

“Quorum” è una parola latina che significa “dei quali”. Nell’uso politico, si sottintende la frase che dovrebbe seguire: “dei quali” è necessario il voto. Secondo l’Enciclopedia Treccani, il termine è entrato nel linguaggio politico italiano nel corso dell’Ottocento, dopo essere stato preso a prestito dalle prassi parlamentari di Regno Unito e Francia. Il quorum in genere è associato ai referendum abrogativi, ma anche le riunioni del Parlamento e di altri organi elettivi hanno bisogno di un “quorum” per poter deliberare. Nella prassi parlamentare il quorum viene di solito indicato come “numero legale” ed è pari al 50 per cento più uno dei senatori o dei deputati, esclusi quei parlamentari che sono impegnati in altri incarichi ufficiali.

Non hanno invece bisogno di quorum i referendum costituzionali, quelli che possono essere richiesti se una modifica della Costituzione non viene votata da almeno due terzi di entrambi i rami del Parlamento. In questo caso, se la maggioranza vota “no”, quindi, qualunque sia il numero dei votanti, la modifica costituzionale si considera automaticamente abrogata. Il prossimo ottobre, gli italiani saranno chiamati a votare proprio in un referendum di questo tipo, quello sulle riforme costituzionali promosse dal governo Renzi, tra cui la più importante è la riforma del Senato.