Storie del Brennero, e dell’Europa
Gian Enrico Rusconi ci è andato, per ora è tutto piuttosto normale, ma qualcosa forse succederà, e di certo tanto è successo
In mezzo alle tensioni e alle poche chiarezze su cosa succederà con la frontiera del Brennero, Gian Enrico Rusconi – storico e politologo – è andato là e riflette sulla Stampa sul ruolo dell’Europa nella storia del Brennero, e del Brennero nella storia d’Europa.
Sono al Brennero. Un passo diventato oscuramente minaccioso. Sospeso in un passato rimosso. Un po’ surreale nella sua apparente normalità.
Da quando «la normalità» è diventata lo scorrere incessante di auto, camion pesanti e treni là dove sino a non molti anni fa c’erano lunghe fermate, controlli minuziosi, inquisizioni da parte di due polizie nazionali.
Poi è arrivata «l’Europa», fatta anche delle piccole libertà come il passare senza mostrare i documenti, con poliziotti sempre più rari e dall’aria cortese.
Era arrivata «l’Europa» sul confine storico più sensibile tra area germanica e area italiana. Da dove erano passati barbari e legioni romane, imperatori e vescovi, mercanti, banchieri, lavoratori di ogni professione. Poi la lunghissima fase del dominio absburgico che ha lasciato l’impronta forse più profonda pur nella storica divisione tra Sud-Tirolo e Trentino. Con il secolo XX il Brennero diventa un fattore e quindi un obiettivo strategico militare di primaria importanza nello scontro tra Austria e Italia nel primo conflitto mondiale. Segue, anni dopo, l’incontro più che simbolico tra Mussolini e Hitler che conferma la fatale alleanza tra la Grande Germania (che ha assorbito l’Austria) e l’Italia. Dopo la catastrofe c’è la lenta ma felice rinascita (non fermata dal violento intermezzo del terrorismo altoatesino) coronata alla fine dal progetto quasi realizzato dell’Euroregio, che unisce Trentino, Alto Adige e Tirolo.
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